Tenuità del fatto: non esclusa dalla continuazione dei reati

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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 29720 del 22 luglio 2024, ha chiarito che la particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen. non può essere esclusa in via automatica a causa della continuazione dei reati.

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Corte di Cassazione – Sez. III Pen. – Sent. n. 29720 del 22/07/2024

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Indice

1. I fatti

Il Tribunale di Napoli ha condannato l’imputata alla pena di giustizia in relazione ai reati contestati ai sensi degli artt. 18, 29, 37, 43 e 45 del d.lgs. n. 81 del 2008.
Avverso tale decisione è stato proposto ricorso per Cassazione con il quale si è denunciato vizio di motivazione con riferimento all’art. 131-bis cod. pen.: nello specifico si lamentava carenza motivazionale correlata al mero richiamo, da parte del Tribunale, alla pluralità delle violazioni, elemento insufficiente avendo le Sezioni Unite escluso che il riconoscimento della continuazione sia di per sé ostativo al riconoscimento della causa di non punibilità e spettando, quindi, al giudice di merito la valutazione del caso concreto.
Inoltre, si lamentava vizio di motivazione con riferimento al diniego delle attenuanti generiche: nello specifico, ad avviso della difesa, mancano elementi valutabili, dal momento che era pacificamente emerso che l’imputata aveva adempiuto a tutte le prescrizioni a lei imposte in sede di accertamento, pur non avendo poi pagato la somma determinata a titolo di sanzione amministrativa per difficoltà economiche.
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2. Continuazione di reati e tenuità del fatto: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione, nel ritenere fondato il ricorso, osserva che il primo motivo coglie nel segno quando afferma che il Tribunale, riconoscendo il vincolo della continuazione, ha escluso l’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. alla fattispecie in esame.
Infatti, le Sezioni Unite hanno chiarito, al riguardo, che “la pluralità di reati unificati nel vincolo della continuazione non è di per sé ostativa alla configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto la quale può essere riconosciuta dal giudice all’esito di una valutazione complessiva della fattispecie concreta che – salve le condizioni ostative tassativamente previste dall’art. 131-bis cod. pen. – tenga conto di una serie di indicatori rappresentati, in particolare, dalla natura e dalla gravità degli illeciti in continuazione, dalla tipologia dei beni giuridici protetti, dall’entità delle disposizioni di legge violate, dalle finalità e dalle modalità esecutive delle condotte, dalle loro motivazioni e dalle conseguenze che ne sono derivate, dal periodo di tempo e dal contesto in cui le diverse violazioni si collocano, dall’intensità del dolo e dalla rilevanza attribuibile ai comportamenti successivi ai fatti“.
La Suprema Corte sottolinea come la verifica di cui sopra, nel caso di specie, sia mancata.
Per ciò che concerne il secondo motivo (accolto anch’esso), invece, il diniego delle attenuanti generiche è stato motivato in termini estremamente laconici.
Per completezza, si riporta il principio di diritto richiamato dalla Corte secondo il quale “nelle contravvenzioni in materia di sicurezza e di igiene del lavoro, l’adempimento alle prescrizioni impartite dall’organo di vigilanza ex art. 20 d. lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, non può essere valutato ai fini della concessione dell’attenuante del c.d. ravvedimento attivo, di cui all’art. 62, n. 6 cod. pen., per difetto del requisito della spontaneità del comportamento del datore di lavoro, pur efficacemente diretto ad eliminare o attenuare le conseguenze del reato, ferma restando la possibilità di un suo apprezzamento sul piano del riconoscimento, in favore del medesimo, delle circostanze attenuanti generiche“.

3. La decisione della Cassazione

Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione ha, dunque, chiarito che non vi sono elementi ostativi per il riconoscimento della particolare tenuità del fatto, anche in presenza di continuazione di reati e che questi, in caso, devono essere accuratamente valutati dal giudice.
Gli unici elementi sono riconducibili alle cause ostative tassativamente previste dall’art. 131-bis cod. pen. per escludere la particolare tenuità dell’offesa o per qualificare il comportamento come abituale.
Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata relativamente all’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. e delle attenuanti generiche, con conseguente rinvio per nuovo giudizio su detti punti al Tribunale di Napoli Nord.

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