E’ quanto chiarito dal Consiglio di Stato, terza sezione, con sentenza n. 2654 del 4 maggio 2018, accogliendo il ricorso del Ministero dell’Interno, avverso la pronuncia del Tar Liguria concernente un diniego di permesso di soggiorno.
In particolare, lo straniero in questione aveva impugnato dinanzi al Collegio amministrativo regionale, il decreto del Questore di diniego del permesso di soggiorno per lavoro autonomo, opposto a motivo della sussistenza a suo carico di due condanne inerenti gli stupefacenti. Il Tar aveva ritenuto fondato il ricorso, sull’assunto per cui: “in presenza di legami familiari debitamente dimostrati – come nel caso de quo – l’amministrazione non avrebbe potuto esprimere un diniego senza avere preventivamente analizzato la effettività e la valenza di tali legami e valutato tale situazione subvalente rispetto alle esigenze di tutela sociale postulate dalla norma che prevede l’ostatività della condanna per una serie di reati al rilascio del permesso di soggiorno”.
Reato sintomatico di pericolosità sociale, prevalenza rispetto alla condizione familiare
Non così, invece, per il Coniglio di Stato, secondo il quale non vi è alcun dubbio che i fatti penali a carico dello straniero siano gravi, reiterati e certamente sintomatici della pericolosità sociale del reo, nonché indice di una minaccia concreta ed attuale per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato. Risultano dunque integrate tutte le condizioni per rifiutare allo straniero l’ingresso nel territorio italiano ai sensi dell’art. 4 comma 3 D.Lgs. n. 286/1998 e, conseguentemente, per denegarne la permanenza a qualsiasi titolo.
Invero – si legge nel provvedimento – l’Amministrazione avrebbe correttamente compiuto il bilanciamento, previsto ex lege, fra i reati ostativi al rinnovo del permesso di soggiorno (tra cui per l’appunto rientra il traffico di stupefacenti) e la condizione familiare del soggetto agente, pervenendo tuttavia alla logica conclusione della prevalenza dei reati commessi sulla condizione familiare dello straniero, avuto riguardo alla gravità e alla contiguità temporale, rispetto alla domanda di rinnovo, dei fatti commessi dallo stesso, nonché alla loro reiterazione.
D’altra parte, chiarisce il Consiglio di Stato, la formazione di una famiglia nel territorio italiano (come nel caso di specie) non può costituire scudo o garanzia assoluta di immunità dal rischio di revoca o diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, ossia il titolo in base al quale lo straniero può trattenersi nel nostro Paese.
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