Trasparenza: da misura di prevenzione della corruzione a modello di partecipazione del cittadino alla P.A.

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Approfondimento sulla trasparenza come misura di prevenzione della corruzione e nuovo modello di partecipazione del cittadino alla Pubblica Amministrazione.

Indice

1. Introduzione

Il dilagare negli ultimi anni dei fenomeni di “corruttela” all’interno della pubblica amministrazione ha portato il legislatore ad affrontare il tema della corruzione sotto un nuovo e duplice profilo; da un lato attraverso una lettura degli strumenti volti a contrastare i fenomeni di corruzione in chiave preventiva e, dall’altro, attraverso l’introduzione di nuove e più stringenti misure di trasparenza.
La legge n. 190/2012, rubricata “Disposizioni per la prevenzione  e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” c.d. anche “Legge Severino”, approvata in ossequio a precisi obblighi internazionali, appare particolarmente importante perché oltre ad introdurre nuove fattispecie di reato all’interno del codice penale e ad inasprire le pene previste per gli autori dei delitti contro la pubblica amministrazione, agisce sotto il profilo della prevenzione del fenomeno di corruzione sul versante amministrativo attraverso la previsione di strumenti che mirano a ridurre la probabilità del verificarsi di fatti di corruzione [1].
L’intera riforma della materia operata dalla L. n. 190/2012, infatti, è basata sul c.d. “risk-basedapproach”ovvero su un approccio basato sul rischio che miri a privilegiare la dimensione della prevenzione del fenomeno di stampo corruttivo e, di ancorare, la repressione a quelle ipotesi di manifestazione del fenomeno corruttivo nella sua interezza attraverso l’applicazione di sanzioni penali e disciplinari all’uopo predisposti dal legislatore.
Il concetto di corruzione preso in considerazione dalla nuova normativa è inteso in senso lato ed è comprensivo di tutte quelle situazioni in cui, nel corso dell’attività amministrativa, si possa riscontrare l’abuso, da parte di un soggetto, del potere a lui affidato, al fine di ottenere vantaggi privati o personalistici [2]. Esso è comprensivo di tutte quei casi che sono stati definiti dal legislatore di c.d. maladministration, ovvero di cattivo esercizio del potere pubblico,in cui si verifica la devianza rispetto all’interesse pubblico primario a scapito dell’interesse della collettività.
Orbene, nella nuova dimensione tracciata dal legislatore del 2012 secondo la quale “prevenire è meglio che curare” assumono rilevanza strumenti quali il piano triennale della prevenzione della corruzione, il piano triennale della trasparenza nonché l’obbligatoria individuazione di figure quali il Responsabile della prevenzione della corruzione (RPC) e il Responsabile della trasparenza (RT), oggi unificate in una sola figura (RPCT).

2. Le difficoltà legate all’inquadramento dei delitti di corruzione

I delitti di corruzione, com’è noto, rientrano nell’ambito della disciplina dei delitti contro la Pubblica Amministrazione [3].
Nonostante i plurimi interventi riformatori che si sono susseguiti nel corso degli ultimi vent’anni per cercare di allineare la disciplina dei delitti contro la pubblica amministrazione alle mutate esigenze sociali, alla nuova complessità dell’organizzazione amministrativa ed al progressivo bisogno di tutela anche rispetto a beni giuridici di rilievo sovranazionale, quest’ultima, continua a risultare incapace di fronteggiare adeguatamente il fenomeno della corruzione, il quale rappresenta uno dei maggiori fattori di coesione dello Stato sociale di diritto.
L’incapacità della risposta punitiva di arginare i fenomeni di corruzione nasce sia dal fatto che non esiste una definizione di corruzione unica ed universalmente accettata, sia dalla circostanza che esistono diverse forme di corruzione che rendono difficile l’individuazione e l’accertamento dei comportamenti corruttivi di rilievo penale.
Sotto il profilo normativo, per esempio, uno dei problemi maggiormente ricorrenti nasce dalla difficoltà di individuare una definizione giuridica stricto sensu che possa essere condivisa unanimemente dagli interpreti del diritto [4] e dalla giurisprudenza [5].
Al riguardo la dottrina osserva come i reati previsti dagli artt. 318 e ss. del codice penale sono caratterizzati dall’ incontro di due manifestazioni di volontà, quella del soggetto qualificato (il pubblico ufficiale c.d. “intraneus”) e quella del privato (c.d. “extraneus”). L’incontro tra le due volontà realizza il c.d. pactum sceleris ovvero l’accordo sinallagmatico tra corrotto e corruttore in forza del quale il corruttore “compra” l’atto del pubblico ufficiale attraverso la promessa di un indebito compenso per sè o per altri, così che lo scambio di un “bene” – il favore – contro il pagamento di un prezzo diventano gli elementi essenziali attraverso cui si realizza la fattispecie di corruzione [6]. La corruzione, quindi, configura una tipica ipotesi di reato – contratto: il legislatore incrimina, cioè, la stipulazione di un contratto a prestazioni corrispettive tra corrotto e corruttore, che presenta in sé profili di marcata illiceità per ciò che attiene all’oggetto, stante il principio generale di incommerciabilità delle funzioni pubbliche. Ad essere stigmatizzata, in altri termini, non è la fase di formazione della volontà delle parti, che non appare in alcun modo viziata, bensì la stipulazione del contratto illecito in quanto tale. Si è, dunque, in presenza di un accordo criminale che le parti pongono in essere in una posizione di assoluta parità, e attraverso il quale entrambe mirano ad acquisire un vantaggio alla propria sfera giuridica [7].
Quanto al bene giuridico tutelato dalla norma di cui all’art. 318 c.p. parte della dottrina ritieneche tale disposizione condivida la tutela dell’interesse generale al corretto funzionamento e al prestigio della pubblica amministrazione, con particolare riferimento alla probità ed alla legittimità dell’agire dei pubblici poteri [8].
Si è anche affermato che con la previsione dei delitti di corruzione il legislatore abbia inteso proteggere l’interesse dell’amministrazione alla fedeltà e all’onestà dei suoi funzionari, poiché le indebite retribuzioni percepite o delle quali è accettata la promessa diffondono tra i cittadini la sfiducia nei pubblici poteri [9].
Secondo altro orientamento il bene giuridico protetto dalla norma sarebbe in ogni caso l’imparzialità della pubblica amministrazione, ineluttabilmente lesa quando un pubblico funzionario agisce per una privata finalità. Parimenti, la giurisprudenza sembra ricondurre anch’essa l’oggetto giuridico dei delitti di corruzione all’imparzialità della pubblica amministrazione [10].
Le difficoltà legate all’inquadramento della fattispecie di corruzione nascono anche dalla circostanza che il delitto in questione non sempre si caratterizza per il compimento di un comportamento antigiuridico ma sempre più spesso può sfociare nell’ottenimento di un beneficio anche di natura non economica.  Diversi sono infatti i modi attraverso cui la corruzione si manifesta e che fanno di essa un fenomeno difficilmente controllabile.
Proseguendo con la disamina delle principali misure anticorruzione introdotte dalla legge 190/2012 particolare rilevanza assume il Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione, successivamente divenuto con il D.Lgs. 33/2013 Piano Triennale della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (PTPCT), nel senso che di quest’ultimo, il Piano Triennale della Trasparenza, costituisce un’appendice [11].
Il Piano Triennale della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza costituisce il principale strumento di prevenzione della corruzione che ogni pubblica amministrazione deve adottare al fine di conformarsi alle prescrizioni normative della succitata legge.Esso viene adottato dall’organo di indirizzo politico su proposta del Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza. Ha una validità triennale e deve essere modificato ogniqualvolta all’interno dell’Azienda adottante siano accertatesignificative violazioni delle prescrizioni in esso contenute o quando intervengano modifiche nell’assetto organizzativo aziendale.
In tale senso il Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza svolge un ruolo di ausilio nei confronti dell’organo di indirizzo politico al quale propone le modifiche al Piano chedevono essere effettuate entro il 31 gennaio di ogni anno.
Il RPCT è individuato dall’organo di indirizzo politico, di norma, tra i dirigenti amministrativi in servizio di prima fascia. Quest’ultimo è il principale interlocutore dei rapporti con l’Anac dinnanzi al quale è chiamato a rispondere sulla corretta attuazione delle misure di prevenzione previste dalla legge in argomento. Svolge attività di controllo sull’adempimento degli obblighi di pubblicazione di cui al D.Lgs. 33/2013, come modificato dal D.Lgs. 97/2016, segnala i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di pubblicazione all’organo di indirizzo politico, all’Organismo Indipendente di Valutazione (OIV), all’Autorità Nazionale Anticorruzione e, nei casi più gravi, al consiglio di disciplina.
Ancora, redige la relazione annuale recante i risultati dell’attività svolta tra cui il rendiconto sulle misure di prevenzione definite nel piano triennale. Non da ultimo, controlla e assicura attraverso il supporto dei vari dirigenti responsabili delle strutture preposte il rispetto e l’attuazione delle misure di contrasto alla corruzione previste dal Piano.Questi ultimi, infatti, partecipano insieme al RPCT al processo di gestione del rischio, propongono le misure di prevenzione,assicurano l’osservanza dei codici di comportamento e osservano essi stessi le misure contenute nel PTPCT [12]. Al fine di predisporre misure di prevenzione efficaci, il RPCT, deve effettuare la mappatura delle aree cc.dd. “sensibili” ovvero quelle a più alto rischio di corruzione e, solo dopo avere mappato le aree di reato e avere classificato il rischio che, pertanto, sarà definito come basso, medio e/o alto, potrà conseguentemente elaborare procedure che mirino al rispetto delle misure di prevenzione a tal uopo individuate [13].
Tra le misure di prevenzione della corruzione più importanti da attuare si annoverano la formazione dei dipendenti che operano nelle aree più esposte a rischio di corruzione al fine di sensibilizzarli al rispetto delle misure previste nel piano, il pantouflage e, tra tutte, la più importante riguarda la rotazione dei dipendenti, soprattutto di quelli che operano nei settori in cui più frequentemente si verificano fatti di corruzione. Si pensi, per esempio, ai funzionari preposti agli uffici che rilascino pareri e autorizzazioni, agli appalti di opere, forniture e servizi e relative procedure di gara, procedure concorsuali, concessioni ed erogazioni di benefici economici, procedure inerenti larealizzazione di opere pubbliche.

3. Diritto di accesso e trasparenza

Con l’entrata in vigore del d.lgs. 33/2013, come modificato dal d.lgs. 97/2016 [14], le misure di prevenzione della corruzione sono state intensificate attraverso l’introduzione di precisi obblighi di pubblicazione in capo alle pubbliche amministrazioni destinatarie dei precetti normativi in esso contenute [15].
Il Legislatore, infatti, attraverso gli obblighi di pubblicazione ha inteso rafforzare quel concetto di trasparenza amministrativa che, antesignana degli insegnamenti della legge 241/1990 [16], nota come legge sul procedimento amministrativo, ha inteso la trasparenza come “L’accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche” (art. 1, comma 1, d.lgs. 33/2013).
In altre parole “Tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione ai sensi della normativa vigente sono liberi e chiunque ha diritto di conoscerli e di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’art. 7” (art. 3, comma 1, d.lgs. 33/2013).
L’accessibilità totale delle informazioni in possesso della pubblica amministrazione si realizza attraverso il ricorso all’istituto dell’accesso civico che, a differenza dell’acceso agli atti normato dalla legge sul procedimento amministrativo, consente a chiunque, a prescindere dalla circostanza che vanti una legittimazione alla conoscenza di informazioni che lo riguardano, di venire a conoscenza delle informazioni della pubblica amministrazione [17].
Sul punto, l’accesso civico si differenzia dall’accesso agli atti. Quest’ultimo, infatti, è garantito soltanto a coloro i quali siano portatori di un interesse concreto, diretto,attuale e collegato alla situazione giuridica che, appunto, attraverso l’accesso si intende tutelare. Ovviamente l’accesso civico non riguarda tutti i dati in possesso dell’amministrazione ma solo quelli che, ai sensi del d.lgs. 33/2013, sono oggetto di pubblicazione [18].
Un ruolo fondamentale nel rispetto degli obblighi di pubblicazione è assicurato dal Responsabile per la trasparenza (RT) che, insieme al RPCT (quando non riunite in un unico ruolo), svolge un ruolo fondamentale nell’attuazione delle misure di prevenzione della corruzione. La corruzione, infatti, si combatte non solo attraverso la predisposizione di misure anticorruzione ma anche e soprattutto attraverso l’adozione di misure di trasparenza [19].
Nella visione tracciata dal D.Lgs. 33/2013 si colloca la metafora plastica della pubblica amministrazione comecasa di vetro all’interno della quale a farle da padrona è la necessità di riequilibrare il rapporto sproporzionato tra governati e governanti per troppo tempo sbilanciato a favore di un’amministrazione sempre più segreta.
La trasparenza amministrativa consente, quindi, di effettuare un controllo diffuso sulla rispondenza dell’attività amministrativa agli interessi pubblici e ai canoni normativi. La previsione di tale principio, nell’ambito della legge 241/1990, segna quindi una rottura rispetto al passato, in quanto contrappone alla segretezza dell’attività amministrativa la necessità di rendere la P.A. una casa trasparente [20].
All’evidenza, la trasparenza è uno degli antidoti per contrastare la corruzione e l’illegalità nella pubblica amministrazione, tuttavia, ad oggi la disciplina introdotta prima dalla legge 190/2012 e poidal d.lgs. 33/2013 non è stata in grado di trovare una efficace applicazione.
Le principali difficoltà applicative nascono dalla circostanza che la massimizzazione degli obblighi di pubblicazione e l’estensione del relativo ambito soggettivo di pubblicazione hanno determinato un’eccessiva burocratizzazione della trasparenza, favorendo paradossalmente fenomeni di opacità allontanando – di fatto – il cittadino dalla partecipazione alla gestione della res pubblica.
Sotto tale punto di vista la trasparenza non deve risolversi in unameramisura di prevenzione della corruzione ma può rappresentare ancheun importante strumento primario di riavvicinamento del cittadino alla pubblica amministrazione destinata ad assumere sempre più i contorni di una “casa di vetro”, nell’ambito di una visione più ampia dei diritti fondamentali sanciti dall’art. 2 della Costituzione che non può prescindere dalla partecipazione ai poteri pubblici [21].
Pertanto, la finalità sottesa al d.lgs. 33/2013 non può esaurirsi in un solo strumento di prevenzione della corruzione o di mero controllo dell’agire amministrativo ma deve essere fonte di legittimazione e di responsabilizzazione dell’operato dei pubblici uffici e, al contempo, favorire una maggiore partecipazione dei cittadini all’operato pubblico. Se così intesa, allora, la trasparenza, oltre a costituire fondamentale misura anticorruzione può diventare imprescindibile strumento attraverso il quale realizzare un’azione amministrativa più democratica [22].

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Note

  1. [1]

    Legge 6 novembre, 2012, n. 190, “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, in Gazzetta Ufficiale del 13 novembre 2012, n. 265.

  2. [2]

    Stortoni Luigi, L’abuso di potere nel diritto penale, Milano, Giuffrè, 1977.

  3. [3]

    A.Segreto – G.De Luca, I delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, Milano, Giuffrè,1995

  4. [4]

    F. Antolisei, Manuale di diritto penale, Milano Giuffrè, 2003.

  5. [5]

    Cass. pen., VI, 26 aprile 1984; Cass. pen, sez. VI, 19 gennaio 1983. Ambrosio.

  6. [6]

    G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale parte generale, Zanichelli, 2023.

  7. [7]

    L. Delpino, Diritto penale. Parte speciale. Napoli, Edizioni Giuridiche Simone, 2011.

  8. [8]

    G. Fiandaca – E. Musco, cit. pg. 3

  9. [9]

    S. Vinciguerra, I delitti contro la pubblica amministrazione, Cedam, 2008.

  10. [10]

    Cass. pen., sez. I, 4 febbraio 2004, n. 4177.

  11. [11]

    Legge 6 novembre, 2012, n. 190, “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, in Gazzetta Ufficiale del 13 novembre 2012, n. 265.

  12. [12]

    G. S. Alemanno, Trasparenza, prevenzione della corruzione e codice di comportamento. Piano triennale di prevenzione e programma per la trasparenza e l’integrità, CEL Editrice, 2013.

  13. [13]

    B. G. Mattarella, La Legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione, Giappichelli, Torino, 2013.

  14. [14]

    D.Lgs. 25 maggio 2016, n. 97, Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2913, n. 33, ai sensi dell’art. 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche

  15. [15]

    D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33, Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, in Gazzetta ufficiale del 5 aprile 2013, n. 80.

  16. [16]

    Legge 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi, in Gazzetta Ufficiale, n. 192 del 18 agosto 1990.

  17. [17]

    D.U. Galetta, Accesso civico e trasparenza della pubblica amministrazione alla luce delle (previste) modifiche alle disposizioni del decreto legislativo n. 33/2013

  18. [18]

    G. F. Fidone – R. Giammaresi – S. Brighina, Accesso documentale, accesso civico semplice e accesso civico generalizzato, Diritto Futuro, 2023.

  19. [19]

    C. Contessa – A. Ubaldi, Manuale dell’anticorruzione e della trasparenza. Il commento alle norme nazionali e sovranazionali sulla prevenzione della corruzione e sulla trasparenza amministrativa, La Tribuna, 2021.

  20. [20]

    A. Iannuzzi, La Trasparenza amministrativa: dall’accesso generale agli accessi civici fino all’accesso speciale nelle procedure contrattuali, Dike, 2021.

  21. [21]

    B. Carapella, Oltre la casa di vetro. Dal performance management alla democrazia del dare conto, Franco Angeli, 2019.

  22. [22]

    S. Sergio, L’azione amministrativa: partecipazione, trasparenza e accesso, Cacucci Editore, Bari, 2019.

Valentina Di Gregorio

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