Trascrizione dell’accordo amichevole

Il decreto del Tribunale di Roma n. 7948 del 17 novembre 2015 ha formulato delle considerazioni di carattere generale relativamente alla natura del contratto di Mediazione. Il Giudice capitolino ha effettuato dette valutazioni in riferimento ad un reclamo proposto da un Notaio avverso la decisione assunta dal Conservatore del Registro Immobiliare di trascrivere, ma solo con riserva ex art. 2674 bis c.c., un atto di divisione immobiliare autenticato da un Pubblico Ufficiale stipulato tra i contraenti in sede di Mediazione. Il Conservatore constatava, a giustificazione della riserva di cui sopra, che l’accordo amichevole non fosse individuabile tra gli atti negoziali suscettibili di trascrizione. Questi, riteneva, infatti, che l’accordo effettuato in sede di Mediazione, ancorchè funzionale alla divisione del patrimonio immobiliare in forma transattiva, non potesse ricondursi alla fattispecie transattiva ex art. 2643, n. 13. c.c. o alla categoria degli atti divisori ex art. 2643 c.c., in quanto derivante da un particolare processo generativo. Il ricorrente lamentava l’illegittimità della riserva in questione e contestava il ragionamento del Conservatore sotteso a detto diniego, richiamando l’art. 11, comma 3 del d.lgs. 28/2010.

Detta previsione normativa, infatti, depone a favore della trascrivibilità di tutti gli accordi amichevoli, purchè ascrivibili ad uno degli atti menzionati dall’art. 2643 c.c., a condizione che la sottoscrizione del processo verbale sia accompagnata dall’autenticazione di un Pubblico Ufficiale a ciò autorizzato. La previsione legislativa in questione è coerente con la ratio sottesa all’istituto della Mediazione, la quale si propone di promuovere la composizione extragiudiziale delle controversie e di conseguire obiettivi identici o affini a quelli ottenibili mediante l’esito del percorso processuale. Il ricorrente aggiungeva, altresì, che la tesi sostenuta dal Conservatore non fosse condivisibile, atteso che si finirebbe per ritenere che, in materia di divisione immobiliare, il procedimento di mediazione, pur obbligatorio, non potrebbe esitare in un accordo amichevole opponibile ai terzi.

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La trascrivibilità degli accordi amichevoli

Il Collegio romano ha condiviso le considerazioni effettuate dal reclamante ed ha gettato le basi per la trascrivibilità di tutti gli accordi amichevoli aventi ad oggetto atti o negozi giuridici suscettibili di trascrizione ai sensi del codice civile o da leggi speciali ad esso connesse. Ulteriore interesse desta la trascrizione dell’accordo di Mediazione avente ad oggetto l’usucapione. L’usucapione è “una modalità di acquisto a titolo originario il cui ingresso, nel sistema della pubblicità immobiliare, richiedeva una pronunzia giudiziaria la cui trascrizione, regolata dall’art. 2651 c.c., aveva valore di pubblicità notizia”. Detto istituto giuridico costituiva, in considerazione di quanto detto, un effetto legale e non poteva per definizione essere ricollegato ad una volontà negoziale.

La previsione dell’accertamento dell’usucapione, quale materia obbligatoriamente assoggettata al procedimento di mediazione, diede originariamente adito ad una querelle dottrinaria e giurisprudenziale circa la possibilità di addivenire alla trascrizione dell’accordo raggiunto in tale contesto.

La Dottrina e la Giurisprudenza di merito manifestarono fin da subito la loro contrarietà all’ammissibilità della trascrizione dell’accordo di Mediazione avente ad oggetto l’usucapione. Il Tribunale di Roma, sul punto, evidenziò con decreto del 22 luglio 2011 che il verbale di conciliazione avente ad oggetto l’accertamento dell’acquisto del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento per intervenuta usucapione “non fosse titolo idoneo alla trascrizione nei Registri Immobiliari” in quanto negozio non riconducibile a nessuna delle ipotesi tassativamente previste dall’art. 2643 c.c.. L’accordo in questione, alla luce di dette considerazioni, non poteva ricondursi, pertanto, ad un accordo transattivo ovvero ad un negozio modificativo, costitutivo o estintivo di un diritto, bensì ad un mero negozio di accertamento. Detta conclusione era supportata, altresì, dall’utilizzo improprio che dell’accordo di Mediazione le parti avrebbero potuto fare, minando la funzione di certezza dei rapporti giuridici garantiti da una corretta pubblicità immobiliare.

Contrariamente a quanto detto, il Tribunale di Palermo (Sez. Distaccata di Bagheria, ordinanza del 30 dicembre 2011) e il Tribunale di Como (Sez. Distaccata di Cantù, ordinanza del 2 febbraio 2012) hanno sostenuto che l’accordo conciliativo in materia di usucapione sarebbe stato trascrivibile non per il suo contenuto accertativo ma per il suo contenuto dispositivo – transattivo che dava giustificazione e causa all’accordo conciliativo. Utile, al fine di dirimere detti contrasti giurisprudenziali, è stato l’ampliamento degli atti soggetti a trascrizione e, nel caso di specie, l’introduzione del nuovo numero 12 bis all’art. 2643 c.c.. Quest’ultimo prevede, infatti, che “si debbano rendere pubblici con il mezzo della trascrizione” anche “gli accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un Pubblico Ufficiale a ciò autorizzato”. La collocazione della nuova norma all’interno dell’art. 2643 c.c., tra gli acquisti a titolo derivativo e non quale disposizione integrativa dell’art. 2651 c.c. che disciplina gli effetti della trascrizione della sentenza di usucapione, (quindi acquisto a titolo originario), ha sollecitato gli interpreti ad interrogarsi sulla esatta qualificazione dell’usucapione non “giudizialmente dichiarata”. Ci si chiedeva, infatti, se fosse da considerarsi un acquisto a titolo originario, derivativo ovvero un tertium genus. Sul punto, la dottrina sostiene che risultando trascrivibile l’accordo raggiunto in sede di Conciliazione ai sensi dell’art. 2643 c.c. e non dell’art. 2651 c.c., potrebbe ipotizzarsi la nascita di un tertium genus.

Maria Aloris Pilato

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