Superbonus e centri commerciali a destinazione mista

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Come è noto l’articolo 1, comma 74, legge 178 del 2020, ha condizionato l’efficacia delle proroghe previste per il superbonus, cessione del credito e sconto in fattura (commi 66-72), alla definitiva approvazione da parte del Consiglio dell’Unione europea, fermi restando gli obblighi di monitoraggio e rendicontazione previsti nel PNRR. Tuttavia, il Consiglio Ue dell’Economia e delle finanze il 13 luglio ha approvato il Piano di ripresa e resilienza dell’Italia. Tale approvazione ha reso definitive le proroghe del Superbonus 110% con la conseguenza che per i condomini l’agevolazione è fruibile fino al 31 dicembre 2022, senza l’obbligo si aver realizzato il 60% dei lavori (stato avanzamento lavori o SAL) entro il 30 giugno 2022. Ciò premesso, si è posto il problema di stabilire quali siano i requisiti e le condizioni di accesso all’agevolazione per gli edifici a destinazione mista, come i centri commerciali.

I centri commerciali e la disciplina condominiale

Secondo una decisione della Cassazione, al centro commerciale si applica la disciplina condominiale. Nel caso di specie, il proprietario di un’attività commerciale, ubicata in un complesso destinato a centro commerciale, riceveva un decreto ingiuntivo per il pagamento delle spese condominiali. I giudici supremi, affrontando la legittimità della richiesta monitoria ex art. 63 disp.att. c.c. proposta dall’amministratore, hanno chiarito che – pur essendo stata contrattualmente prevista l’istituzione di un consorzio per la gestione della struttura, al momento non ancora istituito – doveva ritenersi sussistente un’ipotesi di condominio con conseguente legittima applicazione della relativa disciplina (Cass. civ., sez. II, 2 aprile 2014, n. 7736). Si consideri, infatti, che il presupposto perché si instauri un diritto di condominio su un bene comune è costituito dalla relazione di accessorietà strumentale e funzionale che collega le unità immobiliari di proprietà esclusiva agli impianti o ai servizi di uso comune, rendendo il godimento del bene comune strumentale al godimento del bene individuale e non suscettibile di autonoma utilità, come avviene invece nella comunione. Detta relazione di accessorietà può sussistere anche se un caseggiato o un supercondominio è a destinazione mista. Del resto, il condominio si costituisce in seguito alla semplice coesistenza nello stesso edificio, o nel complesso di edifici, di più proprietà solitarie e, ad un tempo, di più cose, servizi ed impianti destinati all’uso comune.

Caseggiati centri commerciali e superbonus

Nel caso di centri commerciali con abitazioni e negozi è possibile fruire del Superbonus ma solo a condizione che la superficie complessiva delle unità immobiliari, destinate a residenza e ricomprese nell’edificio, sia superiore al 50 per cento: in tale ipotesi è possibile ammettere alla detrazione anche il proprietario e il detentore di negozi che sostengano le spese per le parti comuni. Se tale percentuale risulta uguale o inferiore al 50 per cento, è comunque ammessa la detrazione per le spese realizzate sulle parti comuni, ma solo da parte dei possessori o detentori di unità immobiliari destinate ad abitazione, che potranno, peraltro, fruire del Superbonus anche per interventi cosiddetti “trainati”, realizzati sui propri immobili, sempreché questi ultimi non rientrino tra le categorie catastali escluse (A/1, A/8 e A/9). In ogni caso, in relazione al miglioramento delle due classi energetiche, previsto dalla normativa, se l’incidenza residenziale è maggiore del 50%, nell’Ape convenzionale si considerano tutte le unità immobiliari, di qualsiasi destinazione d’uso, dotate di impianto di climatizzazione invernale e anche quelle sprovviste di tale impianto, ma nelle quali è legittimo installarlo. Qualora l’incidenza residenziale fosse uguale o inferiore al 50%, nell’Ape convenzionale andranno considerate solo le unità immobiliari residenziali, comprese quelle sprovviste di climatizzazione invernale (Risposta n. 453/2021).

Condomini-centri commerciali, consumatore e rapporti con l’appaltatore o general contractor

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha recentemente affermato che il condominio, sebbene non rientrante formalmente nella nozione di consumatore, possa essere considerato tale dalla giurisprudenza nazionale (sulla scorta delle finalità perseguite dalla direttiva 93/13/CEE), non sussistendo alcun ostacolo che consenta un’interpretazione estensiva della normativa di recepimento della direttiva nel diritto interno (si veda sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, 2 aprile 2020, causaC-329/19). Quanto sopra vale anche per il condominio-centro commerciale atteso che tali strutture, nel momento in cui agiscono per la gestione dei beni comuni e strumentali alle proprietà solitarie, agiscono comunque quale soggetto privatistico che persegue fini estranei alla natura imprenditoriale dei suoi componenti (si dovrebbe altrimenti ritenere che il soggetto condominio possa repentinamente cambiare identità al solo mutare della destinazione di qualche unità). Per quanto sopra, nei contratti stipulati dai condomini di tali centri commerciali con imprese edili o general contractor non potranno essere inserite clausole vessatorie, come quelle che ignorano il foro del consumatore in caso di controversia o impongono penali eccessive.

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