Notifica. – Effettuata a mani di un familiare del destinatario – presunzione di convivenza non meramente occasionale – non opera nel caso in cui questa sia stata eseguita nella residenza propria del familiare, diversa da quella del destinatario dell’atto – nullità della notifica.
Dichiarazione di Inizio Attività. – Omessa notifica dell’atto inibitorio nel prescritto termine di 30 giorni di cui all’articolo 23 D.P.R. n. 380/2001 – comporta il consolidamento dell’attività denunciata.
N. 01165/2013 REG.PROV.COLL.
N. 06119/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6119 del 2006, proposto da:
***, rappresentata e difesa dagli avv.ti **************, ******************* e ***************, presso lo studio dei quali è elettivamente domiciliata in Napoli, via Duomo, n. 348;
contro
Comune di ***, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. **************, con il quale è elettivamente domiciliato in Napoli, Corso Vittorio Emanuele, n. 88/C;
per l’annullamento, previa sospensione:
1) dell’atto recante diniego (prot. n. 15548) sull’intervento di cui alla DIA n. 103/2006 presentata il 13.7.2006, conosciuto solo il 19.9.2006;
2) di ogni altro atto preordinato, connesso e consequenziale, ivi comprese le risultanze istruttorie dell’Ufficio Tecnico, culminate nell’atto in parola.
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Sant’Antimo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2013 il cons. dott. ***************** e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
omissis
DIRITTO
1. La verificazione eseguita in corso di causa ha accertato l’assoluta irrilevanza, rispetto alla questione oggetto del contendere, dell’istanza di permesso di costruire prot. n. 18475 del 9 settembre 2009.
Il funzionario verificatore ha infatti accertato che, contrariamente a quanto attestato dall’ufficio tecnico comunale con atto n. 18475 del 14 ottobre 2009, l’istanza in questione non si riferisce anche <<alla sanatoria di locali terranei quali accessori e pertinenze>>, ma soltanto alla <<trasformazione e ristrutturazione di un fabbricato unifamiliare nel rispetto degli indici di zona>>.
In particolare il progetto di ampliamento presentato dalla ricorrente riguarda <<la realizzazione di un piano sottotetto a copertura dell’intero edificio e l’aumento delle superfici utili al primo ed al secondo piano del fabbricato. Nulla viene indicato al piano terra dell’edificio, dove la superficie relativa ai locali tecnici di cui alle precedenti DIA del 2006 risulta quale parte integrante dell’edificio esistente e nessun intervento è riportato nella rappresentazione di progetto della pianta del piano terra>>. Il funzionario verificatore, nell’evidenziare che l’istanza in questione <<non ha avuto alcun esito>>, ha concluso nel senso che <<non è possibile procedere all’esame della doppia conformità delle opere in contestazione in quanto la citata istanza non risulta di sanatoria dei locali terranei, ma di richiesta di permesso di costruire per interventi di ampliamento di parti del fabbricato non oggetto del presente ricorso>>.
Alla luce di quanto precede, il presente ricorso non può evidentemente essere dichiarato improcedibile (stante l’assoluta diversità delle opere oggetto della richiamata istanza di permesso di costruire rispetto a quelle oggetto del gravato provvedimento), ma deve essere esaminato nel merito.
2. Ciò posto, nel merito, il ricorso è fondato e deve essere accolto.
Come già infatti osservato da questa Sezione in sede cautelare con l’ordinanza n. 3062/2006, deve essere condivisa la prima, assorbente, censura di ricorso, con la quale viene dedotta l’irritualità della notifica dell’impugnato provvedimento n. 15548 del 17/7/2006, recante diniego del denunciato intervento edilizio (di cui alla d.i.a. presentata il 13/7/2006).
Ai sensi dell’art. 138, co. 1, c.p.c, <<l’ufficiale giudiziario esegue la notificazione di regola mediante consegna della copia nelle mani proprie del destinatario, presso la casa di abitazione oppure, se ciò non è possibile, ovunque lo trovi nell’ambito della circoscrizione dell’ufficio giudiziario al quale è addetto>>.
Ai sensi dell’art. 139 c.p.c., <<Se non avviene nel modo previsto nell’articolo precedente, la notificazione deve essere fatta nel comune di residenza del destinatario, ricercandolo nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio>> (co. 1); <<Se il destinatario non viene trovato in uno di tali luoghi, l’ufficiale giudiziario consegna copia dell’atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, purché non minore di quattordici anni o non palesemente incapace>> (co. 2).
Ai sensi del successivo art. 148, <<L’ufficiale giudiziario certifica l’eseguita notificazione mediante relazione da lui datata e sottoscritta, apposta in calce all’originale e alla copia dell’atto>> (co. 1); <<La relazione indica la persona alla quale è consegnata la copia e le sue qualità, nonché il luogo della consegna, oppure le ricerche, anche anagrafiche, fatte dall’ufficiale giudiziario, i motivi della mancata consegna e le notizie raccolte sulla reperibilità del destinatario>> (co. 2).
Nella fattispecie in esame, a tergo dell’atto impugnato (rivolto alla signora ****************, via B. Croce n. 13, Sant’****** – NA), risulta apposta la seguente dicitura: <<2006 21 luglio Romano ***************************>>.
In base alle richiamate disposizioni normative, la suddetta dicitura non è idonea al perfezionamento della notifica dell’atto in questione nei confronti del suo destinatario.
In primo luogo infatti, manca la sottoscrizione dell’ufficiale giudiziario che esegue la notifica.
In secondo luogo, non sussiste comunque l’indicazione del “luogo della consegna”, tanto più necessario nella specie, in cui la notifica dell’atto non è stata eseguita a mani proprie del suo destinatario, ma a mani della figlia **************.
La mancata indicazione del luogo della notifica non consente infatti di ritenere applicabile, nella specie, la presunzione della convivenza del familiare con il destinatario dell’atto (desumibile dall’art. 139, co. 2, c.p.c.).
Secondo il pacifico orientamento della giurisprudenza formatasi sul punto, infatti, <<in tema di notifica effettuata a mani di un familiare del destinatario, la presunzione di convivenza non meramente occasionale non opera nel caso in cui questa sia stata eseguita nella residenza propria del familiare, diversa da quella del destinatario dell’atto, con conseguente nullità della notifica stessa non sanata dalla conoscenza aliunde della notificazione dell’atto di citazione non accompagnata dalla costituzione del convenuto>> (Cassazione civile, sez. VI, 5 aprile 2011, n. 7750; cfr., altresì, T.A.R. Sardegna, sez. I, 21 maggio 2010, n. 1240, secondo cui <<la presunzione di convivenza non meramente occasionale non opera nei casi in cui la notificazione sia stata eseguita nella residenza propria del familiare, diversa da quella del destinatario dell’atto, in tal caso non potendosi ritenere avverato il presupposto della frequentazione quotidiana su cui si basa l’ipotesi normativa della presumibile consegna ex art. 139 c.p.c.>>; Comm.trib. prov.le Bari, sez. II, 20 ottobre 2010, n. 136, secondo cui <<la notifica dell’avviso di accertamento si considera inesistente e non affetta da semplice nullità se viene effettuata, in spregio a quanto prescritto dal combinato disposto degli art. 138 e 139 c.p.c., nelle mani della figlia del contribuente non convivente con lo stesso, residente ad un indirizzo diverso da quello del genitore o da quello in cui il medesimo ha eletto domicilio>>).
La mancata notifica dell’atto inibitorio nel prescritto termine di 30 giorni di cui all’articolo 23 D.P.R. n. 380/2001 comporta il consolidamento dell’attività denunciata, la cui eventuale non conformità a legge può essere fatta valere dall’amministrazione comunale nei limiti dell’esercizio del potere di autotutela: <<Il termine per l’esercizio del potere inibitorio doveroso, nel caso di d.i.a., è perentorio; comunque, anche dopo il decorso di tale spazio temporale, la p.a. conserva un potere residuale di autotutela. Tale potere, con cui l’amministrazione è chiamata a porre rimedio al mancato esercizio del doveroso potere inibitorio, condivide i principi regolatori sanciti, in materia di autotutela, dalle norme vigenti, con particolare riguardo alla necessità dell’avvio di un apposito procedimento in contraddittorio, al rispetto del limite del termine ragionevole, e soprattutto, alla necessità di una valutazione comparativa, di natura discrezionale, degli interessi in rilievo, idonea a giustificare la frustrazione dell’affidamento incolpevole maturato in capo al denunciante a seguito del decorso del tempo e della conseguente consumazione del potere inibitorio>> (Consiglio di Stato, sez. VI, 14 novembre 2012, n. 5751); <<Posto che la DIA non è un provvedimento amministrativo a formazione tacita e non dà luogo in ogni caso ad un titolo costitutivo, ma è atto privato volto a comunicare l’intenzione di intraprendere un’attività direttamente ammessa dalla legge, il Comune, a fronte di tale atto, deve verificare l’eventuale mancanza di uno dei presupposti normativamente previsti per l’esecuzione dei lavori previsti entro il termine perentorio di 30 giorni, decorso il quale deve ricorrere al potere discrezionale di ritiro in autotutela>> (T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 5 dicembre 2012, n. 2548); <<L’art. 19, comma 3, della legge n. 241/1990 fa salvo il potere dell’amministrazione di assumere determinazioni in via di autotutela sulla d.i.a. illegittima, ai sensi dell’art. 21 nonies>> (T.A.R. Toscana, sez. III, 10 gennaio 2013, n. 10); <<La denuncia di inizio attività disciplinata dal t.u. in materia edilizia n. 380/2001 è assimilabile a un’istanza autorizzatoria che, con il decorso del termine di legge, provoca la formazione di un provvedimento tacito di accoglimento dell’istanza. Dopo il decorso del termine di trenta giorni per la formazione del provvedimento tacito, l’amministrazione non perde i suoi poteri di autotutela, i quali tuttavia devono essere esercitati nel rispetto del principio di certezza dei rapporti giuridici e di salvaguardia del legittimo affidamento del privato nei confronti dell’attività amministrativa>> (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 12 novembre 2012, n. 9257).
3. In conclusione, il ricorso è fondato e deve essere accolto.
4. Le spese di giudizio, ivi comprese quelle della disposta verificazione, seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla l’impugnato provvedimento di diniego (prot. n. 15548 del 17/7/2006).
Condanna il Comune di Sant’Antimo al pagamento in favore della ricorrente delle spese e delle competenze di giudizio, complessivamente liquidate nella somma di euro 500,00 (cinquecento).
Condanna il Comune di Sant’Antimo al pagamento in favore del funzionario verificatore, architetto ***************, della Direzione Urbanistica della Provincia di Napoli, dell’onorario di verificazione nella somma complessiva di euro 1.500,00 (millecinquecento).
Manda alla Segreteria di comunicare la presente sentenza alle parti ed al funzionario verificatore.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 7 febbraio 2013 con l’intervento dei magistrati:
*****************, Presidente FF, Estensore
**************, Primo Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/02/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento