Titoli di studio concorsi pubblici: distinzione equipollenza ed equiparabilità

Il TAR precisa come equipollenza ed equiparabilità dei titoli di studio per un concorso pubblico siano concetti distinti e non sovrapponibili.

Allegati

Il Tar Lazio, con Sentenza n. 20154/2024, Sez. III, del 12/11/2024 ha richiamato la giurisprudenza al fine di precisare come equipollenza ed equiparabilità siano concetti distinti e non sovrapponibili. In particolare, siamo nell’ambito di un pubblico concorso bandito dalla Sapienza Università di Roma (di seguito anche “Università”) con disposizione n. 4445/2023 prot. n. 114576 del 17 novembre 2023. Il ricorso è stato proposto da una candidata a seguito della ricezione di un provvedimento di esclusione dalla procedura concorsuale.

TAR Lazio -sez. III- sentenza n. 20154 del 12-11-2024

tar.pdf 3 MB

Iscriviti alla newsletter per poter scaricare gli allegati

Grazie per esserti iscritto alla newsletter. Ora puoi scaricare il tuo contenuto.

Indice

1. Il fatto: i titoli di studio per l’accesso ai concorsi


La candidata ha presentato domanda per partecipare al concorso pubblico, per esami, a “n. 1 posto di tecnico del restauro, di categoria D, posizione economica D1, dell’area tecnica, tecnico-scientifica ed elaborazione dati a tempo indeterminato, per le esigenze di Sapienza Università Di Roma e in particolare del Dipartimento di Scienze dell’antichità” (codice concorso: 1/D/TECN.RESTAURO).
La candidata, in particolare, nella domanda di partecipazione ha indicato come requisito di partecipazione il possesso della Laurea Magistrale in Scienze e Tecnologie per la Conservazione dei Beni Culturali (LM-11). Successivamente, espletate le prove concorsuali, è risultata l’unica candidata ad aver superato le stesse, conseguendo l’idoneità per l’impiego messo a concorso.
A distanza di mesi dalla conclusione della procedura la ricorrente ha ricevuto, con provvedimento n. 3340 del 1° agosto 2024, comunicazione della propria esclusione dal concorso motivata dalla carenza dei titoli di studio prescritti dall’art. 3 del bando, rubricato “Requisiti di ammissione”, ai fini della partecipazione alla procedura selettiva. Pertanto, secondo l’Università, la ricorrente non avrebbe potuto presentare domanda in quanto non in possesso dei requisiti di ammissione al concorso.
Data la situazione, la ricorrente ha formulato in merito domanda di riesame e chiarimenti, a cui l’Università ha riscontrato confermando il provvedimento di esclusione.
Successivamente, la candidata esclusa ha impugnato la menzionata disposizione lamentando che nonostante fosse in possesso di titolo di studio ammesso dal bando, lo stesso non era stato riconosciuto tale dall’Amministrazione per effetto dell’illegittima attività interpretativa ed applicativa della lex specialis posta in essere nel vagliare le domande presentate, peraltro a distanza di tempo dal pieno superamento delle prove concorsuali.
In particolare, il bando per la partecipazione alla selezione richiedeva all’art. 3, lett. a), quali requisiti di ammissione, alternativamente: i) possesso della Laurea Magistrale (conseguita ai sensi del D.M. 270/04) in classe: LM-2 Archeologia; ii) oppure possesso della Laurea Specialistica (conseguita ai sensi del D.M. 509/99) in classe: 2/S Archeologia; iii) oppure possesso di uno dei Diplomi di laurea Vecchio Ordinamento equiparati alle suddettelauree LM-2 e 2/S in:Conservazione dei beni culturali o Lettere oLingue e civiltà orientali o Storia e conservazione dei beni culturali; iv) in alternativa alle suddette lauree, possesso della laurea triennale (prevista dal D.M. 270/04) in classe L-1 Beni culturali o L-43Tecnologie per la conservazione e il restauro dei beni culturali oppure possesso dellalaurea triennale (prevista dal D.M. 509/99) in classe 13 Scienze dei beni culturali o 41Tecnologie per la conservazione e il restauro dei beni culturali,unitamente ad una esperienza lavorativa prestata con contratto di lavoro subordinatoo parasubordinato, presso Pubbliche Amministrazioni, pertinente al posto messo a concorso, didurata pari ad almeno un biennio.
La ricorrente ha dedotto, con il primo motivo di ricorso, che il titolo posseduto (LM-11 Conservazione e restauro dei beni culturali) era certamente equiparabile alla laurea vecchio ordinamento in Conservazione dei beni culturali indicata in bando (punto 3, lett. a) a fini partecipativi, in applicazione della tabella di equiparazione lauree allegata al decreto interministeriale 9 settembre 2009 di cui il bando faceva diretta applicazione.
Pertanto,anche ove non espressamente prevista dal bando, la suddetta equiparazione normativa avrebbe dovuto comunque trovare applicazione per via dell’applicazione del principio di eterointegrazione, il quale consente di colmare le lacune della lex specialis che concernono elementi obbligatori per l’ordinamento giuridico. Nel caso in esame, dunque, l’equiparazione dei titoli universitari tassativamente prevista dal citato decreto interministeriale 9 luglio 2009 è stata ingiustamente disattesa dai provvedimenti impugnati i quali, sull’erroneo presupposto della carenza di titoli in capo alla ricorrente, ne hanno illegittimamente disposto l’esclusione dalla procedura.
Con gli ulteriori motivi di ricorso l’esponente ha contestato, in caso di ritenuta conformità della propria esclusione al bando, la legittimità della clausola sui requisiti di ammissione per violazione dei principi della par condicio, della massima partecipazione e del principio meritocratico, oltre a lamentare una carenza di istruttoria e motivazione in ordine alla valutazione dei propri titoli di ammissione e, in generale, del proprio curriculum.

Potrebbero interessarti anche:

2. Le conclusioni del TAR


Il TAR Lazio, nell’accogliere il ricorso, ha evidenziato che la ricorrente era in possesso di un titolo di studio che le consentiva la partecipazione alla selezione in discorso, ovverosia la laurea magistrale LM-11 in Scienze e Tecnologie per la Conservazione dei Beni Culturali, essendo quest’ultimo titolo stato equiparato a quello in Conservazione dei beni culturali (vecchio ordinamento) dal decreto interministeriale (Ministro Università e Ricerca, di concerto con il Ministro per la P.A. e l’Innovazione) del 9 luglio 2009 ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi (v. tabella allegata al D.M. cit.).
Sicché, essendo il diploma di laurea in Conservazione dei beni culturali indicato espressamente tra i requisiti di ammissione dall’art. 3, lett. a) del bando – in quanto equiparato dallo stesso D.M. 2009 cit. alla laurea magistrale LM-2 Archeologia (DM 270/04) ed alla laurea specialistica 2/S Archeologia (DM 509/99), l’Amministrazione preposta avrebbe dovuto consentire anche la partecipazione dei titolari di lauree magistrali nuovo ordinamento ad esso equiparate (e quindi la ricorrente titolare della laurea magistrale LM-11), proprio in virtù dell’equivalenza sempre stabilita dal D.M. 2009 citato ed in logica applicazione della stessa lex specialis.
Nel caso di specie, difatti, si tratta evidentemente di riconoscere una equiparazione tra titoli accademici già operata dal dato normativo riportato e non operare secondo una logica di mera “equipollenza” tra percorsi di studi.
In materia, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare come equipollenza ed equiparabilità siano concetti distinti e non sovrapponibili. Mentre per “equipollenza” si intende la corrispondenza tra titoli accademici anteriforma (o “vecchio ordinamento”); per “equiparazionesi intende la corrispondenza di titoli accademici anteriforma con titoli post-riforma (ad es. tra laurea quinquennale e classe di laurea specialistica) e anche la corrispondenza tra titoli post-riforma (ad es. tra laurea specialistica e laurea magistrale). L’equipollenza “attiene ai rapporti tra i titoli accademici del vecchio ordinamento, al fine di valutarne la reciproca affinità contenutistica, laddove il secondo concerne il raffronto tra i diplomi di laurea (DL) secondo il vecchio ordinamento rispetto alle nuove classi delle lauree specialistiche”[1].
Orbene il bando in questione, prevedendo solo fattispecie di equivalenza e non di equipollenza tra titoli di studio, avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione a rilevare la sussistenza della equiparabilità del titolo posseduto dalla esponente alla laurea in Conservazione dei beni culturali che, come detto, consentiva l’accesso alla selezione in questione. Diversamente operando l’Università ha realizzato un’illegittima restrizione del perimetro di accesso alla selezione, a detrimento degli interessi pubblici di par condicio tra concorrenti e massima apertura competitiva ai soggetti potenzialmente più idonei a ricoprire il posto oggetto di bando.

Vuoi ricevere informazioni costanti?


Salva questa pagina nella tua Area riservata di Diritto.it e riceverai le notifiche per tutte le pubblicazioni in materia. Inoltre, con le nostre Newsletter riceverai settimanalmente tutte le novità normative e giurisprudenziali!
Iscriviti!

Iscriviti alla newsletter
Iscrizione completata

Grazie per esserti iscritto alla newsletter.

Seguici sui social


Note


[1] cfr. Cons. Stato, sent. n. 1523/2019; TAR Lazio, Sez. III, sent. n. 14047/2022.

Armando Pellegrino

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento