Tema magistratura tributaria: un esempio in materia di eredità

Lorena Papini 02/11/23

TEMA: Illustri il candidato l’impatto che ha l’accettazione di una eredità con beneficio di inventario sul pagamento della imposta di successione.
Il contributo è tratto dal volume: Concorso Magistratura Tributaria – Temi svolti di Diritto Tributario
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Indice

Svolgimento del tema


L’eredità è spesso vista come un privilegio, un legame tangibile con le generazioni precedenti e una fonte potenziale di benessere. Tuttavia, non sempre ciò che viene lasciato da un defunto è puramente positivo o vantaggioso per gli eredi. In Italia, come in molte altre giurisdizioni, esiste una disposizione legale che tiene conto di questa complessità: l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario (art. 470 c.c.). A volte l’accettazione con beneficio di inventario non è facoltativa ma obbligatoria, come nel caso in cui gli eredi siano minori o interdetti (art. 471 c.c.), minori emancipati o inabilitati (art. 472 c.c.), persone giuridiche, associazioni, fondazioni ed enti non riconosciuti, escluse le società commerciali.
Innanzitutto, è fondamentale comprendere cosa significhi accettare un’eredità “con beneficio di inventario”. In sintesi, si tratta di un meccanismo che consente all’erede di proteggersi dai possibili debiti che potrebbero essere legati al patrimonio ereditario. In pratica, separa il patrimonio del defunto da quello dell’erede. Questo significa che, se il defunto avesse debiti superiori ai beni lasciati in eredità, questi debiti non andrebbero a gravare sul patrimonio personale dell’erede.
Il procedimento richiede che l’erede dichiari presso il Tribunale la volontà di accettare l’eredità con beneficio di inventario (ci si può rivolgere anche ad un notaio che provvederà a trasmettere l’atto in Tribunale). Successivamente, è necessario procedere con la stesura di un inventario dettagliato dei beni e dei debiti dell’eredità.
Ma perché questa opzione è così importante? Il motivo principale risiede nella protezione che offre all’erede. Senza tale beneficio, l’erede si troverebbe a rispondere in modo illimitato dei debiti del defunto, mettendo a rischio il proprio patrimonio personale.
Tuttavia, sebbene questo meccanismo offra sicuramente una rete di sicurezza, comporta anche delle responsabilità. L’obbligo di redigere un inventario accurato e di gestire le complessità burocratiche può essere gravoso. Inoltre, accettando con beneficio di inventario, l’erede rinuncia anche alla possibilità di disporre liberamente dei beni ereditati fino al completamento delle procedure legali. In conclusione, l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario rappresenta una soluzione bilanciata tra diritti e doveri.
A prescindere dalla modalità con cui viene accettata l’eredità il chiamato all’eredità deve obbligatoriamente presentare all’Agenzia delle Entrate entro 12 mesi dal decesso del de cuius la denuncia di successione ai sensi dell’art.31 del d.lgs. n. 346/1990. Sulla base della denuncia di successione vengono calcolate, se dovute, le imposte di successione. Quindi, anche nel caso in cui l’eredità sia stata accettata con beneficio di inventario, gli eredi sono comunque tenuti a presentare la denuncia di successione entro i termini stabiliti dalla legge.
Alla luce di quanto sopra deve essere verificata la possibilità da parte dell’Amministrazione finanziaria di liquidare, a mezzo di emissione di avviso di liquidazione, l’imposta di successione nei confronti dell’erede che abbia accettato con beneficio d’inventario fino a che non risulti conclusa tutta la procedura.
Quanto precede deve trovare necessario coordinamento con le norme civilistiche dettate in materia di accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario. Infatti, ai sensi dell’art. 490 c.c., il chiamato che abbia accettato l’eredità in via beneficiata gode di una limitazione di responsabilità in riferimento ai debiti del de cuius.
In altri termini, l’effetto giuridico conseguente a tale modalità di accettazione è l’assenza di confusione tra patrimonio dell’erede e patrimonio del de cuius, con la conseguenza che l’erede non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari (ivi compresi quelli tributari) e dei legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti.
Ciò significa che l’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario, pur non determinando il venir meno della responsabilità patrimoniale dell’erede per i debiti (anche tributari), fa tuttavia sorgere il diritto dell’erede a non rispondere ultra vires hereditatis, ossia al di là della capacità dei beni lasciati dal de cuius.
In questo senso la giurisprudenza di legittimità è granitica da anni. Basti pensare a Cass. n. 23961/2019 la quale afferma chiaramente che “accettare con beneficio d’inventario, in sostanza, determina la separazione del proprio patrimonio da quello del defunto. In questo modo … gli eredi non rischiano i propri beni, ma solo quelli che hanno ricevuto in successione”.
Quanto precede produce inevitabili conseguenze in tema di versamento dell’imposta di successione. Infatti, il chiamato all’eredità che abbia accettato con beneficio di inventario è sicuramente soggetto passivo dell’imposta di successione, avendo acquisito la qualità di erede, ma sarà tenuto a corrispondere l’imposta nei limiti dei valori ereditati acquistati.
Detto altrimenti, l’erede che abbia accettato con beneficio d’inventario è tenuto a corrispondere il tributo, ma in misura non superiore al valore dei beni a lui pervenuti, con la conseguenza che, “ai fini della quantificazione del debito tributario, deve prima essere completata la procedura di formazione dell’inventario, con la definitività correlabile alla mancata opposizione, solo successivamente potendo quantificarsi l’imponibile e procedersi, quindi, alla liquidazione dell’imposta” (Cass. n. 13906/2008).
La Suprema Corte sempre sul tema ha affermato che il credito relativo all’imposta di successione sorge nei confronti dell’erede solo al termine del procedimento di accettazione con beneficio di inventario ed in relazione a quanto residua a seguito della definitività dello stato di graduazione (cfr. tra le altre Cass., sent. n. 11458 dell’11 maggio 2018 e Cass., ord. n. 14847 del 15 luglio 2015).
Pertanto, secondo i giudici di legittimità, l’imposta di successione non potrà essere richiesta sino a quando non si sia chiusa la procedura di liquidazione dei debiti ereditari (e sempre che sussista un residuo attivo in favore dell’erede da sottoporre pertanto a tassazione) perché sarà solo in quel momento che si avrà effettiva contezza dell’attivo ereditario e, dunque, del quantum della base imponibile ex art. 8, comma 1, TUS.
Com’è noto, ai sensi dell’art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 346/1990, la base imponibile dell’imposta di successione è costituita dal valore globale dell’asse ereditario al netto delle passività.
La Suprema Corte ha, altresì, rilevato che la limitazione della responsabilità dell’erede per i debiti ereditari, derivante dall’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario, è opponibile a qualsiasi creditore, compreso l’erario, che di conseguenza, pur potendo procedere alla notifica dell’avviso di liquidazione nei confronti dell’erede, non può esigere l’imposta ipotecaria, l’imposta catastale e l’imposta di successione sino a quando non si sia chiusa la procedura di liquidazione dei debiti ereditari e sempre che sussista un residuo attivo in favore dell’erede da sottoporre pertanto a tassazione.
Si ricorda altresì che ai sensi dell’art. 510 c.c. l’accettazione con beneficio d’inventario fatta da uno dei chiamati giova a tutti gli altri.
Appare ovvio come sussista una discrasia temporale e procedimentale tra l’accettazione con beneficio di inventario e l’accettazione pura e semplice di
una eredità data non solo dalla diversa solennità in termini di accettazione ma anche e soprattutto della incontrovertibile quantificazione finale del residuo attivo su cui computare e scomputare l’imposta di successione.
Fino ad allora la base imponibile resta incerta e l’imposta di successione non solo non è riscuotibile ma non è neanche determinabile, non essendo necessariamente sussistente un attivo ereditario superiore al passivo dalla quale scomputarla.
Secondo l’Agenzia delle Entrate è, di contro, pienamente ed indiscutibilmente legittima la notifica di una richiesta di pagamento dell’imposta di successione anche a fronte dell’accettazione con beneficio d’inventario da parte dei chiamati sulla base della denuncia di successione presentata per tre ordini di ragioni:

  • Un orientamento giurisprudenziale riconoscerebbe la possibilità all’Amministrazione finanziaria di notificazione degli avvisi di liquidazione. La legittimità dell’avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate all’erede che ha accettato l’eredità con beneficio d’inventario e la conseguente limitazione della contestazione di non essere tenuto a pagare i debiti oltre il limite di quanto ricevuto alla fase esecutiva e non all’esistenza del debito fiscale sono state confermate dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 23389 del 6 ottobre 2017, con cui è stato accolto il ricorso dell’Agenzia, evidenziando che l’accettazione con beneficio d’inventario comporta che, a parte la distinzione del patrimonio del defunto da quello dell’intestatario del lascito, ai sensi dell’art. 490, primo comma, del codice civile, il congiunto, o chi per lui, diventa erede a tutti gli effetti di legge e, quindi, anche soggetto passivo d’imposta ed è pienamente legittimato a ricevere la notifica dell’avviso d’accertamento. Dello stesso tenore la più recente sentenza n. 22571/2021 con cui la Suprema Corte ha stabilito che nel caso in cui gli eredi abbiano accettato l’eredità con beneficio di inventario l’Agenzia delle Entrate può legittimamente emettere un avviso di accertamento con cui rettifica la dichiarazione dei redditi del de cuius, accertando così se e quanto sia dovuto (an et quantum debeatur), fermo restando che la pretesa non può andare oltre il valore dei beni pervenuti dall’eredità. Secondo la Suprema Corte si deve distinguere il caso in cui la pretesa erariale è fatta valere con un avviso di accertamento da quello in cui, invece, è conseguente alla notifica della cartella di pagamento. Solo nel primo caso l’atto ha natura impositiva e individua sia il soggetto che l’importo richiesto agli eredi per effetto della successione. Nel primo caso il giudizio tributario in cui si contesta la pretesa erariale non è la sede corretta in cui far valere l’accettazione con beneficio d’inventario con la conseguente limitazione di responsabilità degli eredi. Come ribadito anche dalla sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 6070/2013, l’eventuale opposizione dell’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario da parte degli eredi, con la conseguente limitazione di responsabilità, non attiene al giudizio con cui si contesta la legittimità della pretesa fatta valere con l’avviso di accertamento;
  • La rilevanza giuridica della limitazione di responsabilità connessa all’accettazione con beneficio di inventario si avrebbe solo nella fase esecutiva della pretesa di pagamento e non nella fase, per così dire, liquidatoria. Il giudizio di opposizione alla cartella di pagamento avrebbe, infatti, altra natura in quanto rappresenta l’atto di riscossione con cui il fisco determina concretamente la pretesa esecutiva (Cass., Sez. Un., n. 7822/2020). Pertanto, in questa sede, l’erede avrebbe la facoltà di denunciare oltre alle irregolarità formali anche il diritto del creditore di procedere esecutivamente nei suoi confronti facendo valere la questione della capienza o dei limiti dell’azione di riscossione. Secondo l’Amministrazione finanziaria non si potrebbero, altresì, far valere eventuali vizi o illegittimità sull’an e sul quantum dell’imposta attraverso il ricorso alla Corte di giustizia tributaria. Per quanto attiene a questa ultima considerazione è sufficiente richiamare la giurisprudenza di legittimità, che non lascia adito a dubbi: “la giurisprudenza tributaria, avendo ad oggetto sia l’an che il quantum della pretesa tributaria, comprende anche l’individuazione del soggetto tenuto al versamento dell’imposta o dei limiti nei quali esso per la sua qualità sia obbligato” (Cass., Sez. Un., sent. n. 7792/2005). Il che significa che, in caso di contestazioni, rientra nella giurisdizione delle Commissioni tributarie decidere in che misura l’erede, che abbia accettato con beneficio d’inventario, sia tenuto al pagamento del debito d’imposta. Pur volendo, infine, accettare la tesi dell’Amministrazione finanziaria ed ammettere la legittimità della emissione di un avviso di liquidazione dell’imposta sulla base della denuncia di successione permane il dubbio sulla opportunità di liquidare una imposta prendendo come riferimento una base imponibile indeterminata alla data della liquidazione.

Vedi un altro esempio di tema svolto: Tema magistratura tributaria: un esempio in materia di obbligazioni
Vademecum per la scrittura dei temi:
Tema magistratura tributaria: come si scrive un tema

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Lorena Papini

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