Il caso
Il Tribunale di Ferrara convalidava l’arresto in flagranza di un indagato per il delitto di truffa e, ravvisando la sussistenza di elementi indiziari deponenti per la fondatezza dell’ipotesi accusatoria e delle esigenze cautelari, aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere.
La difesa ha proposto ricorso per cassazione dolendosi per la violazione degli artt. 381 e 382 c.p.p. per insussistenza dello stato di flagranza e dei relativi presupposti legittimanti la convalida dell’arresto.
Dalla ricostruzione dei fatti, emerge che l’uomo, in concorso con la suocera, aveva posto in essere una truffa online tramite pubblicazione su un noto sito un annuncio di vendita di un’auto, facendosi inviare poi la foto di un assegno circolare emesso da un potenziale acquirente che l’aveva contattato. La foto sarebbe poi stata utilizzata per “clonare” l’assegno circolare depositandone l’importo sul conto corrente della suocera, dal quale avevano poi effettuato diversi prelievi in contanti. Ed era proprio in occasione di uno dei prelievi che i Carabinieri erano intervenuti, allertati dall’impiegata dell’istituto bancario insospettitasi, arrestando l’uomo.
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La decisione della Corte
La Corte di Cassazione, con la sentenza in epigrafe, coglie l’occasione per ribadire che la truffa contrattuale realizzata tramite la vendita online di beni, il cui pagamento sia stato eseguito tramite bonifico bancario con accredito su conto corrente, si consuma nel luogo dove l’agente consegue l’ingiusto profitto tramite la riscossione della somma e non in quello in cui viene data la disposizione per il pagamento da parte della persona offesa. (cfr. Cass. Pen., 2, 16.11.2017 n. 54948)
La truffa si configura, infatti, come reato istantaneo e di danno, perfezionato nel momento della realizzazione della condotta tipica da parte dell’autore con la conseguente deminutio patrimonii della persona offesa.
Nel caso della truffa contrattuale, quindi, il momento rilevante ai fini del perfezionamento non è tanto quello in cui il soggetto passivo assume, per effetto di artifici o raggiri, l’obbligazione della datio del bene, ma quello in cui si realizza l’effettivo conseguimento del bene stesso da parte dell’agente.
La giurisprudenza di legittimità ha affermato, inoltre, che qualora l’oggetto materiale del reato sia costituito da titoli di credito, il momento della sua consumazione è quello dell’acquisizione, da parte dell’autore del reato, della relativa valuta, attraverso la loro riscossione o utilizzazione, poiché solo per mezzo di queste si concreta il vantaggio patrimoniale dell’agente e nel contempo diviene definitiva la potenziale lesione del patrimonio della parte offesa (cfr., Cass. SS.UU., 32.6.2000 n. 18 e, più recentemente, Cass. Pen., 2, 28.4.2017 n. 31652).
Laddove, quindi, il reato di truffa abbia come oggetto immediato il conseguimento di assegni bancari, il danno si verifica nel momento in cui i titoli vengono depositati all’incasso come normali mezzi di pagamento, mediante girata a favore di terzi i quali, portatori legittimi, non sono esposti alle eccezioni che il traente potrebbe opporre al beneficiario: in entrambi i casi, infatti, si verifica una lesione concreta e definitiva del patrimonio della persona offesa, inteso come complesso di diritti valutabili in denaro (cfr., Cass. Pen., 2, 24.1.2002 n. 28928; Cass. Pen., 2, 18.6.2008 n. 27950).
Sulla base delle predette argomentazioni, pertanto, il ricorso è stato reputato fondato in quanto la riscossione dell’assegno era avvenuta con l’accreditamento dell’importo portato dal titolo clonato sul conto della suocera del ricorrente e con il contestuale addebito a carico della vittima. Le condotte di prelievo delle somme erano dunque successive rispetto alla consumazione del delitto di truffa e non potevano quindi giustificare l’arresto in flagranza.
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