La sussistenza di precedenti penali a carico di un soggetto vincitore di un concorso pubblico di per sé non costituisce un ostacolo all’accesso ai pubblici uffici, a meno che l’Amministrazione non abbia accertato autonomamente e specificatamente la gravità dei fatti commessi e abbia valutato la compatibilità o meno degli stessi con le mansioni che il soggetto andrà a svolgere.
Nel caso preso in esame dal Tar Reggio Calabria, al vincitore di una procedura selettiva per un posto di medico veterinario collaboratore era stato inibito l’accesso all’impiego in ragione dei precedenti penali riportati nel certificato del casellario giudiziario.
Il Collegio ha dichiarato illegittimo il provvedimento di diniego di assunzione opposto dall’amministrazione locale, affermando che il mero accertamento di una condanna riportata dall’interessato in epoca anteriore all’assunzione per uno dei reati di cui all’art. 85 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (T.U. impiegati civili dello Stato) non è ragione sufficiente ad inibire l’ingresso in servizio dell’aspirante all’impiego.
In presenza di precedenti penali risultanti dal certificato del casellario giudiziario a carico dell’interessato, l’amministrazione deve piuttosto effettuare un accertamento autonomo e specifico sulla gravità dei fatti compiuti dal medesimo, da cui desumere la sussistenza o meno dei requisiti di moralità morale e l’attitudine ad espletare attività di pubblico impiegato, valutando, dunque, se i fatti accertati in sede penale siano suscettibili di compromettere lo svolgimento delle pubbliche funzioni che il dipendente sarà chiamato a svolgere.
Al pari di quanto accade in sede di accertamento della responsabilità disciplinare del dipendente, l’amministrazione deve valutare discrezionalmente se il pregresso fatto di reato, anche ove astrattamente idoneo ad incidere negativamente sui requisiti di moralità del soggetto – e, conseguentemente, pregiudicare il corretto ed imparziale funzionamento dei pubblici uffici – costituisca, per le sue concrete modalità di attuazione e per l’entità della pena inflitta, motivo ostativo all’accesso all’impiego.
In senso analogo si vedano Cons. Stato, sez. IV, 19 luglio 2004, n. 5223; Cons. Stato, sez. IV, 20 gennaio 2006, n. 130; Cons. Stato, sez. VI, 17 ottobre 1997, n. 1487; T.A.R. per il Lazio, sez. III, 2 aprile 1996, n. 721.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Sezione Staccata di Reggio Calabria
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 200 del 1992, proposto da:
***, rappresentato e difeso dall’avv. ***************, con domicilio eletto in Reggio Calabria presso lo studio di questi, via Re *******, 9;
contro
Azienda Sanitaria Locale n. 30 di Mélito P. S., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. *****************, con domicilio eletto in Reggio Calabria, presso lo studio dell’avv. *****************, via V. Veneto, 51;
nei confronti di
Nucera Orazio, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
del provvedimento di cui alla nota dell’amministratore straordinario della U.S.L. n. 30 di Mélito P.S. n. 20795 del 29 novembre 1991, che denega l’assunzione del ricorrente come Medico veterinario collaboratore, quale vincitore del relativo concorso, a causa dei suoi precedenti penali, emersi a seguito dell’esibizione del certificato del casellario giudiziario;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’A.S.L. n. 30 di Mélito P. S.;
Vista l’ordinanza di questo Tribunale n. n. 94 del 19 febbraio 1992, di accoglimento della domanda di sospensione cautelare dell’esecuzione del provvedimento impugnato;
Visto l’atto del 12 settembre 2007, con il quale la ricorrente ha sostituto l’originario procuratore avv. Margherita Libri con l’avv. ***************;
Vista la documentazione depositata dall’amministrazione resistente il 9 aprile 2008, in esecuzione dell’ordinanza istruttoria di questo Tribunale n. 7 del 13 febbraio 2008;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 08/07/2008 il dott. *************** e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con atto notificato il 28 gennaio 1992 e depositato il 5 febbraio 1992, il dott. *** impugna il provvedimento di cui alla nota dell’amministratore straordinario della U.S.L. n. 30 di Mélito P.S. n. 20795 del 29 novembre 1991, che denega la sua assunzione come Medico veterinario collaboratore, quale vincitore del relativo concorso, a causa dei precedenti penali, emersi a seguito dell’esibizione del certificato del casellario giudiziario.
Il ricorrente fa presente di aver partecipato, collocandosi al secondo posto della graduatoria finale, al concorso pubblico per la copertura di due posti di Veterinario – collaboratore indetto dalla A.S.L. n. 30 di Mélito P.S., in esecuzione della deliberazione n. 49 del 5 febbraio 1990.
A seguito della presentazione dei documenti di rito e segnatamente del certificato del casellario giudiziale, la A.S.L. ha comunicato al ricorrente che Egli non poteva essere assunto, "richiamate le norme vigenti per i dipendenti civili dello Stato di cui al D.P.R. 10.1.57 n. 3, che stabiliscono preclusiva per l’accesso al pubblico impiego la mancanza del requisito di nullità per quanto di evince dal prefato certificato del casellario giudiziale".
Avverso tale provvedimento sono dedotti i seguenti motivi:
I) Violazione del bando di concorso. Errata applicazione delle disposizioni di cui al D.P.R. n. 3/1957, del D.P.R. n. 761/1979 e del decreto del Ministro della sanità del 30 gennaio 1982. Eccesso di potere. Inesistenza dei presupposti.
Le disposizioni in epigrafe non stabilirebbero automatiche preclusioni per l’accesso al pubblico impiego, a causa della sussistenza, in capo agli aspiranti, di sentenze penali di condanna. Dopo l’abolizione del requisito della buona condotta (legge n. 732/1984), la non ammissione ai pubblici impieghi sarebbe prevista, con riguardo ai comportamenti precedenti, solo per intervenuta esclusione dall’elettorato attivo, ovvero per intervenuta destituzione o dispensa da precedente impiego. Siffatti casi non ricorrerebbero nella fattispecie.
II) Violazione della sentenza della Corte costituzionale n. 971/1988 e della legge n. 19/1990. Eccesso di potere. Illogicità manifesta. Difetto di motivazione. Mancata valutazione di elementi essenziali.
Il mero accertamento di uno dei reati di cui all’art. 85 del D.P.R. n. 3/1957, commesso anteriormente all’ammissione all’impiego, non sarebbe sufficiente a precludere l’assunzione, che potrebbe denegarsi solo a seguito di una specifica valutazione del caso concreto, non operata dall’amministrazione nel caso oggetto del presente giudizio.
Il ricorrente conclude per l’accoglimento del gravame.
L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio, sostenendo l’infondatezza del ricorso e chiedendone la reiezione.
La causa è stata assunta in decisione nella pubblica udienza dell’8 luglio 2008.
Il ricorso è fondato.
Il collegio osserva che , secondo la giurisprudenza, il mero accertamento di una condanna per taluno dei reati contemplati dall’art. 85 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, intervenuta anteriormente all’ assunzione dell’impiego, non può condurre di per sé all’inibizione dell’ingresso in servizio dell’aspirante all’impiego.
A tal fine occorre, infatti, che l’amministrazione accerti autonomamente e specificamente la gravità dei fatti compiuti dall’interessato, onde desumerne il giudizio circa l’esistenza dei requisiti di idoneità morale ed attitudine ad espletare attività di pubblico impiegato, valutando dunque se i fatti rilevanti ai fini penali lo siano ugualmente ai fini dell’accesso al pubblico impiego (v. C.S., IV, 20 gennaio 2006, n. 130; C.S., VI, 17 ottobre 1997, n. 1487; T.A.R. Lazio, III, 2 aprile 1996, n. 721).
Nella fattispecie, l’amministrazione – peraltro con locuzione scarsamente comprensibile (v. testo sopra trascritto) – non ha operato alcuna autonoma valutazione, tanto meno specifica, ritenendo "sic et simpliciter" le condanne penali riportate dal ricorrente ostative alla sua ammissione al pubblico impiego, senza spiegare neppure quali siano tali condanne e perché sarebbero impeditive dell’assunzione.
In relazione a ciò, il ricorso in esame risulta fondato e va quindi accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Sussistono giusti motivi per l’integrale compensazione tra le parti delle spese di causa.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, accoglie il ricorso in epigrafe e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 08/07/2008 con l’intervento dei Magistrati:
***************, Presidente
***************, ***********, Estensore
Desirèe *****, Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/08/2008.
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