Indice
(Riferimenti normativi: Cod. pen., artt. 629, 640)
1. La questione
Avverso un provvedimento con cui la Corte di Appello di Milano rideterminava la pena pecuniaria a carico degli imputati, confermando nel resto la condanna in relazione a due ipotesi di reato di estorsione aggravata, di cui agli artt. 61 n. 5, 81, 110, 629, comma 2, in relazione all’art. 628, comma 3, n. 1 cod. pen., costoro proponevano ricorso per Cassazione.
Orbene, tra le doglianze addotte dai ricorrenti, per quello che rileva in questa sede, vi era una con cui si contestava siffatta decisione nella parte in cui la Corte territoriale, considerato che il pericolo prospettato dall’agente proverrebbe da soggetti terzi, inesistenti, immaginari ed estranei agli imputati, avrebbe dovuto qualificare i fatti quale tentata truffa e non come estorsione.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
In relazione al gravame summenzionato, gli Ermellini procedevano alla sua reiezione alla stregua della considerazione secondo cui, posto il criterio distintivo tra la truffa e l’estorsione, allorquando il fatto è connotato dalla minaccia di un male, va ravvisato essenzialmente nel diverso modo di atteggiarsi della condotta lesiva e della sua incidenza nella sfera soggettiva della persona offesa (Sez. 2, n. 11453 del 17/02/2016; Sez. 2, n. 46084 del 21/10/2015; Sez. 2, n. 35346 del 30/06/2010; Sez. 2, Sentenza n. 26272 del 21/05/2001), ricorre la prima ipotesi delittuosa se il male viene ventilato come possibile ed eventuale e, comunque, non proveniente direttamente o indirettamente da chi lo prospetta in modo che il soggetto passivo non è coartato nella sua volontà, ma si determina alla prestazione costituente l’ingiusto profitto dell’agente perché tratto in errore dalla esposizione di un pericolo inesistente (Sez. 2, Sentenza n. 27363 del 04/04/2012) mentre si configura l’estorsione, invece, se il male viene indicato come certo e realizzabile ad opera del reo o di altri, onde l’offeso è posto nella ineluttabile alternativa di far conseguire all’agente il preteso profitto o di subire il male minacciato (Sez. 2, n. 24624 del 17/07/2020; Sez. 2, Sentenza n. 21974 del 18/04/2017, Sez. 6, Sentenza n. 27996 del 28/05/2014).
Ebbene, nel caso di specie, si riteneva corretta la qualificazione giuridica operata nel giudizio di merito essendosi la condotta delittuosa concretata nel prospettare un pericolo concreto effettivo e direttamente riferibile alla volontà e all’azione dei ricorrenti.
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito qual è il criterio distintivo tra la truffa e l’estorsione allorquando il fatto è connotato dalla minaccia di un male.
Difatti, in tale pronuncia, è stato affermato, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che siffatto criterio distintivo va individuato nel diverso modo di atteggiarsi della condotta lesiva e della sua incidenza nella sfera soggettiva della persona offesa.
Di conseguenza, la truffa è configurabile allorché il male viene ventilato come possibile ed eventuale e il soggetto passivo del reato si determina alla prestazione costituente l’ingiusto profitto dell’agente perché tratto in errore dalla esposizione di un pericolo inesistente mentre ricorre l’estorsione ove il male sia, viceversa, indicato come certo e realizzabile ad opera del reo o di altri, onde l’offeso è posto nella ineluttabile alternativa di far conseguire all’agente il preteso profitto o di subire il male minacciato.
Tale sentenza, quindi, deve essere presa nella dovuta considerazione al fine di verificare quali di questi due reati sia configurabile allorquando il fatto è connotato dalla minaccia di un male.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesto provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, dunque, non può che essere positivo.
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