Trenitalia condannata per danno esistenziale per ritardo di 23 ore

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La Corte di Cassazione con ordinanza di rigetto n. 28244 depositata in data 9 ottobre 2023, ha respinto il ricorso di Trenitalia contro la sentenza del Tribunale di Cassino.

Per approfondimenti si consiglia: Valutazione e liquidazione del danno non patrimoniale

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Corte di Cassazione – Sez. III Civ. – Ordinanza n. 28244 del 09/10/2023

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1. I fatti

Trenitalia S.p.a. è stata convenuta in giudizio dinanzi al Giudice di pace di Cassino per l’accertamento dell’inadempimento della medesima nella gestione del trasporto ferroviario passeggeri in relazione al disservizio occorso in occasione del viaggio effettuato da un treno regionale con conseguente condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti. Nello specifico, a seguito di una forte nevicata a Roma e nel basso Lazio, un treno pendolari rimase isolato nella neve per quasi 24 ore senza alcun tipo di assistenza ai passeggeri.
Il Giudice di pace accolse la domanda e condannò la società al pagamento della somma di cinque euro e venticinque centesimi a titolo di indennizzo da ritardo, e della somma di euro quattrocento relativamente a titolo di risarcimento del danno esistenziale.
Avverso tale pronuncia, Trenitalia propose appello al Tribunale di Cassino deducendo l’incompetenza del Giudice di pace e l’insussistenza del liquidato danno esistenziale, ma l’impugnazione venne respinta.
Nuovamente, avverso tale pronuncia, la società ferroviaria propose ricorso per Cassazione.

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2. L’analisi della Cassazione sulla condotta di Trenitalia

La Corte di Cassazione, nell’analizzare i motivi di ricorso di Trenitalia, ha osservato che “il Tribunale, anche richiamando la motivazione del giudice di prime cure là dove ha constatato l’oggettività del ritardo di quasi ventiquattro ore e l’omissione di ogni adeguata assistenza, ha aggiunto che i bollettini metereologici risultavano aver chiarito in misura sufficiente – al di là quindi delle pur possibili evoluzioni ulteriormente peggiorative – a dover indurre l’esercente il servizio di trasporto ferroviario, cui quello si era impegnato contrattualmente, a predisporre, con precauzionale diligenza, misure organizzative di assistenza, indipendentemente, cioè, dalla possibilità di porle in essere, in forma ridotta, una volta concretizzata la situazione di emergenza” e ciò (aggiunge la Suprema Corte) “pur non potendo cancellare la tratta di quel giorno“.
La Corte continua la propria analisi chiarendo che “la tutela riparatoria del danno non patrimoniale, estesa a situazioni giuridiche soggettive di rango costituzionale lese senza condotte integranti reato, può nel caso essere avallata proprio perché ciò che sostanzialmente era stato allegato risponde alla tutela della libertà di autodeterminazione e di movimento che trova riconoscimento nella superiore normativa della Carta costituzionale“. Ad avviso dei giudici di Piazza Cavour, “il Tribunale, richiamando l’accertamento del giudice di prime cure, ha evidentemente quanto ragionevolmente ritenuto il travagliato viaggio di quasi ventiquattro ore continuative in defatiganti condizioni di carenza di cibo, necessario riscaldamento e possibilità di riposare, un’offesa effettivamente seria e grave all’individuabile e sopra rimarcato interesse protetto, tale da non tradursi in meri e frammentati disagi, fastidi, disappunti, ansie o altro tipo di generica insoddisfazione“.
In più, tra i motivi di ricorso di Trenitalia, si rinviene un “concorso colposo del creditore” (passeggero, ndr) per essersi messo in viaggio nonostante le condizioni meteo, prontamente rigettato dalla Suprema Corte. Secondo ques’ultima, infatti, “la condotta che la creditrice della prestazione l’odierna ricorrente sostiene avrebbe dovuto nella specie mantenere, e cioè astenersi dal mettersi in viaggio, era in ogni caso inesigibile, in quanto le informazioni fornitele non erano tali da far prevedere che il tragitto non si sarebbe concluso in tempi ragionevoli, e di per sé incongruente, in quanto la passeggera si sarebbe trovata nella necessità di fare fronte al reperimento di un luogo ove soggiornare” nel corso del tragitto, esclusivamente a sue spese.

3. La decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso di Trenitalia, sottolinea come “l’inammissibilità e la infondatezza delle censure proposte dimostra l’evidente pretestuosità del ricorso, anche a fronte del precedente specifico di questa Corte, reso in controversia pressoché identica, con conseguente sussistenza dei presupposti processuali per la condanna ai sensi dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ.“.
La Corte, dunque, ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, oltre alle spese forfettarie e al pagamento di euro 1.000 ai sensi dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ., in favore della controricorrente.

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Riccardo Polito

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