Tempi e modi di celebrazione del matrimonio e di redazione del relativo atto

Richter Paolo 02/10/12

Alcuni Comuni, anche capoluoghi di Provincia, hanno adottato dei regolamenti nei quali è, fra l’altro, previsto che la celebrazione1 dei matrimoni civili possa avvenire solo in alcuni giorni della settimana.

Tuttavia, l’ufficiale dello stato civile ha il dovere di celebrare il matrimonio “nel giorno indicato dalle parti2; salvo diverse indicazioni contenute nel regolamento comunale, la richiesta di celebrazione non è soggetta ad alcuna formalità, sicché essa può essere presentata anche oralmente; la forma scritta può tuttavia essere opportuna nel caso in cui le parti intendano opporsi al rifiuto a celebrare nel giorno da essi indicato.

L’ufficiale di stato civile può rifiutare la celebrazione del matrimonio solo per una delle cause ammessa dalla legge3: si intende, ad esempio, alludere ai casi di minore età, infermità di mente, preesistente vincolo coniugale, parentela, affinità, adozione, etc. di uno o entrambi gli sposi4, alla mancanza della/e pubblicazione/i5, al mancato decorso del termine necessario per procedere alla celebrazione, decorrente dal primo giorno della/e pubblicazione/i di matrimonio6, alla scadenza del termini di efficacia della/e pubblicazione/i7, alla pendenza del giudizio sull’opposizione al matrimonio8.

Il rifiuto alla celebrazione deve peraltro essere formalizzato dall’ufficiale di stato civile mediante il rilascio di un certificato9, contenente l’indicazione dei motivi del rifiuto stesso10; i nubendi possono, a questo punto, impugnare il rifiuto, proponendo ricorso11 al Tribunale competente che provvede in camera di consiglio, sentito il procuratore della Repubblica12.

La mancata indicazione dei motivi, o il riferimento a fatti non previsti dal legislatore come causa di rifiuto della celebrazione, come ben potrebbero essere il richiamo alle previsioni contenute nel regolamento comunale che consentono di celebrare il matrimonio solo in determinati giorni della settimana13, rappresenta un illecito amministrativo14 e comporta l’applicazione all’ufficiale di stato civile inadempiente di una sanzione pecuniaria15, oltre che una responsabilità penale16, dovendosi precisare che anche la mera omissione al rilascio, ove richiesto, del certificato attestante i motivi del diniego è perseguibile penalmente17.

L’indebito rifiuto alla celebrazione nel giorno indicato dagli sposi potrebbe altresì configurare un illecito civile18, che consente agli sposi di azionare una pretesa19 al fine di ottenere il ristoro degli eventuali danni che essi dimostrino di avere subìto in seguito alla mancata celebrazione del matrimonio nel giorno da loro indicato.

La scelta del giorno del matrimonio costituisce, dunque, una facoltà compresa nel diritto di ottenere la celebrazione con il correlativo obbligo dell’ufficiale di stato civile di celebrare, dovendosi precisare che tale obbligo si costituisce solo in seguito alla scelta del giorno da parte degli sposi, che per essi rappresenta quindi un onere20.

Immediatamente dopo la celebrazione”, si deve procedere alla “compilazione21 dell’atto di matrimonio22.

Anche l’inadempimento di tale obbligo23 rappresenta un illecito amministrativo24 e, in quanto tale, esso comporta l’applicazione a carico dell’ufficiale di stato civile celebrante25 di una sanzione pecuniaria26.

La disposizione appena richiamata non stabilisce chi debba provvedere alla compilazione dell’atto di matrimonio; se ne desume che tale incombente può essere espletato anche da parte di un soggetto che non riveste la qualifica di ufficiale di stato civile27.

Nella nozione di “compilazione” dell’atto di matrimonio va evidentemente ricompresa, laddove consentita28, anche la scrittura a macchina ovvero la scritturazione elettronica e la stampa degli atti di stato civile.

Si ritiene che in tal caso l’atto di matrimonio, prima della celebrazione, possa correttamente essere caricato e salvato come atto temporaneo nell’apposito software, in modo da consentirne, subito dopo la celebrazione: a) le eventuali modifiche intervenute tra il caricamento dell’atto e la celebrazione; b) il salvataggio definitivo; c) la stampa dell’atto stesso; d) la lettura dell’atto da parte dell’ufficiale di stato civile; così facendo, oltre a rispettare la prescrizione che impone di “compilare” l’atto di matrimonio dopo la celebrazione29, si riducono i tempi di attesa per le firme da parte degli sposi, dei testimoni e finanche dell’ufficiale di stato civile celebrante.

In proposito non ci si può esimere dall’osservare che in alcuni Comuni il personale addetto ad assistere l’ufficiale di stato civile celebrante durante la celebrazione, viene spesso individuato nei dipendenti comunali, anch’essi delegati a svolgere le funzioni di ufficiali di stato civile; l’espletamento di tali mansioni “accessorie”, ben potrebbe essere affidato, in via preferenziale, al personale meno qualificato, il quale durante la celebrazione agisce sotto la direzione dell’ufficiale dello stato civile che celebra il matrimonio30; il personale dipendente che in via ordinaria e continuativa ha la delega di ufficiale di stato civile potrebbe, così, meglio attendere alle funzioni proprie che, oltre alla frequentazione e al superamento dell’esame finale al termine del corso di abilitazione organizzato periodicamente dal Ministero dell’Interno per il tramite delle Prefetture31, richiedono “una preparazione ed una professionalità di elevato spessore, atteso che la stessa è in grado di incidere direttamente sul riconoscimento di status personali e sui diritti fondamentali dell’individuo tutelati da norme di rango costituzionale […] attesa la delicatezza e la complessità della materia, cha va da incidere […] sullo status dei soggetti32.

Terminata la redazione dell’atto, l’ufficiale di stato civile ne dà lettura e lo fa immediatamente sottoscrivere33 agli sposi, ai testimoni e ─ per ultimo ─ il celebrante vi appone la propria sottoscrizione, determinando così la chiusura dell’atto34.

Non sempre, tuttavia, la lettura dell’atto di matrimonio spetta all’ufficiale di stato civile celebrante.

Ai fini che qui interessano, la sola funzione di ufficiale di stato civile che può essere delegata ai consiglieri (che non esercitino le funzioni nei quartieri o nelle frazioni) e assessori comunali nonché ai cittadini italiani, in possesso dei requisiti per la elezione a consigliere comunale, è la celebrazione del matrimonio35.

Ora, la c.d. compilazione dell’atto di matrimonio rappresenta una fase distinta rispetto a quella della celebrazione, tant’è che l’art. 107, comma 2 Codice Civile, più volte richiamato, prevede che l’atto di matrimonio deve essere predisposto dopo la celebrazione.

La predisposizione dell’atto di matrimonio comprende, fra le altre cose, anche la lettura dell’atto stesso; se, pertanto, il matrimonio viene celebrato da un consigliere (che non eserciti le funzioni nei quartieri o nelle frazioni), da un assessore comunale ovvero da un cittadino italiano, in possesso dei requisiti per la elezione a consigliere comunale, si ritiene che la lettura dell’atto esuli dalla delega ricevuta la quale, come detto, è normativamente circoscritta alla sola fase della celebrazione del matrimonio36, mentre la sottoscrizione dell’atto spetterà evidentemente all’ufficiale di stato civile che ha celebrato.

In tal caso si ritiene che la lettura dell’atto debba essere effettuata dal sindaco ovvero da persona con delega a svolgere le funzioni di ufficiale civile non limitata ai sensi dell’art. 1, comma 3, ultima proposizione D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396.

Per le stesse ragioni di cui sopra, il consigliere (che non eserciti le funzioni nei quartieri o nelle frazioni), l’assessore comunale ovvero il cittadino italiano, in possesso dei requisiti per la elezione a consigliere comunale non possono evidentemente eseguire le pubblicazioni di matrimonio37 e nemmeno siglare i documenti contenuti nel fascicolo degli allegati al matrimonio, trattandosi di adempimenti che, all’evidenza, esulano anch’essi dalla fase di celebrazione del matrimonio.

Né, per sostenere il contrario, potrebbe al riguardo essere invocata la disposizione richiamata nella nota sub n. 33, atteso che essa rappresenta una norma applicabile alla generalità degli atti di stato civile, mentre il citato art. 1, comma 3, ultima proposizione D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 rappresenta nel caso di specie la disposizione di carattere speciale38.

Le descritte formalità per la compilazione dell’atto di matrimonio costituiscono prova privilegiata dell’avvenuta celebrazione del matrimonio, fino a querela di falso39.

Tra le parti, gli effetti del matrimonio si producono tuttavia anche se manca l’atto perché non compilato o distrutto, sicché la validità e gli effetti del matrimonio non dipendono dalla formazione dell’atto40 e dalla sua inserzione41 nei registri di stato civile, ma di fronte ai terzi l’atto è requisito essenziale di forma ad probationem per reclamare lo status di coniuge e gli effetti del matrimonio.

Dott. Paolo Richter

Responsabile dei Servizi Demografici del Comune di Albignasego (PD)

Abilitato alla Professione di Avvocato

Specializzato nelle professioni legali presso le Facoltà di Giurisprudenza di Ferrara, Padova, Trieste e del Dipartimento giuridico della Facoltà di Economia Cà Foscari di Venezia fra loro consorziate.

 

1 La celebrazione (art. 107, comma 1 Codice Civile) consiste nella pubblica lettura, da parte dell’Ufficiale di stato civile celebrante, alla presenza degli sposi e dei testimoni, degli articoli 143, 144 e 147 del Codice Civile; lo stesso ufficiale di stato civile celebrante riceve quindi da ciascuno degli sposi, uno dopo l’altro, la dichiarazione di volersi prendere rispettivamente in marito e in moglie; si ritiene che il consenso di ciascuno sposo possa essere revocato prima della dichiarazione dell’ufficiale di stato civile che le parti sono unite in matrimonio; peraltro, l’ufficiale di stato civile non potrebbe effettuare tale dichiarazione se uno degli sposi morisse improvvisamente dopo aver manifestato il consenso;

In relazione al valore da riconoscere alla dichiarazione dell’ufficiale di stato civile che le parti sono unite in matrimonio, fermo che essa è necessaria per l’esistenza del matrimonio stesso, la tesi più risalente concepiva il matrimonio come istituto di diritto pubblico riconoscendo alla dichiarazione dell’ufficiale celebrante valore costitutivo (CICU, Il diritto di famiglia. Teoria generale, Roma, 1914, 85; nello stesso senso la giurisprudenza: per tutte, Cass. n. 684 del 1964). Una seconda tesi, oggi prevalente in dottrina, qualifica il matrimonio come negozio giuridico di diritto privato familiare, rispetto al quale dichiarazione dell’ufficiale celebrante assume valore certificativo, ricognitivo o qualificatorio. Per un terzo filone interpretativo, la dichiarazione dell’ufficiale di stato civile celebrante ha valore accertativo-costitutivo, nel senso che accerta la volontà dei coniugi e assume valore costitutivo degli effetti del matrimonio inteso come atto complesso (VASSALLI, Lezioni di diritto matrimoniale, I, Padova, 1932, 77).

2 Art. 107, comma 1 del Codice Civile.

3 Art. 112, comma 1, Codice Civile, dovendosi precisare che “le cause ammesse dalla legge” non sono da considerarsi tipizzate, non rappresentano cioè un numerus clausus.

4 Artt. da 84 a 90 Codice Civile.

5 Art. 93 Codice Civile.

6 Di otto più quattro giorni, rispettivamente previsti dall’art. 55, comma 3 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 e dall’art. 99, comma 1 Codice Civile.

7 Di 180 giorni: art. 99, comma 2, Codice Civile.

8 Art. 104 Codice Civile.

9 La cui funzione è di accertare il rifiuto .

10 Art. 112, comma 2, Codice Civile.

11 In tempo utile per ottenere il decreto del tribunale e procedere alla celebrazione entro il termine finale di efficacia delle pubblicazioni (180 giorni, decorrenti dal quarto giorno successivo alle compiute pubblicazioni: art. 99 Codice Civile).

Avverso il decreto del tribunale è consentito, da parte dei nubendi e del Publico Ministero reclamo alla Corte d’Appello, restando escluso il ricorso per Cassazione (art. 739 Cod. Proc. Civ.), conformemente alle norme generali in materia di procedimenti camerali.

La dottrina maggioritaria tende ad escludere che l’ufficiale di stato civile che ha rifiutato la celebrazione sia parte nel procedimento in camera di consiglio; conseguentemente, si propende per escludere che egli sia legittimato a proporre reclamo avverso il decreto del Tribunale, in quanto egli non rappresenta l’interesse pubblico.

12 Art. 112, comma 3, Codice Civile.

13 Si ritiene che l’indicazione degli orari all’interno dei quali avvengono le celebrazioni dei matrimoni rientri nell’autonomia organizzativa di ogni singolo Comune; l’art. 107, comma 1 Codice Civile rimette infatti agli sposi la sola indicazione del giorno.

14 Art. 138 del Codice Civile; le violazioni previste dagli artt. da 134 a 140 sono state depenalizzate e trasformate in illeciti amministrativi con Legge 24 dicembre 1975, n. 706; a tali violazioni, in quanto illeciti amministrativi, si applica la disciplina prevista per le sanzioni amministrative di cui al capo I della Legge 24 novembre 1981, n. 689, seguendo i procedimento di cui agli artt. 13 e ss. della stessa Legge. Le sanzioni previste per le violazioni di che trattasi sono suscettibili di estinzione mediante pagamento in misura ridotta, ex art. 16 Legge 24 novembre 1981, n. 689.

15 Nella misura prevista dall’art. 135 del Codice Civile: da un minimo di 20 euro a un massimo di 103 euro.

16 Art. 328 Codice Penale “Omissione o rifiuto di atti d’ufficio”; secondo autorevole dottrina (FINOCCHIARO F., Del matrimonio, II, 2^ ed., in Comm. Scialoja-Branca, sub artt. 84-158, Bologna-Roma, 1993, 94) solo il rifiuto privo di qualsivoglia giustificazione, in quanto opposto in mala fede, integrerebbe gli estremi del reato di rifiuto di atti d’ufficio.

17 Sempre ai sensi dell’articolo 328 Cod. Pen..

18 La prevalente posizione della giurisprudenza in merito alla natura giuridica della responsabilità della P.A. è quella che la riconduce allo schema della responsabilità acquiliana (artt. 2043 e ss. Cod. Civ.), nel cui ambito la colpa della P.A. deve essere provata dal danneggiato, il quale può limitarsi ad invocare l’illegittimità del provvedimento quale indice presuntivo di colpa; il privato potrà anche allegare ulteriori circostanze al fine di escludere l’errore scusabile da parte della P.A.; spetterà a quest’ultima dimostrare di essere esente da responsabiltà adducendo l’oscurità della norma o le incertezze giurisprudenziali (c.d. errore scusabile, in applicazione analogica dell’art. 5 Cod. Pen., come riformulato dalla sentenza della Corte Cost. 24 marzo 1988, n. 364).

19 Citando in giudizio l’ufficiale di stato civile denegante, che abbia agito con dolo o colpa grave (artt. 22 e 23 T.U. degli impiegati civili dello Stato – D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3), oltre al Comune con il quale questi intrattiene il rapporto di servizio (art. 28 Cost.); l’estensione della responsabilità all’ente di appartenenza ha lo scopo di assicurare ai soggetti danneggiati il risarcimento del danno che il patrimonio del singolo ufficiale di stato civile potrebbe non essere in grado di soddisfare.

Si noti che le persone legate da un rapporto di servizio non sono solo i pubblici dipendenti in senso stretto, che intrattengono con il Comune un rapporto di impiego, atteso che il rapporto di servizio può anche essere onorario, laddove tragga origine da un incarico onorifico o elettivo (es. sindaco, assessori, consiglieri; anch’essi, pertanto, nella veste di ufficiali di stato civile che dovessero avere indebitamente denegato la celebrazione nel giorno indicato dai nubendi, potranno essere chiamati a rispondere in sede civile dei danni eventualmente subiti dagli sposi).

20 BARBIERA, Comm. Dir. It. fam., II, 196. L’onere è la situazione giuridica soggettiva in virtù della quale uno o più soggetto sono tenuti ad un determinato comportamento (indicazione del giorno di celebrazione del matrimonio) nel proprio interesse, poiché in mancanza non si produrrebbe un effetto giuridico a lui favorevole (obbligo per l’ufficiale di stato civile di celebrare nel giorno indicato).

21 Nel senso di redigere, secondo quanto previsto dagli artt. 11 e 64 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396: in particolare l’atto deve indicare il luogo, l’anno, il giorno e l’ora in cui l’atto è formato, la data delle pubblicazioni, se eseguite, le dichiarazioni dei nubendi di volersi prendere rispettivamente quali marito e moglie, la dichiarazione dello stesso ufficiale che gli sposi sono uniti in matrimonio, nonché, ove esistenti, le dichiarazioni di riconoscimento dei figli naturali e l’eventuale scelta del regime della separazione dei beni.

22 Art. 107, comma 2, Codice Civile (fase della c.d. documentazione dell’atto di matrimonio).

23 Una volta chiuso l’atto con la firma dello stesso da parte dell’ufficiale di stato civile, non vi sono elementi che permettono di rilevare la violazione di tale obbligo; normalmente l’atto di matrimonio viene predisposto da personale addetto ai servizi demografici, mentre il matrimonio viene celebrato da un amministratore (sindaco, assessori, consiglieri: art. 1, comma 3, ultima proposizione D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396); poiché molti matrimoni, su “indicazione” degli sposi, vengono celebrati al di fuori dell’orario di lavoro dei dipendenti comunali incaricati di predisporre l’atto; per evitare, soprattutto nei giorni festivi, che alla celebrazione del matrimonio e per il tempo successivamente necessario per predisporre l’atto debba essere presente il dipendente a ciò incaricato, in molti Comuni è invalsa la prassi di predisporre l’atto anticipatamente e di consegnarlo all’amministratore il quale, dopo la celebrazione, dà lettura dell’atto facendolo quindi sottoscrivere agli sposi e ai testimoni sottoscrivendolo infine lui stesso.

Nel caso di atto di matrimonio predisposto prima della celebrazione, quid juris nel caso in cui, poco prima della celebrazione, si renda necessario variare alcuni dati (ad esempio l’ora di inizio della celebrazione ovvero le generalità di uno dei testimoni che pochi minuti prima dell’inizio comunica di non poter essere presente alla celebrazione)?

In siffatta evenienza, una possibilità potrebbe consistere nel considerare tali modifiche come «correzioni apportate dall’ufficiale dello stato civile in caso di errore di scrittura commesso nel corso della redazione dell’atto (prima delle sottoscrizioni)», le quali «non integrano i presupposti per la procedura di cui all’art. 98, comma 1 [D.P.R. 396/2000] e tali correzioni vengono effettuare mediante la interlineazione della parola o delle parole da sostituire e, di seguito (o in calce all’atto, con richiamo numerico, prima delle sottoscrizioni stesse), mediante la scrittura di quelle dovute, preceduta dalla dizione “si legga, invece”» [Il Regolamento dello Stato Civile: Guida all’Applicazione – Massimario per l’Ufficiale di Stato Civile – Edizione 2011, p. 158 in http://www.servizidemografici.interno.it].

E’ tuttavia evidente che questa “soluzione” rappresenta una forzatura del sistema, nel senso che si fa così figurare come “errore di scrittura” ciò che in realtà tale non è; l’ “errore”, infatti, avrebbe potuto essere evitato se, conformemente a quanto previsto dall’art. 107, comma 2 Codice Civile, la redazione dell’atto fosse avvenuta dopo la celebrazione del matrimonio.

In merito alle modalità di interlineazione, può non essere superfluo in questa sede ricordare che “nei registri ogni scritturazione è fatta a mano con carattere chiaro senza abbreviature, raschiature o parole sovrascritte ad altre, sia nella linea sia nello spazio intermedio alle linee.

Occorrendo di cancellare, variare od aggiungere una o più parole all’atto, l’ufficiale dello stato civile circonda con una linea le parole da cancellare per modo che possono in ogni tempo essere lette; nota le variazioni od aggiunte alla fine dell’atto per postilla, e dichiara il numero delle parole cancellate e delle postille fatte, prima delle sottoscrizioni dei chiarimenti e dei testimoni” (art. 25 R.D. 9 luglio 1939, n. 1238 “Ordinamento dello stato civile, tutt’ora vigente ex art. 109, comma 2 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396).

La prassi della predisposizione preventiva dell’atto di matrimonio potrebbe rivelarsi particolarmente critica nel caso in cui la celebrazione non abbia luogo; in tale evenienza, si pone evidentemente il problema di come giustificare la stampa, nei registri di stato civile, di un atto di matrimonio privo della prescritte sottoscrizioni, stampa che sarebbe dovuta avvenire subito dopo la celebrazione del matrimonio stesso. Di primo acchito, si potrebbe essere tentati di risolvere il “problema” indicando il sopravvenire, nel corso della redazione dell’atto, di una causa che ne ha impedito il compimento (art. 12, comma 4 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396); tuttavia, appare veramente difficile individuare e indicare in modo preciso (secondo la formula ministeriale n. 200) una causa plausibile – che dovrebbe evidentemente risultare essere intervenuta dopo la celebrazione – che possa giustificare il sopravvenuto impedimento al perfezionamento dell’atto, senza considerare i profili di responsabilità penale (art. 479 Cod. Pen. “Falsita ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici”), laddove dovesse emergere che l’ufficiale di stato civile ha falsamente attestato il sopravvenire di una causa impeditiva al compimento dell’atto; per uscire dall’ impasse, potrebbe a questo punto convenire riconoscere che la causa impeditiva al perfezionamento dell’atto è la mancata e imprevista celebrazione del matrimonio, ammettendo così implicitamente che l’atto è stato predisposto prima della celebrazione; in altre parole si riconosce di aver compiuto un illecito amministrativo esponendosi alla procedimento che può comportare l’irrogazione della sanzione (eventualmente estinguibile mediante pagamento in misura ridotta: cfr. sub nota n. 14) di cui agli artt. 13 e ss. Legge 24 novembre 1981, n. 689 ma, nello stesso tempo, si evita di dichiarare una falsa causa impeditiva che espone alla più grave penale responsabilità.

24 Art. 138 del Codice Civile.

25 Di solito l’ufficiale di stato civile che celebra il matrimonio non redige anche l’atto di matrimonio. Nel caso di atto di matrimonio redatto prima della celebrazione, potrebbe pertanto configurarsi una responsabilità anche a carico del “compilatore” che ha predisposto l’atto prima della celebrazione, a meno che costui non dimostri di avere semplicemente eseguito un ordine in tal senso da parte dell’ufficiale di stato civile celebrante; il concorso di responsabilità (art. 5 Legge 24 novembre 1981, n. 698) del “compilatore” presuppone che anche costui rivesta la qualifica di ufficiale di stato civile (la redazione dell’atto di matrimonio, come si dirà meglio fra poco, può essere effettuata anche da chi non riveste tale qualifica); trattasi infatti di un illecito amministrativo “proprio”, che presuppone il possesso della qualità (ufficiale di stato civile) prevista dalla norma incriminatrice.

26 Nella misura prevista dall’art. 135 del Codice Civile: da un minimo di 20 euro a un massimo di 103 euro.

27 Del resto, anche gli atti pubblici notarili possono essere predisposti da un soggetto diverso dal notaio; in tal caso, tuttavia, il notaio non può incaricare altri della lettura dell’atto ma deve provvedere a leggerlo personalmente e contemporaneamente a tutte le parti presente davanti a lui (art. 51 n. 8 Legge 16 febbraio 1913 n. 89, c.d. legge notarile).

28 L’art. 5, comma 1, D.M. Interno del 27 febbraio 2001, intitolato “Tenuta dei registri dello stato civile nella fase antecedente all’entrata in funzione degli archivi informatici”, dispone che, fino all’attivazione degli archivi predetti, continuano ad applicarsi le disposizioni “di cui al decreto del Ministro di Grazia e Giustizia 18 novembre 1967”, relativo alla “Scrittura a macchina degli atti di stato civile”, aggiungendo che le “stesse disposizioni, per quanto possibile si applicano agli atti formati mediante sistemi di scritturazione elettronica”. In particolare, l’art. 6 del richiamato D.M. 18 novembre 1967 prevede che gli ufficiali di stato civile che intendono adottare il sistema della stesura a macchina degli atti devono essere autorizzati dal Procuratore della Repubblica competente.

29 Art. 107, comma 2 Codice Civile.

30 Si intende in particolare alludere, ove presenti, ai lavoratori socialmente utili, il cui impiego non determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 8, comma 1, D. L.vo 1 dicembre 1997, n. 468; tale circostanza preclude per tabulas che gli stessi possano essere delegati a svolgere le funzioni di ufficiale di stato civile (art. 1, comma 3 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396); in subordine, fra i dipendenti comunali, potrebbe essere utilizzato il personale meno qualificato che non ha i requisiti per ricevere la delega di ufficiale di stato civile: il riferimento è, in particolare, ai dipendenti a tempo determinato (art. 1, comma 3 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396) e al personale che non ha maturato un’esperienza almeno quinquennale nelle funzioni di stato civile alla data del 1 febbraio 2001, a meno che non sia abilitato allo svolgimento delle funzioni stesse, previa frequenza e superamento dell’apposito corso organizzato periodicamente dal Ministero dell’Interno per il tramite delle Prefetture (art. 4, commi 2 e 3 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396).

31 Art. 1, comma 3 e art. 4 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396.

32 Circolare del Ministero dell’Interno, Direzione Centrale per i Servizi Demografici del 09/07/2009 n. 15.

33 Conformemente a quanto previsto dall’art. 12, comma 3, D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 che così recita: “L’atto, se compiuto alla presenza dei dichiaranti e dei testimoni […], è immediatamente sottoscritto dai medesimi e dall’ufficiale dello stato civile che ne dà previamente lettura”.

34Gli atti dello stato civile sono chiusi con la firma dell’ufficiale dello stato civile competente. Successivamente alla chiusura gli atti non possono subire variazioni” (art. 12, comma 6, D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396).

35 Art. 1, comma 3, ultima proposizione D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, il quale indica come altra funzione delegabile ai consiglieri e assessori comunali, come sopra individuati, quella del ricevimento del giuramento di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato, da prestarsi da parte dell’interessato entro sei mesi dall’avvenuta notifica del decreto di concessione della cittadinanza italiana (art. 10 Legge 5 febbraio 1992, n. 91).

36 Che, come detto, si conclude con la dichiarazione dell’ufficiale di stato civile celebrante che le parti sono unite in matrimonio.

37 Art. 93 Codice Civile.

38 Lex specialis derogat legi generali: una legge speciale deroga alla legge generale.

39L’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso [artt. 221 e ss. Cod. Proc. Civ. e art. 476 Cod. Pen.] della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti” (art. 2700 Codice Civile).

40 Il cui valore è documentare e provare l’avvenuta celebrazione, la cui forma (della celebrazione) è quella verbale.

41 Rectius: iscrizione.

Richter Paolo

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