Tax Compliance e stretta sui reati tributari ex D. Lgs 231/2001

Premessa

Il 1 settembre 2020 è stata emessa una nuova circolare dalla Guardia di Finanza (d’ora in poi “GdF”), la numero 216816/2020, in tema di “Modifiche alla disciplina dei reati tributari e della responsabilità amministrativa degli enti”. Vengono così fornite  indicazioni operative relativa alla disciplina in materia di reati tributari (di cui al D.Lgs. n. 74/2000) e di connessa responsabilità amministrativa degli enti, ai sensi dell’art. 25-quinquiesdecies, D.Lgs. n. 231/200. Tale analisi ha tenuto conto delle più recenti novità normative in materia, vale a dire: (i)D.Lgs. 14 luglio 2020, n. 75 (in G.U. n. 177 del 15.07.2020), di attuazione della cd. “Direttiva PIF” (direttiva UE 2017/137); (ii) L. 19 dicembre 2019, n. 157 (pubblicata sulla G.U. n. 301 del 24.12.2019), che ha convertito, con modifiche, il Decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124 (cd. “Decreto fiscale”).

Nella prima parte la circolare numero 216816/2020, oltre a ripercorrere le novità introdotte in materia dal D.L. n. 124/2019 (c.d. “decreto fiscale”), fornisce alcune istruzioni operative in materia di confisca allargata e pone in evidenza le conseguenze della novella legislativa sulla disciplina della confisca obbligatoria, anche per equivalente, che risulta ora applicabile anche agli enti collettivi a favore dei quali sono commessi i delitti tributari entrati nel catalogo dei reati presupposto 231.

Quanto a quest’ultimo punto, nella circolare si sottolinea l’importanza della novità, in quanto in precedenza i beni sociali potevano essere confiscati solamente attraverso la confisca diretta ex art. 240 c.p. nelle ipotesi in cui la persona giuridica rappresentava un mero schermo fittizio.

La circolare, oltre a ribadire l’utilità di un sistema di controllo del rischio fiscale come requisito per l’accesso al regime dell’adempimento collaborativo, evidenzia la non sovrapponibilità – considerata la diversa finalità –  dei due istituti in quanto la cooperativa compliance non esclude la responsabilità dell’ente in relazione agli illeciti tributari.

Inoltre prevede la necessità di implementare il Modello organizzativo 231 per l’esclusione della responsabilità penale dell’ente. In assenza di MOG, si procederà caso per caso a verificare se quanto attuato dall’azienda per accedere all’adempimento collaborativo con l’Agenzia delle Entrate sia sufficiente anche a escludere la responsabilità della società.

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La responsabilità amministrativa degli enti

Il modello di organizzazione e gestione (o “modello ex D.Lgs. n. 231/2001”) adottato da persona giuridica, società od associazione privi di personalità giuridica, è volto a prevenire la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato.Le imprese, gli enti e tutti i soggetti interessati possono tutelarsi, in via preventiva e strutturata, rispetto a tali responsabilità ed alle conseguenti pesanti sanzioni, non potendo essere ritenuti responsabili qualora, prima della commissione di un reato da parte di un soggetto ad essi funzionalmente collegato, abbiano adottato ed efficacemente attuato Modelli di organizzazione e gestione idonei ad evitarlo.Questo volume offre, attraverso appositi strumenti operativi, una panoramica completa ed un profilo dettagliato con casi pratici, aggiornato con la più recente giurisprudenza. La necessità di implementare un Modello Organizzativo ex D.Lgs. n. 231/2001, per gli effetti positivi che discendono dalla sua concreta adozione, potrebbe trasformarsi in una reale opportunità per costruire un efficace sistema di corporate governance, improntato alla cultura della legalità.Damiano Marinelli, avvocato cassazionista, arbitro e docente universitario. È Presidente dell’Associazione Legali Italiani (www.associazionelegaliitaliani.it) e consigliere nazionale dell’Unione Nazionale Consumatori. Specializzato in diritto civile e commerciale, è autore di numerose pubblicazioni, nonché relatore in convegni e seminari.Piercarlo Felice, laurea in giurisprudenza. Iscritto all’albo degli avvocati, consulente specializzato in Compliance Antiriciclaggio, D.Lgs. n. 231/2001, Trasparenza e Privacy, svolge attività di relatore e docente in convegni, seminari e corsi dedicati ai professionisti ed al sistema bancario, finanziario ed assicurativo, oltre ad aver svolto docenze per la Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze (Scuola di Formazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze) sul tema “Antiusura ed Antiriciclaggio”. Presta tutela ed assistenza legale connessa a violazioni della normativa Antiriciclaggio e normativa ex D.Lgs. n. 231/2001. È tra i Fondatori, nonché Consigliere, dell’Associazione Italiana Responsabili Antiriciclaggio (AIRA). Collabora con l’Università di Pisa come docente per il master post laurea in “Auditing e Controllo Interno”. Ha ricoperto l’incarico di Presidente dell’Organismo di Vigilanza ex D.Lgs. n. 231/2001 presso la Banca dei Due Mari di Calabria Credito Cooperativo in A.S.Vincenzo Apa, laureato in economia e commercio e, successivamente, in economia aziendale nel 2012. Commercialista e Revisore Contabile, dal 1998 ha intrapreso il lavoro in banca, occupandosi prevalentemente di finanziamenti speciali alle imprese, di pianificazione e controllo di gestione, di organizzazione e, nel 2014/2015, ha svolto l’incarico di Membro dell’Organismo di Vigilanza 231 presso la BCC dei Due Mari. È attualmente dipendente presso la BCC Mediocrati. Ha svolto diversi incarichi di docenza in corsi di formazione sull’autoimprenditorialità, relatore di seminari e workshop rivolti al mondo delle imprese.Giovanni Caruso, iscritto presso l’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Cosenza e nel registro dei tirocinanti dei Revisori Legali dei Conti. Laureato in Scienze dell’Amministrazione, in possesso di un Master in Diritto del Lavoro e Sindacale e diverse attestazioni in ambito Fiscale e Tributario, Privacy e Sicurezza sul Lavoro. Svolge l’attività di consulente aziendale in materia di Organizzazione, Gestione e Controllo, Sicurezza sui luoghi di lavoro, Finanza Aziendale e Privacy. Ha svolto incarichi di relatore in seminari e workshop rivolti a Professionisti ed Imprese.

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I due sistemi normativi a confronto

Il sistema di cooperative compliance ed il Modello 231 differiscono per tre aspetti:

  • mentre il sistema 231 mira a prevenire i soli reati in materia di imposte dirette ed IVA richiamati nell’art. 25 – quinquiesdecies D. lgs. 231/2001, l’ambito di prevenzione della cooperativa compliance è più ampio e comprende tutte le norme di natura tributaria o in contrasto con le finalità dell’ordinamento tributario;
  • il compito di vigilare sulla corretta applicazione dei sistemi di prevenzione è affidato a organismi diversi, in particolare, un soggetto interno all’azienda per la cooperativa compliance e uno esterno per il modello 231 (l’Odv);
  • il sistema di cooperative compliance, a differenza del sistema 231, non richiede né la presenza di meccanismi di sanzione disciplinare né una struttura di segnalazione dell’illecito quale il whistleblowing.

Si legga anche:”Il Nuovo Regolamento sul Whistleblowing”

Conclusioni

I nuovi modelli di organizzazione, gestione e controllo, pur potendo essere integrati attraverso tax framework control ex D. lgs. 128/2015, dovranno essere adeguati allo specifico rischio di natura penale. Solo i MOG 231 offrono infatti all’imprenditore, ai soci e alla governance aziendale un vero e proprio sistema integrato di controlli che consente di monitorare l’attività dell’impresa e, pertanto, di gestire in modo efficiente e puntuale qualsiasi forma di rischio (compreso quello fiscale). Infatti, solo il D. Lgs 231/2001 prevede:

  1. L’OdV con caratteristiche di autonomia e indipendenza, e con la finalità di vigilare sul modello;
  2. modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee a impedire la commissione dei reati;
  3. un sistema disciplinare che sanzioni il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.

In fine, nelle imprese a ristretta base azionaria, in presenza di reati tributari, la confisca per sproporzione e il sequestro preventivo saranno maggiormente valutati. Invece, nelle imprese di maggiori dimensioni, l’adesione al regime di cooperativa compliance (così come disciplinato dal D.lgs. 128/2015) potrà contribuire alla non punibilità della società.

La ragione di una simile diversità di regime trova la sua ragion d’essere nel fatto che nelle prime è più probabile che l’autore del reato abbia posto in essere la condotta criminosa nel proprio interesse (sovente si tratta di rappresentane legale, proprietario dell’impresa). Nelle società con elevata base partecipativa, invece, spesso il responsabile dell’illecito fiscale non trae alcun beneficio dall’evasione (l’organo amministrativo è estraneo alla proprietà dell’azienda).

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Dott.ssa Cristina Formisano

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