Spesso i possessori dei buoni fruttiferi della Serie AF si vedono liquidati delle somme inferiori rispetto a quelle specificate a tergo dei buoni stessi sulla base del convincimento di Poste Italiane che essendo tali buoni acquistati quando era stata già emessa la serie AA2 ad essi dovevano essere applicati i tassi di quest’ultima serie benchè inferiori. In merito si è pronunciato il Tribunale Roma, Sez. XVI, con la sentenza, 21/11/2019 che ha condannato Poste Italiane a pagare ai titolari dei buoni il valore di rimborso previsto per la serie AF .
La Vicenda
I detentori di due buoni fruttiferi dell’importo di L. 10.000.000 ( pari a € 5.162,57) Serie AF chiedevano a Poste Italiane, allo scadere dei quindici anni dall’acquisto, avvenuto in data 10/07/2001, la liquidazione di una somma pari al triplo dell’importo facciale di ciascun buono così come espressamente previsto dalle condizioni di rimborso riportate sui buoni .
Invero sui buoni della serie AF si legge: “l‘importo raddoppia dopo nove anni e sei mesi e triplica dopo quattordici anni, al lordo delle ritenute erariali. Se riscosso prima, matura gli interessi lordi del buono ordinario meno mezzo punto“.
A tale richiesta Poste Italiane offriva la liquidazione non di quanto previsto e concordato, bensì del minor importo pari a Euro 6.951,51 per ogni buono.
Sulla base di questa discrasia, i possessori dei buoni adivano in giudizio Poste Italiane S.p.A. affinché gli venissero riconosciuti gli importi dovuti.
Si costituiva Poste Italiane che contestava integralmente le prospettazioni e richieste di parte attrice deducendo che alla data in cui gli attori avevano acquistato i buoni fruttiferi in contestazione era stata già emessa la nuova serie AA2, perciò la circostanza che sul retro di quei titoli fossero state indicate le condizioni economiche relative ad una serie (AF) diversa e non più “in corso” non valeva a conferire ai titolari del titolo il diritto di ottenere il rimborso a dette condizioni.
La decisione
Il giudicante osserva che la disciplina applicabile alla fattispecie “non autorizza a svalutare totalmente la rilevanza delle diciture riportate sui buoni“, “almeno nelle ipotesi in cui la difformità delle stesse rispetto alle previsioni dei Decreti ministeriali non sia il portato di modifiche intervenute nel corso del rapporto ma sussistesse già al momento della emissione dei buoni”.
Su questa premessa il Tribunale di Roma ha ritenuto che “laddove in sede di sottoscrizione di buoni postali fruttiferi Poste Italiane S.p.A. abbia indicato al cliente, con annotazione a tergo del titolo, condizioni economiche e di rimborso difformi rispetto a quelle previste con precedente Decreto ministeriale per i buoni della serie in corso, siffatta discrasia e “difformità originaria” non possa che risolversi nel senso della applicabilità, in concreto, delle condizioni annotate e specificate a tergo dei titoli” (in stesso senso Cass. Civ., SS. UU., 15 giugno 2007, n. 13979; Cass. Civ., sez. I, 28 febbraio 2018, n. 4761).
Nel caso di specie, dunque, la circostanza che, all’atto della sottoscrizione dei buoni postali fruttiferi da parte degli attori, in forza di apposito Decreto ministeriale fosse in “corso” una serie (AA2) che contemplava condizioni di rimborso e tassi di interesse meno favorevoli rispetto a quelli indicati a tergo dei titoli sottoscritti non legittimava e non legittima Poste Italiane S.p.A. a dare prevalenza alle previsioni di fonte normativa, in contrasto con le più favorevoli condizioni indicate ai clienti.
Pertanto il Giudice di primo grado ha condannato Poste Italiane a pagare ai titolare dei buoni il valore di rimborso previsto per i buoni postali fruttiferi della serie AF, come indicato a tergo dei titoli sottoscritti.
(Avv. Silvia Vitale)
(Avv. Vincenzo Vitale )
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