Titolarità del sottotetto: appartamento ultimo piano?

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Il sottotetto può considerarsi pertinenza dell’appartamento dell’ultimo piano solo quando assolva all’esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall’umidità.
riferimenti normativi: art. 1117 c.c.
precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. II., Sentenza n. 11184 del 08/05/2017

Per approfondimenti sul tema: Parti comuni ed esclusive in condominio

Corte di Cassazione – sez. II civ.- sentenza n. 10269 del 18-04-2023

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Indice

1. La vicenda


Due condomini attraverso opere murarie cominciavano ad utilizzare una porzione rilevante del soprastante sottotetto, accessibile attraverso una botola situata nel vano scala condominiale e utilizzato dal condominio per il deposito di materiale edile e per l’impianto centralizzato TV. Atro condomino si rivolgeva al Tribunale per ottenere l’accertamento del diritto di comproprietà del vano sottotetto, nonché la condanna dei predetti condomini alla restituzione alla proprietà e all’uso comune del vano, alla rimessione pristino e al risarcimento dei danni patiti, consistiti nel mancato utilizzo del bene e nel mancato pagamento, da parte loro, dalle spese condominiali, oltre interessi legali e rivalutazione. II Tribunale prima e la Corte di Appello dopo davano ragione ai convenuti. I giudici di secondo grado evidenziavano come il sottotetto, in ragione delle sue dimensioni, delle caratteristiche strutturali, dell’assenza di finestre o affacci e della mancata dimostrazione di un diverso impiego da parte dei condomini antecedentemente all’esecuzione dei lavori, non fosse suscettibile di utilizzo come vano autonomo, siccome inadatto alla presenza di persone, e si configurasse, invece, come mero vano tecnico, con funzione di isolamento termico. Il soccombente ricorreva in cassazione facendo presente, tra l’altro, che, contrariamente a quanto scritto nella sentenza impugnata (che parlava di assenza di luci e affacci), il sottotetto non era una mera intercapedine, ma un vano dotato di un’apertura finestrata che consentiva l’accesso all’esterno della copertura per l’esecuzione dei lavori di manutenzione; inoltre notava che, in contrasto con quanto affermato dalla Corte secondo cui l’altezza era limitata, tale spazio al colmo misurava metri 2,15 e, quindi, era un ambiente sfruttabile che non poteva avere funzione di intercapedine al servizio dell’appartamento sottostante; infine sottolineava che il potenziale uso comune era confermato dall’esistenza di un accesso condominiale al sottotetto posto sopra le scale comuni.

3. La soluzione


La Cassazione ha confermato la decisione di secondo grado. Il sottotetto non è risultato uno spazio comune. Come hanno notato i giudici supremi infatti la Corte ha messo in rilievo che il vano (senza debordare) è immediatamente sovrastante l’appartamento dei controricorrenti e non è facilmente accessibile se non attraverso una botola posta sul solaio all’ingresso munita di scala retrattile in metallo; in ogni caso è risultato privo di finestre o punti luce e con un’altezza limitata e tale da impedire, anche nei punti più alti (mt. 1,80), il facile movimento a causa della presenza di travature in legno più basse. Alla luce di quanto sopra la Cassazione non ha ritenuto condivisibili le doglianze del ricorrente, il cui unico obiettivo è stato quello di ottenere una revisione delle valutazioni e del convincimento dei giudici di secondo grado, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia di fatto, certamente estranea alla natura e ai fini del giudizio di cassazione.

4. Le soluzioni conclusive


Il sottotetto, cioè quello spazio vuoto situato tra la struttura di copertura del fabbricato ed il solaio superiore dell’ultimo piano, può risultare abitabile (mansarda) o non abitabile ma utilizzabile come deposito (soffitta) o non abitabile, né utilizzabile come deposito quando consiste solo in una camera d’aria con funzione di isolamento (c.d. palco morto).
Si tratta di uno spazio che, dopo la legge di riforma, è compreso tra i beni elencati nell’art. 1117 c.c. che si presumono in proprietà comune. In ogni caso, già prima della riforma del condomino, si è precisato che per stabilire la natura comune o meno di detto spazio bisogna considerare, in primo luogo, il titolo e, soltanto in sua mancanza, la funzione in concreto impressa al bene, dovendo lo stesso essere considerato di proprietà esclusiva del titolare dell’appartamento dell’ultimo piano, quale sua pertinenza, qualora abbia la funzione di isolare e proteggere l’appartamento medesimo dal caldo, dal freddo e dall’umidità, fungendo da camera d’aria isolante, e, viceversa, di proprietà del condominio, qualora abbia  dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo (Cass. civ., sez. II, 27/03/2023, n. 8579; Cass. civ., sez. II, 30/03/2016, n. 6143) e oggettiva destinazione concreta, sia pure in via solo potenziale, all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune (Cass. civ., Sez. II, 08/05/2017, n. 11184; Cass. civ., Sez. II, 12/8/2011, n. 17249); in altre parole non una qualsiasi parte di edificio immediatamente inferiore al tetto può ritenersi un sottotetto sfruttabile ai fini abitativi, ma solo quella parte che, a seconda dell’altezza, della praticabilità del solaio, delle modalità di accesso, dell’esistenza o meno di finestre e di vani interni, integra un volume già di per sé utilizzabile, praticabile ed accessibile, quantomeno come deposito o soffitta (T.R.G.A. Trentino-A. Adige Trento, Sez. Unica, 19/01/2017, n. 20).

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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