Il Tribunale di Milano, con ordinanza del 2007, torna ad affrontare la tematica afferente la configurabilità del reato di truffa ex art.640 Cp nei confronti di soggetti presunti maghi o guaritori che, inducendo in errore le persone offese, facendo credere alle stesse di poterle guarire mediante esorcismi, particolari pratiche o sostanze magiche, si procurino in tal guisa un ingiusto profitto con altrui danno.
Con provvedimento del 25 settembre 2003 infatti, il Gup presso il Tribunale di Milano aveva statuito, in analoga vicenda, che “di per sé, in assenza di indizi di minaccia, coartazione psicologica o subornazione, lo svolgimento di sortilegi e riti propiziatori, anche a pagamento, che tuttavia non sortiscono l’effetto sperato, non è idoneo ad integrare il reato di truffa, posta la notoria assenza di qualunque riscontro scientifico e garanzia di funzionamento, anche laddove la persona offesa versi in uno stato depressione o abbia problemi familiari”.
L’ordinanza in commento ha ribadito almeno in parte tale principio, precisando che: “ non è inquadrabile in un giudizio di illiceità l’intervento offerto, senza opera di costrizione o di circonvenzione, da un soggetto che, pur dietro compenso, comunque proporzionato all’opera prestata, ritenga avere, dopo sperimentazioni, ovvero sia ritenuto avere, doti di guaritore”.
Nella fattispecie, si trattava dell’opera prestata da un pranoterapista ad un proprio paziente secondo una tecnica di origine giapponese (Reiki) che essendo diffusamente conosciuta come prassi terapeutica di tipo alternativo, pur in carenza di convalidazioni sulla base di protocolli della scienza ufficiale, deve considerarsi come “neutra” e dunque consentita, sempre che il fruitore della cura conservi la possibilità di proseguirla o meno senza dover tollerare coazioni psicologiche (si veda: Cass.pen.sez.VI, 20 dicembre 1995; in vicenda praticamente analoga anche: Gup Trib.Rimini, 15.6.2005).
Il Tribunale di Milano ha inteso sottolineare che le abilità dei c.d.”guaritori”, considerate da tempi immemorabili in quasi tutte le culture, spesso anche con prerogative mistiche o religiose, si trovano in realtà in uno “spazio di vuoto e di non regolamentazione normativa e la loro pratica e l’adesione ad esse da parte del paziente rimangono di norma, in assenza di condotte fraudolente, all’interno della libertà di espressione e di scelta da parte del singolo”.
Deve tuttavia tenersi presente che parte della giurisprudenza ritiene comunque sussistente il delitto di truffa aggravata nei confronti della condotta di coloro che, dietro lauta remunerazione, abbiano fornito ai propri pazienti materiali asseritamente prodigiosi e soprannaturali, perché derivanti dal contatto con i defunti, e non si siano limitati a tentare o a farli sperare di poter ottenere il miglioramento della propria situazione, ma abbiano invece posto in essere metodiche di circonvenzione fondate sul timore, persuadendo i pazienti stessi a ritenere che, nel caso di sospensione della “terapia”, verranno colti da sventure e infermità di ogni tipo (cfr.Cass.pen.sez.II, 19 dicembre 2005, n.1862; Cass.pen.sez.II, 20 dicembre 2004, n.1910; nel senso che sussiste il reato di truffa aggravata dal timore di un pericolo immaginario nel caso di un mago o guaritore che, sfruttando la sua notorietà, ingeneri nelle persone offese il pericolo immaginario dell’avveramento di gravi malattie, faccia credere loro di poterle guarire, e le induca in errore, compiendo esorcismi e pratiche magiche o somministrando e prescrivendo sostanze, così procurandosi un ingiusto profitto con altrui danno).
Per completezza deve altresì tenersi presente che una diversa giurisprudenza ha persino azzardato, onde poter correttamente ritenere integrato il delitto di truffa in capo ai “sedicenti maghi o guaritori”, che sia necessario esaminare non solo il livello di credulità, ingenuità e debolezza della vittima del reato, tali da esporla comunque agli artifizi e raggiri, seppur grossolani, posti in essere dal soggetto attivo del reato, ma anche e soprattutto se quest’ultimo confidi o meno nei propri poteri e nelle conseguenti attività concretizzate sui pazienti, dovendo egli essere considerato nel secondo caso come un mero consapevole truffatore, fautore di pratiche in tutto e per tutto illecite.
In conclusione al provvedimento che qui si commenta, si può affermare che sono stati predisposti alcuni fondamentali criteri in presenza dei quali, nel caso di attività latamente magiche o pranoterapeutche poste in essere da presunti “maghi o guaritori”, potrà certamente ritenersi sussistere il delitto di truffa aggravata dal timore di un pericolo immaginario.
Si tratta in particolare dei requisiti (presenti quantomeno per la maggioranza nella condotta dell’agente) concernenti: 1) l’assenza di qualsiasi pratica terapeutica, neppure di tipo alternativo, certificata; 2) la presenza di elementi che consentano di affermare che nemmeno l’agente crede all’efficacia di ciò che propone; 3) la sussistenza di condizioni soggettive di fragilità, di debolezza sul piano socio-culturale, di facile suggestionabilità e manipolabilità e talvolta di disperazione in capo alla persona offesa; 4) la presenza di tecniche di induzione che creano condizioni per continuare ad operare sulla vittima, con prospettazione di pericoli immaginari ulteriori in caso di sospensione dell’intervento magico o guaritore e, dunque, con protrazione della necessità e incremento dell’intensità dello stesso; 5) la pressione sulle vittime ad attingere alle proprie sostanze e a contrarre debiti pur di non interrompere la cura che diviene, in tal modo, il baricentro delle proprie esistenze; 6) l’isolamento della persona offesa dal suo contesto sociale e famigliare in modo tale che abbia fiducia solo nel guaritore; 7) la segretezza delle pratiche svolte; 8) la completa assenza di una tradizione riconosciuta alle spalle, pur appartenente a contesti culturali diversi da quello consueto.
Avv. Alessandro Buzzoni
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