Depositate di recente le motivazioni della Sentenza del Tribunale del Lavoro di Siena che aveva dato ragione a una docente con funzioni di collaboratrice del Dirigente Scolastico (cd docente vicario) riconoscendole l’indennità di sostituzione che l’Amministrazione scolastica non aveva corrisposto in applicazione dell’art. 14, comma 22, della Legge n. 135/2012. Il Giudice del Lavoro ha stabilito, invece, che non può sostenersi un apporto di “mera collaborazione” da parte del docente vicario in caso di assenza completa e prolungata del Dirigente Scolastico.
La sentenza in commento aggiunge un ulteriore tassello alla diatriba sul permanere del diritto per i docenti vicari ad usufruire dell’indennità di sostituzione in caso di assenza del Dirigente Scolastico prolungata oltre i 15 giorni. Tale diatriba scaturisce dall’interpretazione intervenuta da parte dell’Amministrazione competente che ritiene tale indennità, riconosciuta dalla contrattazione collettiva ancora vigente, non più dovuta in base proprio all’art. 14, comma 22, della Legge n. 135/2012.
Nel periodo intercorrente tra il 1° giugno 2011 e il 28 agosto dello stesso anno scolastico, una docente, incaricata in qualità di Docente Vicario del Dirigente Scolastico, aveva provveduto a svolgerne tutte le mansioni stante la prolungata assenza per malattia del Dirigente stesso. L’insegnante lamentava di averne svolto le funzioni in toto e per tale motivo, forte di quanto stabilito dall’art. 69, CCNL 1995 di comparto, ancora vigente, si era rivolta al Giudice del Lavoro competente per vedersene riconosciuto “il corrispettivo, nella misura di una indennità pari al differenziale dei relativi livelli iniziali di inquadramento, del capo d’istituto e del docente: € 4.298,30”. L’Amministrazione scolastica, pur non contestando l’entità dell’importo, negava tale diritto rifacendosi all’art. 14, comma 22, della Legge n. 135/2012.
L’art. 69 (Indennità di funzioni superiori e di reggenza) del CCNL 1995, prevede quanto segue:
“1. Al personale docente incaricato dell’ufficio di presidenza o di direzione, e al docente vicario, che sostituisce a tutti gli effetti il capo d’istituto per un periodo superiore a quindici giorni, nei casi di assenza o impedimento, nonché all’assistente amministrativo, che sostituisce il Direttore amministrativo o il responsabile amministrativo, negli stessi casi, è attribuita, per l’intera durata dell’incarico o della sostituzione, una indennità pari al differenziale dei relativi livelli iniziali di inquadramento.
2. Qualora si dia luogo all’affidamento in reggenza degli uffici di cui al comma 1, ai titolari che assumono la reggenza è corrisposta una indennità pari al cinquanta per cento di quella prevista per gli incarichi o le sostituzioni, così come definita nel comma medesimo. In tal caso, al docente vicario è corrisposta una indennità di pari importo”.
Tali statuizioni pattizie sono state confermate come vigenti dall’art. 146 del successivo CCNL 29 novembre 2007 (Normativa vigente e disapplicazioni):
“1) In applicazione dell’art.69, comma 1, del d.lgs. n.165/2001, tutte le norme generali e speciali del pubblico impiego vigenti alla data del 13 gennaio 1994 e non abrogate divengono non applicabili con la firma definitiva del presente CCNL, con l’eccezione delle seguenti norme e di quelle richiamate nel testo del presente CCNL che, invece, continuano a trovare applicazione nel comparto scuola:
[…]
7) ai soli fini della determinazione dell’importo dell’indennità di funzioni superiori, dell’indennità di direzione e di reggenza, l’art. 69 del CCNL 4.08.95, l’art.21, comma 1, del CCNL 26-5-1999 e l’art 33 CCNI 31-8-1999 (fondi non a carico del CCNL 24-7-2003 della scuola)”.
L’Amministrazione scolastica, costituitasi in giudizio, affermava che “la lavoratrice non avrebbe dato prova della pienezza sostitutiva, essendosi limitata a svolgere i compiti propri del collaboratore vicario”. Il Giudice del Tribunale del Lavoro di Siena, per contro, non ritiene condivisibile tale affermazione rilevando che “la figura, il ruolo del collaboratore, infatti, presuppone la presenza in servizio del soggetto beneficiario dell’apporto lavorativo ulteriore. Se il capo d’istituto, ora dirigente scolastico, manca, non occasionalmente, bensì stabilmente, il collaboratore, salvo prova contraria, viene ad assumerne le veci, le funzioni”. Stabilito che non poteva sostenersi un apporto di mera collaborazione stante l’assenza del Dirigente Scolastico, il Giudice conclude che, in tal caso, risulta ragionevole presumere “che le attività d’istituto, tra l’altro inderogabilmente calendarizzate nel settore, non siano state sospese”, ma siano state svolte pienamente, come anche dimostrato in giudizio, dalla docente Vicaria in sostituzione del Dirigente.
Secondo le ulteriori motivazioni addotte dall’Amministrazione scolastica, invece, “la questione sarebbe stata risolta – in senso negativo della fondatezza della pretesa della lavoratrice – dall’art. 14 (Riduzione delle spese di personale), co. 22. l. 2012/n. 135, in conversione con modificazioni del d.l. 2012/n. 95, di interpretazione autentica dell’art. 25 d.lgs. 2001/n. 165”.
Esso prevede: “Il comma 5 dell’articolo 25 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si interpreta nel senso che la delega ai docenti di compiti non costituisce affidamento di mansioni superiori o di funzioni vicarie, anche nel caso in cui detti docenti godano dell’esonero o semiesonero ai sensi dell’articolo 459 del decreto legislativo n. 297 del 1994. Il docente delegato può essere retribuito esclusivamente a carico dei fondi disponibili per la remunerazione accessoria presso la specifica istituzione scolastica od educativa ai sensi dell’articolo 88, comma 2, lettera f), del ccnl relativo al personale scolastico”.
Il Giudice dubita, però, che si tratti di un fenomeno di “mera delega di compiti del dirigente scolastico, quali elencati dall’art. 25 TIPI, essendosi verificata piuttosto l’integrale sostituzione nelle funzioni” e, in ogni caso, rileva che il diritto della ricorrente “scaturisce da pattuizione collettiva (v. sopra) ed è pertanto da riconoscersi per il periodo di sua intangibile e comunque intatta vigenza”. Per questo motivo, con la sentenza n. 202/2013, di cui il Tribunale di Siena rende note adesso le motivazioni, il Ministero dell’Istruzione viene condannato al pagamento di quanto richiesto dalla lavoratrice e a rifondere anche le spese di giudizio in quanto parte totalmente soccombente.
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