In ogni caso, una volta individuata l’impresa o un general contractor cui affidare i lavori, si deve considerare che numerosi sono gli adempimenti da curare rispetto ad un contratto d’appalto tradizionale, con la conseguenza che si rende necessario (magari con l’assistenza del legale di fiducia del condominio) assicurare contrattualmente il rispetto dei requisiti, dei termini di esecuzione delle opere, l’imputazione di responsabilità in caso di mancato accesso all’agevolazione. Naturalmente, se il condominio intende fruire del superbonus cedendolo all’impresa, non si può affatto escludere che l’appaltatore non rispetti gli impegni assunti (in relazione ai tempi, ai materiali, ai metodi di esecuzione) e sono prevedibili contestazioni. Alla luce di quanto sopra è opportuno che nei contratti di appalto siano inserite clausole compromissorie attraverso cui le parti stabiliscono che le eventuali controversie in merito all’interpretazione o all’esecuzione del contratto d’appalto siano devolute alla cognizione degli arbitri.
Arbitrato e lite con l’impresa o general contractor
La clausola compromissoria, in virtù della sua natura di impegno attuale per una devoluzione futura ed eventuale della controversia, deve preesistere all’insorgere della lite e quindi i condomini dovranno recepirla nel contratto d’appalto. L’amministratore, nell’appaltare dei lavori di ristrutturazione ad un’impresa edile, ha il potere di concordare con questa l’introduzione nel contratto della clausola compromissoria, preventivamente concordata con i condomini.
Da notare che nei contratti di appalto normalmente stipulati dal condominio nessuno pretende l’assenso esplicito di tutti i condomini e si considera sufficiente il voto favorevole della sola maggioranza (altrimenti non si riuscirebbe in pratica a stipulare nessun contratto d’appalto) e in tal modo, per prassi costante, in quasi tutti i contratti d’appalto è inserita una clausola compromissoria sulla cui validità non vengono avanzate riserve.
Arbitrato rituale o irrituale?
La forma dell’arbitrato da adottare non è unica o univoca.
La distinzione tra i due tipi di arbitrato di cui sopra va ricercata nel diverso contenuto dell’atto cui l’arbitrato tende, nel senso che l’arbitrato rituale si risolve in un processo, che conduce alla decisione della controversia mediante la manifestazione di una volontà superiore che sovrappone, alle contrastanti pretese delle parti, l’efficacia della sentenza – mediante il decreto del tribunale ex art. 825 c.p.c. all’esito di un controllo meramente formale dei requisiti di validità del lodo – mentre l’arbitrato libero opera sul piano negoziale e tende ad ottenere dal terzo un accertamento sostitutivo della volontà che le parti si obbligano a considerare vincolante come se fosse stato da esse stesse predisposto.
Arbitrato e condomini-consumatori
Alla luce di una fondamentale decisione della Corte di Giustizia Europea il condominio deve considerarsi come consumatore e godere, come tale, della tutela che la legge prevede in favore di tale categoria nella stipula dei contratti con prestazioni corrispettive (Corte di Giustizia – I sez. – sentenza del 2-04-2020 (causa C -329/19). Tale conclusione è coerente con la nostra giurisprudenza secondo cui deve essere affermata l’applicabilità della disciplina dei c.d. contratti del consumatore (di cui agli artt. 1469-bis c.c. e segg., poi trasfusa nel Codice del Consumo, artt. 33-37, D.Lgs. 206/2005) a quelli conclusi con un’impresa di costruzioni o un general contractor, atteso che l’amministratore agisce quale mandatario con rappresentanza dei vari condomini, i quali devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale dagli stessi eventualmente svolta. Di conseguenza, è consentito al solo condominio, quale committente, di riservarsi nella clausola stessa la facoltà di declinare la competenza arbitrale e chiedere che la controversia sia decisa dal giudice ordinario atteso che non vi è ragione per ritenere che la derogabilità unilaterale confligga con i margini di esercizio dell’autonomia privata (Cass. civ., sez. VI – 2, 22/05/2015, n. 10679).
Va, infatti, rilevato che la derogabilità unilaterale della clausola compromissoria per arbitrato irrituale è comunque espressione di una tendenza coerente con il sistema, cioè a favore del riconoscimento della giustizia pubblica quale forma primaria di soluzione dei conflitti. Pertanto la rinuncia all’attivazione della forma arbitrale irrituale, che è “strumento strettamente negoziale” di soluzione delle controversie, corrisponde a un’opzione che non contraddice norme vigenti.
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