Con la sentenza che qui si commenta la Suprema Corte ha stabilito che l’obbligo incombente sul proprietario di un autoveicolo di comunicare alla propria Compagnia assicuratrice il ritrovamento dello stesso a seguito di un precedente furto oggetto di denuncia può avere conseguenze penali laddove non ottemperato, sub specie di appropriazione indebita (art. 646 c.p.).
Il fatto giunto all’attenzione degli ermellini vedeva gli imputati condannati in primo e secondo grado per il delitto di truffa (art. 640 c.p.), in quanto omettevano di comunicare il ritrovamento del loro veicolo al proprio assicuratore, così conseguendo un ingiusto profitto con altrui danno, consistito nella disponibilità dell’auto stessa.
Ricorrono in Cassazione i rispettivi difensori adducendo, tra i vari motivi di ricorso, l’errata qualificazione giuridica del fatto, trattandosi di inadempimento di carattere meramente civilistico, o tuttalpiù da ricondursi al reato di appropriazione indebita e non di truffa. I giudici del “Palazzaccio”, disattendono la tesi del mero inadempimento contrattuale e, pur annullando la sentenza della Corte d’Appello di Napoli (che, come visto, aveva qualificato il fatto come truffa), confermano la natura penale del comportamento posto in essere dagli imputati.
La Corte, in tale pronuncia, mostra di aderire a quell’orientamento espresso dalle Sezioni Unite (sentenza 1/1999) che già aveva avuto modo di chiarire come il delitto di truffa presupponga una disposizione patrimoniale da parte della vittima (cd. cooperazione artificiosa) che, indotta dall’inganno del reo, comporti la definitiva perdita del bene ad essa appartenente. Così però non è stato nel caso di specie. Invero la Compagnia assicuratrice, a seguito della liquidazione dell’indennizzo, è divenuta proprietaria del bene rubato così che il comportamento degli assicurati deve inquadrarsi in una mera interversio possessionis. Mancano, invece, sia la cooperazione artificiosa della vittima sia la definitiva perdita del bene, come invece richiesto dall’art. 640 c.p.
Di qui la diversa qualificazione giuridica del fatto e il rinvio degli atti ad altra sezione della Corte d’Appello di Napoli, affinché proceda ad un nuovo giudizio.
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