Il silenzio può essere “raggiro” in una truffa contrattuale?

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In tema di truffa contrattuale, quando il silenzio può essere sussunto nella nozione di raggiro? Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale rappresenta un valido strumento operativo di ausilio per il Professionista: Formulario annotato del processo penale

Corte di Cassazione -sez. II pen.- sentenza n. 23747 del 17-05-2024

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Indice

1. La questione: la configurazione del silenzio al rango di raggiro (insussistenza)


La Corte di Appello di Milano, in parziale riforma di una sentenza emessa dal Tribunale di Varese, confermava il giudizio di responsabilità dell’imputato appellante per un caso di truffa aggravata.
Ciò posto, avverso questa decisione il difensore dell’accusato ricorreva per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, costui deduceva violazione di legge (art. 640 cod. pen.) per aver attribuito al silenzio – ossia alla circostanza di aver taciuto all’azienda ospedaliera l’attività privata svolta presso un ambulatorio – il significato di raggiro, in mancanza di uno specifico dovere di comunicazione in tal senso. Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale rappresenta un valido strumento operativo di ausilio per il Professionista: Formulario annotato del processo penale

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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


Il Supremo Consesso riteneva il motivo suesposto infondato.
In particolare, tra le argomentazioni che inducevano gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, era richiamato quell’orientamento nomofilattico secondo cui, in tema di truffa contrattuale, il silenzio può essere sussunto nella nozione di raggiro quando non si risolve in un semplice silenzio-inerzia, ma si sostanzia, in rapporto alle concrete circostanze del caso, in un “silenzio espressivo”, concretizzandosi in un comportamento concludente idoneo ad ingannare la persona offesa (di recente, sez. 2, 46209 del 03/10/2023, in fattispecie, sovrapponibile a quella in oggetto, relativa alla condotta in cui un medico ospedaliero autorizzato all’espletamento di attività sanitaria in regime intra moenia, riconosciuto colpevole del delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato per non aver comunicato all’ente pubblico lo svolgimento di attività professionale presso il proprio studio privato, sì da indurre l’ente stesso a corrispondergli lo stipendio maggiorato dell’indennità di esclusiva, sul presupposto che il rapporto si fosse svolto regolarmente, nel rispetto delle norme contrattuali).

3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito quando, in tema di truffa contrattuale, il silenzio può essere sussunto nella nozione di raggiro.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso indirizzo interpretativo, che, in tema di truffa contrattuale, il silenzio può essere considerato un raggiro quando non è solo un semplice silenzio o inattività, ma diventa un “silenzio espressivo”, e ciò si verifica quando, in base alle circostanze specifiche del caso, il silenzio si concretizza in un comportamento che è sufficientemente ingannevole da trarre in inganno la persona offesa.
È dunque sconsigliabile, perlomeno alla stregua di tale approdo ermeneutico, invocare l’insussistenza di codesto illecito penale ove si verifichi una situazione di questo genere.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.

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