Termine di prescrizione per danno da vaccino

Riferimenti normativi: L. n. 210 del 1992, art 2; L. n. 362 del 14 ottobre 1999, art 3, comma 3; L. n. 695 del 30 Luglio 1959; L. 4 Febbraio, n.51, art 5.
Precedenti giurisprudenziali: Cass. n. 11339/2018; Cass. n. 25119/2017

Fatto

A seguito delle gravi lesioni riportate dal minore dopo essersi sottoposto alla vaccinazione antipolio, la madre del bambino adiva il Tribunale di primo grado per vedersi riconosciuto l’indennizzo previsto dalla L. n. 210 del 1992, ex art 2 e L. n. 362, art 3, comma 3, a decorrere dal maggio 2006, ottenendo una pronuncia ad ella favorevole.

La sentenza veniva, poi, appellata dal Ministero della Salute, ma la Corte d’Appello confermava la pronuncia del Giudice di primo grado ritenendo che sulla base degli esiti della CTU sussisteva un ragionevole collegamento tra la vaccinazione antipolio e la patologia di cui era affetto il minore.

Non soddisfatto dalla pronuncia di secondo grado, il Ministero della salute invocava il giudizio della Corte di Cassazione proponendo due motivi di ricorso. Con il primo motivo il Ministero si lamentava della valutazione fatta dalla Corte territoriale in merito alla decorrenza del termine di decadenza, facendo erroneamente decorrere quest’ultima dalla conoscenza del nesso eziologico tra la patologia e la vaccinazione – avvenuta nel 2006 -, e non dalla data di entrata in vigore della legge n. 362 del 1999. Con il secondo motivo, il Ministero lamentava – sostanzialmente – un vizio di motivazione.

La decisione del Corte di Cassazione

La Suprema Corte, dopo aver istruito la causa, al termine della sua disamina ha valutato il ricorso proposto dal Ministero della salute infondato.

Con riguardo al primo motivo di ricorso i Giudici di Cassazione hanno previamente ricordato che la legge del 1999, richiamata nei motivi di ricorso dal Ministero, estendeva l’indennizzo previsto per quei casi di menomazioni permanenti dovute a vaccinazioni obbligatorie (L. n. 210 del 1992, art 1, comma1) anche ai soggetti che si erano sottoposti a vaccinazione antipoliomelitica prima del 1992, e cioè nel periodo in cui tale vaccinazione non era considerata obbligatoria.

La legge del 1999 – ha ribadito la Corte di Cassazione – aveva stabilito per i soggetti che si erano sottoposti al vaccino antipolio, e che da questo avevano subito un danno, un termine di decadenza per la presentazione della domanda di indennizzo, che decorreva dalla entrata in vigore della legge stessa (L. n. 362 del 1999). La fissazione di un tale termine di decadenza era funzionale a stabilire un ragionevole arco temporale massimo nel quale, coloro che già avevano avuto conoscenza di un danno conseguente alla sottoposizione a vaccinazione antipolio prima dell’entrata in vigore della legge, potessero esercitare comunque il diritto ad ottenere l’indennizzo per i danni subiti a seguito di vaccinazione. In estrema sintesi, secondo la Corte di Cassazione, la legge del 1999 aveva fissato ai fini della decorrenza del termine di decadenza l’entrata in vigore della legge stessa per le situazioni già note ai danneggiati, e che erano prive di tutela prima dell’entrata in vigore della legge. Nel caso di specie, la Corte ha evidenziato che la conoscenza del danno da parte era intervenuta nel 2006, e dunque successivamente all’entrata in vigore della legge del 1999, e pertanto, come stabilito dalla legge del 1992, il termine della decorrenza decorreva dalla conoscenza del nesso eziologico tra il danno e la vaccinazione.

La Corte ha tenuto poi a ricordare i principi enunciati in una sua recente ordinanza con la quale aveva affermato che alle vaccinazioni antipoliomelite eseguite quando queste non erano rese obbligatorie, si applicano oggi, in caso di menomazione permanente dell’integrità pscico-fisica, le disposizioni contenute nella legge del 1992, e dunque il soggetto danneggiato da quella vaccinazione può esercitare il diritto a chiedere l’indennizzo previsto dalla legge del 1992, senza alcun limite temporale come, invece fissato dalla legge del 1999. Con una siffatta ordinanza la Corte di Cassazione ha, dunque, stabilito che il termine di decadenza decorre dal momento in cui, sulla base della documentazione prescritta nella norma, l’avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno, richiedendosi la consapevolezza dell’esistenza di una patologia ascrivibile causalmente alla vaccinazione dalla quale sia derivato un danno irreversibile.

In ordine al secondo motivo di reclamo, la Corte di Cassazione ha ritenuto che lo stesso si sostanziava in un vizio di motivazione, venendo contestato l’accertamento di fatto operato dalla Corte d’Appello e la motivazione addotta per la sua pronuncia. I Giudici Ermellini hanno dato atto che la Corte di Appello aveva rigettato l’impugnazione proposta dal Ministero della salute in quanto aveva ritenuto sussistente il nesso di causalità tra la vaccinazione ed il successivo manifestarsi della lesione psico-fisica, facendo applicazione del principio “del più probabile che non” enunciato dalla stessa Corte di Cassazione in tema di vaccinazione obbligatoria.

Di fatti i Giudici di secondo grado avevano concluso riconoscendo un nesso causale tra la lesione subita dal minore e la somministrazione del vaccino dopo aver escluso che esistessero altri elementi se non la somministrazione del vaccino che giustificavano la lesione psico-fisica manifestata dal minore e dopo aver accertato che il primo malore si era verificato a pochi giorni dalla prima dose del vaccino, avvalorando poi tale conclusione con il fatto che la le letteratura scientifica accettava l’esistenza di un rapporto di causa ed effetto secondo un meccanismo di reazione allergica autoimmune. Per tutto quanto detto sopra secondo i Giudici di Appello la patologia di cui era affetto il minore poteva essere ragionevolmente collegata alla somministrazione del vaccino.

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Avv. Muia’ Pier Paolo

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