L’art. 2 del decreto legge n. 24 gennaio 2012, n. 1, sostituito dalla legge di conversione 24 marzo 2012, n. 27 ,ha introdotto nel nostro sistema giudiziario sezioni specializzate in materia di impresa presso i tribunali e le corti d’appello.
Tale disciplina presenta aspetti problematici, tra cui l’individuazione della competenza di tali sezioni, in ipotesi di procedimenti connessi. In particolare, l’art. 3, comma 3 del D. Lgs. 168 del 2003, come modificato dalla L. n. 27 del 2012, dispone che “Le sezioni specializzate sono altresì competenti per le cause e i procedimenti che presentano ragioni di connessione con quelli di cui ai commi 1 e 2.”
A causa della mancata specificazione del legislatore, si pone il problema di stabilire quale tipologia di connessione tra domande, sia da considerare rilevante, ai fini dell’attribuzione alla competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa.
Difatti, ove non si sopperisca a livello ermeneutico a questa scarsa precisione terminologica della norma, quest’ultima rischierebbe di divenire un’inutile duplicazione delle norme contenute nel codice di procedura civile, che, in generale, autorizzano modifiche alla competenza giurisdizionale per ragioni di connessione fra processi o procedimenti.
La dottrina e la giurisprudenza si sono dunque interrogate su quali tipi di connessione tale norma faccia riferimento
In particolare, come è noto, le ipotesi di connessione astrattamente ipotizzabili sono due: connessione oggettiva e soggettiva.
La connessione oggettiva, a sua volta, suole distinguersi in connessione propria, quindi per oggetto o per titolo, cosiddetta forte (per identità del c.d. petitum mediato ovvero dell’identità parziale o totale del fatto costitutivo, nonché per pregiudizialità-dipendenza), connessione impropria, cosiddetta debole (che ricorre in caso di mera identità delle questioni di fatto o di diritto da risolvere, di cui all’art. 103, 1° c.,ultima parte, c.p.c.).
Per quanto riguarda la connessione meramente soggettiva, invece, essa è disciplinata all’art. 104, 1° comma, c.p.c. (e ricorre quando vi siano più domande, altrimenti non connesse, nei confronti di una stessa persona).
Orbene, l’art. 134 del codice della proprietà industriale, richiamato dall’art. 3, comma1, lett. a), d.l. n. 1 del 2012, a sua volta al comma 1, lett. a), attrae alla competenza del Tribunale d’impresa le controversie “che presentano ragioni di connessione anche impropria” con quelle industrialistiche.
Pertanto, sulla base di un’interpretazione letterale, una parte della dottrina ha sostenuto che il riferimento nel comma in commento a “ragioni di connessione” non meglio specificate, induce a ritenere che la voluntas legis è da intendersi come attrattiva alla competenza delle sezioni specializzate di tutti i procedimenti e le cause connessi con quelli rientrati nel dettato dei primi due commi dell’art. 3 citato[1].
Di contro, altra parte della dottrina ha criticato tale impostazione, sottolineando come un’attribuzione generalizzata risulterebbe in contrasto con la ratio legis di specializzazione di questo tribunale. Difatti, ove si ritenga che vi sia una attrazione in favore delle sezioni summenzionate di tutte le domande connesse, a qualsiasi titolo (quindi anche in caso di connessione c.d. debole), con una rientrante in quelle indicate ai primi due commi dell’art. 3 citato, sarebbero attribuite a tali sezioni anche questioni che non richiedono la specializzazione, voluta dal legislatore, propria dei giudici del Tribunale delle Imprese, con un evidente aggravio di lavoro[2].
Secondo tale orientamento[3], invece, vi sarebbe una divergenza tra le competenze per connessione previste dall’art. 3 cit. e quella, più ampia, relativa ai procedimenti industrialistici.
A tal proposito, vi è chi sostiene che il legislatore abbia escluso dal novero dei tipi di connessione sicuramente quella soggettiva, di cui all’art. 104, comma 1, c.p.c; mentre altri[4] tendono ad escludere anche la connessione oggettiva in senso improprio.
Peraltro, ad avviso di una recente dottrina[5], risulta inutile interrogarsi sul tipo di connessione cui farebbe riferimento la norma prevista nel comma 3° dell’art. 2 citato, poiché il Tribunale delle Imprese non potrebbe cedere, in nessun caso, le competenze per connessione, dovendo il simultaneus processuss sempre realizzarsi dinanzi ad esso, prescindendo dalla natura, forte o debole, della connessione.
Difatti, secondo tale impostazione, disquisire sulla natura della connessione ha un senso solo quando essa è determinata da relazioni tra cause. Nel caso del Tribunale delle Imprese, invece, la relazione è tra giudici, con prevalenza della competenza di tale tribunale in ogni caso, in quanto giudice specializzato.[6]
Si verificherebbe, cioè, la stessa situazione che avviene nei rapporti tra giudice professionale e giudice di pace, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 40, c.p.c.: in tale ipotesi, la connessione, anche forte, non può spogliare il giudice togato a favore del giudice di pace, verificandosi sempre il contrario.
La connessione è, dunque, occasione per affermare la prevalenza di un giudice sull’altro, prescindendo dalla relazione tra le cause. Secondo tale impostazione, dunque, anche ove la causa accessoria sia stata istaurata innanzi al Tribunale delle imprese, è quest’ultimo (in quanto giudice specializzato) ad acquisire la competenza per la causa principale.
Vi è poi altro autorevole orientamento[7], secondo cui la soluzione più equilibrata sarebbe quella “che includa nella competenza delle sezioni specializzate in materia d’impresa solo e tutti i procedimenti oggettivamente connessi, anche in senso improprio, con quelli di cui ai primi due commi del nuovo art. 3, D. Lgs. 168/2003”.
A fronte di tali impostazioni dottrinali, sul punto, in giurisprudenza si ravvisa un’unica pronuncia (decreto del Tribunale di Verona del 10 dicembre 2012). Tale decisione opta per la tesi del ridimensionamento delle ipotesi di connessione, sulla base di un argomento di ordine letterale, desumibile dallo stesso testo del d.l. 1 del 2012.
Si tratta della circostanza che l’art. 3 comma 1 lett. a) d.l. 1 del 2012 attribuisce alla competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa anche le controversie di cui all’art. 134 del d. lgs. 10 febbraio 2005 n. 30 (codice della proprietà industriale), “norma che menziona anche le controversie in materie che presentano ragioni di connessione, anche impropria, con quelle di competenza delle predette sezioni specializzate (lett. g art. 134 codice proprietà industriale)”.
Dunque, ad avviso dei giudici di merito, da questo dato letterale si evince che, quando il legislatore ha voluto dare rilievo a tutte le ipotesi di connessione, anche quella impropria e soggettiva, lo ha fatto esplicitamente. Del resto, tale opzione deve essere stata necessariamente presente al legislatore del d.l. 1 del 2012 “nel momento in cui ha richiamato espressamente altro testo normativo”
in cui questa scelta era stata effettuata, pertanto deve ritenersi che esulino dall’ambito di applicazione dell’art. 3 comma 3 d.l. n.1 del 2012 le ipotesi di connessione impropria e quelle di connessione soggettiva.
[1] Per un approfondimento sul tema cfr. TAVASSI, Dalle sezioni specializzate della proprietà industriale e intellettuale alle sezioni specializzate dell’impresa, corr. Giur., 8-9, 2012, 1116
[2] In questo senso, tra gli altri, MERLIN, Le nuove sezioni delle imprese fra corsie preferenziali e sviluppo del mercato, in www.diritto24.it
[3] Di questo avviso è CASABURI, La tutela della proprietà industriale e il tribunale delle imprese, in Dir. Ind. , 2012, 6, 525.
[4] Cfr. Motto, Gli interventi legislativi sulla giustizia civile del 2011 e 2012, su www.judicium.com
[5] Cfr. Iuorio, Il tribunale delle imprese, su www.judicium.com
[6] [6] Per un approfondimento sul tema, delle specializzazioni dei giudici cfr. Pagni, Competenze e specializzazioni, in Tutela dei diritti e “sistema ordinamentale”, Atti del 6° convegno nazionale S.I.S.Di.C., 31 marzo71-2 aprile 2011, Napoli, 2012, 387 ss.
[7] Cfr.. CELENTANO,Le sezioni specializzate in materia d’impresa, 823
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