Le ipotesi di reato nei confronti del direttore di servizio e del capo operativo di Stresa sono omicidio colposo aggravato e di imozione o omissione dolosa di cautele contro infortuni del lavoro.
«In modo particolare dalle fotografie all’impianto – ha detto la procuratrice Olimpia Bossi – abbiamo visto come il sistema di emergenza dei freni sembrava manomesso, nel senso che era stato apposto il “forchettone” che bloccava i freni. Dagli accertamenti questo è stato motivato dall’esigenza di evitare continui disservizi e blocchi della funivia. Il sistema evidentemente aveva delle anomalie e avrebbe richiesto un intervento più sostanzioso che avrebbe tenuto fermo l’impianto». E qui il procuratore spiega il perché degli arresti. «Per ovviare a questo problema, gli operatori con quello che noi riteniamo il concorso, l’avvallo e l’assoluta consapevolezza del gestore e del responsabile dell’impianto non ha rimosso questa forchetta. E così, quando il cavo si è spezzato il freno di emergenza non è entrato in funzione».
Si parla anche di un’ipotesi di reato di “rimozione o omissione dolosa di cautele contro infortuni del lavoro”, aggravata dal disastro da cui è derivata la morte di molte persone.
Vediamo ora le singoli fattispecie di reato.
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Il reato di rimozione dolosa di cautele
L’ipotesi di reato a fondamento del fermo di Nerini, Tadini e Perrocchio è prevista dall’art. 437 del codice penale. Si tratta di un reato di pericolo presunto, dove il bene giuridico tutelato è costituito dalla incolumità pubblica messa a repentaglio dalla mancata collocazione o dalla rimozione di impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire gli infortuni sul lavoro.
La condotta può essere costituita alternativamente da un’azione o da un’omissione. L’omissione di collocare dispositivi di cautela implica l’accertamento di un obbligo giuridico di porre la cosa in condizioni da poter svolgere la propria funzione di cautela.
L’azione invece può consistere nella rimozione ma anche nel danneggiamento delle cose destinate alla cautela dagli infortuni. Come già in passato chiarito dalla giurisprudenza, il reato è integrato non solo nel caso di “materiale stabile o definitiva ablazione degli impianti”, ma anche dalla “elusione, attuale o potenziale, della loro funzione pratica, mediante la predisposizione di congegni idonei a consentire all’operatore di paralizzarne l’efficacia” (Cass. 9967/1994) così come da “ogni attività che ne frustri il funzionamento in relazione alla finalità antinfortunistica” (Cass. 2181/1994)
Caso del tutto simile a quello del dispositivo “forchetta” che ha impedito al freno di funzionare. Gabriele Tadini, capo servizio della funivia del Mottarone, “ha ammesso di avere deliberatamente e ripetutamente inserito i dispositivi blocca freni (forchettoni), disattivando il sistema frenante di emergenza”, e come si legge nel decreto di fermo “”I fatti contestati sono di straordinaria gravità in ragione della deliberata volontà di eludere gli indispensabili sistemi di sicurezza dell’impianto di trasporto per ragione di carattere economico e in assoluto spregio delle più basilari regole di sicurezza finalizzate alla tutela dell’incolumità e della vita”.
Nel concetto di danneggiamento viene fatta rientrare comunque anche l’omissione di provvedere alla manutenzione degli impianti. La configurabilità del reato è legata all’esistenza di un contesto imprenditoriale in cui la mancanza o l’inefficienza dei presidi di cautela abbia l’attitudine a pregiudicare l’integrità fisica delle persone.
L’aggravante del verificarsi di un disastro
Il reato è poi aggravato dal verificarsi di un infortunio sul lavoro o di un disastro. Per disastro deve intendersi un evento distruttivo di proporzioni straordinarie con messa in pericolo della vita o dell’incolumità di un numero indeterminato di persone (Cass. 21573/2014).
Nel caso di fattispecie aggravata, (quale è quella ipotizzata in queste ore nel caso di Stresa), la prova del dolo investe soltanto la condotta di rimozione od omissione di cautele e non anche il disastro colposo. La pena prevista per la fattispecie aggravata è la reclusione da tre a dieci anni.
Omicidio colposo
L’omicidio colposo è disciplinato all’articolo 589 del codice penale, punendo con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque cagiona per colpa la morte di una persona.
In presenza di simili circostanze, l’elemento soggettivo richiesto per la configurazione del reato è la colpa.
Questo significa che l’evento morte non è cagionato in modo volontario ma con negligenza, imprudenza e imperizia o per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.
Lo stesso articolo 589 contempla alcune ipotesi nelle quali il reato è aggravato.
Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro si applica la pena della reclusione da due a sette anni.
Se il fatto è commesso con violazione delle norme relative alla circolazione stradale da un soggetto in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, la pena è la reclusione da tre a dieci anni.
Se si dovesse verificare la morte di più persone e lesioni di una o più persone, la pena è quella che si dovrebbe infliggere per la più grave delle violazioni commesse aumentata sino al triplo, ma sino al massimo quindici anni di reclusione.
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