5)Il Trust in Italia e i relativi problemi • 6) I Principali problemi di ammissibilità del Trust • 7) Il Trust e diritto successorio • 8) La legge applicabile al Trust• 9) Fiscalità diretta del Trust in Italia. • 10) Trust e imposizione in uscita: nuovo orientamento e nuove questioni
Premessa
Il Trust è un istituto, mutuato dal diritto anglosassone, con il quale un soggetto costituisce con uno o più beni un patrimonio separato, finalizzato ad un preciso scopo.
Quando viene trattato il Trust, viene spesso affiancato al negozio fiduciario sebbene con esso sussistono più differenze che somiglianze. Di fatto il Trust è un istituto che è subentrato, a partire dal diritto anglosassone, in Italia con la ratifica nel 1992 della Convenzione dell’ajia del 1985.
Il Trust può perseguire – lecitamente – le medesime finalità di ulteriori istituti come il negozio di fondazione, il fondo patrimoniale, del mandato, del patto compromissorio, di qualsiasi altro negozio di garanzia e del negozio fiduciario; senza però incorrere nei divieti e sanzioni per questi previsti.
Il trust: soggetti e oggetto
In virtù della Convenzione sopracitata, il Trust ricorre quando un soggetto – il Settlor – sottopone uno o più beni, con atti mortis causa o inter vivos, sotto il controllo di un altro soggetto – il Trustee – nell’interesse del beneficiario o per un determinato fine.
All’art. 2 della Convenzione si specifica inoltre che i beni del trust costituiscono una massa distinta e non fan parte del patrimonio del Trustee, anche nel caso in cui vengano intestati a lui o ad un’altra persona. Il Trustee ha il potere – dovere di amministrare o disporre dei beni secondo quanto stabilito dall’atto costitutivo o dalla legge.
Infine, si precisa che non esiste alcuna incompatibilità con il trust il fatto che il costituente si riservi delle prerogative o che al trustee vengano riconosciuti dei diritti come beneficiario.
Soggetti e oggetto
La figura fondamentale del Trust è il soggetto che lo istituisce: in inglese “ settlor ” in italiano “il disponente “: è colui che detta le regole del Trust, ne indica uno o più scopi e nomina inizialmente uno o più Trustee. Inoltre, usualmente, indica uno o più beneficiari in alternativa le regole volte alla loro individuazione nonché uno o più “ protector “.
Il Trustee è colui che diviene proprietario dei beni destinati dal Settlor al raggiungimento dello scopo prefissato del Trust seguendo le indicazioni dello stesso disponente. Un Trust può avere una struttura complessa, determinata dal fatto che questo può avere uno o più Trustee; ove il primo Trustee è nominato dal disponente e nel corso della vigenza del Trust, secondo le regole del Trust possono essere nominati, uno o più Trustee in aggiunto o sostituzione dei precedenti.
Il Protector, o beneficiario o “il guardiano “è un soggetto nominato ai fini di esercitare una
Funzione di controllo sull’attività del Trustee.
I Beneficiari sono coloro che secondo le regole del Trust, hanno il diritto di percepire i redditi dei beni costituenti il Trust durante la vigenza dello stesso o di ricevere la devoluzione del patrimonio del Trust (denaro o beni) nel caso della sua cessazione. Non necessariamente il Trust deve avere un beneficiario. Si può avere un Trust di destinazione, in cui i beni ad uno scopo meritevole di tutela per l’ordinamento del paese ove è stato costituito. In quest’ottica sembra avvicinarsi al negozio di fondazione.
L’oggetto del Trust possono essere i beni immobili, mobili registrati e non, i crediti.
I soggetti Beneficiari del Trust si distinguono in determinati o indeterminati (determinato in seguito dal Settlor ); si distingue inoltre tra i beneficiari immediati (che traggono immediata utilità dai beni costituenti il Trust) da quelli mediati o finali (che coincidono o meno con i destinatari finali).
Infine, per quanto concerne la durata del Trust, tale deve essere determinata dal Settlor con il limite che non può essere perpetua. (eccetto i Trust di scopo negli ordinamenti che li riconoscono ed ammettono). Di regola il Trust è irrevocabile da parte del Settlor, se non è stabilito diversamente nell’atto costitutivo.
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Caratteri
I Trust si distinguono in due grandi macrocategorie: quello d’interesse familiare e
D’interesse imprenditoriale e finanziario.
All’interno dei primi si ricomprendono anche quelli volti all’assistenza di soggetti deboli e quelli relativi alla successione ereditaria.
I principi base regolatori il Trust sono vari.
Il primo è che i beni che si vogliono vincolare in Trust escono dalla disponibilità di colui che istituisce il Trust.
Il secondo principio è che suddetti beni entrano nella disponibilità di un altro soggetto, chiamato Trustee, che dovrà disporne secondo le istruzioni ricevute dal disponente al momento della costituzione del Trust.
Il penultimo principio è che i beni – sebbene trasferiti dal Settlor al Trustee – non sono “suoi” a tutti gli effetti perché interviene l’effetto che la giurisprudenza chiama “segregazione “.
L’ultimo principio è che il Trustee è un “fiduciario “nel senso diverso rispetto a quello concepito all’interno dell’ordinamento italiano.
Se nell’ordinamento interno il fiduciario è colui che esegue quanto gli viene ordinato di volta in volta, il Trustee compie quanto gli è stato prescritto nell’atto costitutivo il Trust.
Natura giuridica
L’istituto in esame comporta un’attenta riflessione riguardo ad un problema.
I beni del Trust (in particolar modo se a destinatario indeterminato) rimangono senza titolare; o meglio si tratta di beni cui la titolarità è sdoppiata: da un lato la titolarità formarle del Trust in capo al Trustee, e dall’altro lato la titolarità sostanziale in capo al beneficiario.
In ossequio del principio della tipicità dei diritti reali e dell’impossibilità all’interno del nostro ordinamento dello sdoppiamento della proprietà – si è detto che l’istituto in esame comporterebbe una dissociazione tra la titolarità e la legittimazione in contrasto inevitabile con il principio sopracitato.
Il trust in Italia e i relativi problemi
L’istituto in commento è regolato secondo la legge scelta dal legislatore costituente all’art. 6, o in mancanza di questa, dalla legge che regola il negozio istitutivo il Trust.
Pacificamente riconosciuta è la possibilità che il Trust venga regolato in parte da una legge ed un’altra parte dalla legge di un altro paese.
Fuori da ogni dubbio, in relazione alla Convenzione, è il fatto che possa esser riconosciuto in Italia un Trust istituito all’estero, o che possa costituirsi in Italia un Trust per beni situati all’estero, o anche che cittadini stranieri possano istituire un Trust su beni situati in Italia.
Il Trust è un istituto di origine anglosassone sviluppatosi nei paesi di Common Law (quelli di matrice giuridica non derivante dal diritto romano come i sistemi diametralmente opposti definiti di Civil Law).
L’istituto in commento ha avuto un enorme diffusione, dovuta dalla sua flessibilità ed agilità: oltre alla finalità prestabilita come nei cosiddetti Trusts “ di destinazione “ di un patrimonio familiare, nella fase di globalizzazione hanno assunto un carattere maggiormente preminente i business Trusts, finalizzati ad operazioni commerciali.
Il Problema dell’entrata a pieno regime dell’istituto in esame, in un sistema “ non – Trust “ di Civil Law quale il nostro è dovuto essenzialmente dal problema del suo coordinamento con il diritto di Proprietà. La flessibilità e agilità proprie delle posizioni soggettive del beneficiario del Trust non risultano essere compatibili a pieno con la rigidità del concetto di proprietà di derivazione Napoleonica ed ancor prima di diritto romano.
Gli scopi propri del Trust sono stato perseguiti da parte del nostro ordinamento giuridico attraverso il ricorso a strumenti analoghi come ad esempio la fondazione, il contratto a
Favore di terzo, il contratto di assegnazione fiduciaria, il mandato senza rappresentanza ed il fondo patrimoniale.
Il funzionamento del Trust della Common Law si sviluppa in un rapporto in forza del quale un soggetto, denominato Trustee (o fiduciario), al quale sono riconosciuti ed attribuiti una serie di diritti e poteri propri di un proprietario (o Legal owner ) gestisce il patrimonio per uno o più scopi prestabiliti dal disponente (o Settlor) tramite l’atto costitutivo il Trust.
Le problematiche legate al Trust non attengono solo quelle relative al coordinamento con il concetto di proprietà, bensì anche derivanti dalla mancata legge di applicazione a seguito della ratifica della Convenzione dell’ajia 1985, come è accaduto per l’Olanda. Pertanto, l’Italia ha riconosciuto l’istituzione di un Trust straniero, cioè che presenta elementi di collegamento con il diritto di altri stati che lo riconoscono ma non per quanto riguarda il suo riconoscimento pieno nel diritto interno.
La quaestio del riconoscimento del Trust nel diritto interno ha al suo fondamento una contrapposizione di due teorie: una negativa e una positiva.
La teoria negativa dell’ammissibilità del Trust nel diritto interno è la più estrema proprio perché nega categoricamente la possibilità del Trust italiano allo stato puro nel nostro ordinamento, adducendo una varietà di argomenti, tra i quali viene in evidenza il più elementare, l’assenza testuale. Inammissibilità determinata dal conflitto del Trust con una serie di principi cardine del nostro ordinamento, tra i quali vengono in evidenza: 1) Principio dell’unicità della proprietà – 2) Principio della tipicità dei diritti reali ( si darebbe luogo ad un diritto reale atipico) – 3) Assolutezza della proprietà in stretta simbiosi con il connesso principio del carattere perpetuo della proprietà – 4) Principio della Par condicio creditorum (creando un altro patrimonio separato dal quello del settlor, verrebbe intaccata quella garanzia patrimoniale in applicazione dell’art. 2740 c.c.)
In ultimo non varrebbe far riferimento all’art. 1324 c.c. Relativo alla possibilità delle parti di poter dar vita, in rispondenza agli interessi delle parti contraenti, ad un contratto atipico in quanto non risponderebbe alla conformità dei principii dell’ordinamento e dunque all’art. 1322 c.c.
L’opposta tesi positiva sostenitrice della piena ammissibilità del Trust nell’ordinamento adduce vari argomenti, tra i quali spicca la critica nei confronti della teoria negativa, accusata di limitarsi a richiamare assai semplicemente la norma ma senza fornirne una spiegazione esaustiva. Ulteriore critica mossa dalla teoria positiva consiste nel fatto che per cui l’inscindibilità tra la titolarità formale e sostanziale sarebbe solo una quaestio di principio, dal momento che nell’ordinamento interno se ne rinvengono casi quali il negozio fiduciario od anche il mandato senza rappresentanza.
I principali problemi di ammissibilità del Trust • Il Trust e diritto successorio
La convenzione, all’art. 15 fa salva l’applicazione delle norme inderogabili di legge del nostro ordinamento enucleando un elenco in virtù del quale, ad esempio non è possibile che un incapace sia posto a capo dell’amministrazione di un Trust. Gli ostacoli che si frappongono ad una piena applicazione dell’istituto all’interno dell’ordinamento sono i medesimi che si tratti di un Trust straniero o un Trust italiano.
Il primo problema riguarda la possibilità, mediante la costituzione del Trust di eludere il divieto di sostituzione fedecommissaria (art. 692 c.c.). In una nota sentenza del Tribunale di Lucca ha statuito che se nella sostituzione fedecommissaria si ha la doppia vocazione, ossia far acquistare i beni al secondo istituito, nel trust necessita un trasferimento successivo al beneficiario (trustee).
Inoltre, se nella sostituzione fedecommissaria il secondo istituito può godere dei beni acquistati, nel Trust il Trustee può solo amministrarli in relazione alle modalità ed entro i limiti stabiliti dall’atto costitutivo del Trust ad opera del Settlor.
La legge applicabile al Trust
La Legge italiana applicabile al Trust è essenzialmente circoscritta alle implicazioni fiscali dell’istituto, pertanto in mancanza di tale ai fini istitutivi di un Trust è necessario far riferimento alla normativa contenuta nella “Convenzione relativa alla legge applicabile ai trust e il loro riconoscimento” sottoscritta all’ajia il 1° luglio 1985 (e ratificata dall’italia con la legge 16 ottobre 1989 n. 364). Indubbiamente il riferimento alla citata convenzione, se da un lato risulta limitarsi a definire solamente i caratteri fondamentali del trust non addentrandosi nella sua regolamentazione, dall’altro lato detta una serie di regole ai fini dell’individuazione della legge applicabile al trust in mancanza, di una sua indicazione da parte del disponente (o Settlor).
La problematica poc’anzi sopra menzionata relativa al Trust allo stato puro nell’ordinamento interno e la sua inammissibilità è strettamente connessa con al ricerca sterile di una legge applicabile al trust italiano, costituito da un disponente italiano riguardo a beni situati in Italia.
Fiscalità diretta del Trust in Italia
Il trasferimento di beni nel Trust, ai fini dell’imposta sui redditi comporta uno sconto d’imposta ed un trattamento differenziato in relazione al soggetto che trasferisce i beni. Quindi in prima facie il trasferimento di beni non è un’operazione fiscalmente neutra poiché si può configurare una fitta casistica:
- Il trasferimento di beni relativi all’impresa che fuoriescono dalla disponibilità dello stesso, per cui in capo al disponente si realizzano i componenti positivi di reddito da assoggettare a tassazione nonché ad IVA (Art. 2, comm 2 n.5 DPR n. 633/1972) come in evidenza:
– Il trasferimento di beni merce per il conseguimento di un ricavo d’esercizio,
Qualificato sulla base del valore normale.
– Il trasferimento di beni strumentali che comportano il generarsi di plusvalenze o minusvalenze rilevanti.
In caso di trasferimento dell’azienda in Trust si conserva la neutralità fiscale a patto che il trustee assuma l’azienda agli stessi valori fiscali riconosciuti in capo al Settlor (trasferimento in neutralità di valori)
- Nel caso di beni diversi da quelli d’impresa il trasferimento in Trust non genera base
Imponibile ai fini delle imposte dirette.
- Nel caso di trasferimento in Trust di titoli partecipativi il trustee acquisisce all’ultimo
Costo fiscalmente riconosciuto al titolo partecipativo.
Ai sensi dell’art.73 del DPR n. 917/1986 il Trust è un soggetto passivo IRES ed in particolar modo il Trust in relazione alla rispettiva residenza fiscale può essere assimilato a vari soggetti come: – enti commerciali residenti – entri commerciali non residenti – enti non residenti.
Il secondo comma dell’articolo sopra citato statuisce una precisa ipotesi di Trasparenza del Trust ossia nel caso in cui siano individuati i beneficiari del Trust a tali sono imputati i redditi derivanti dal medesimo, in relazione alla percentuale dell’atto istitutivo o in mancanza in parti uguali.
Il regime impositivo applicabile al Trust lo possiamo distinguere a seconda che siano individuati i rispettivi beneficiari del Trust o meno, dal momento che riferendosi alla circolare n.48/E/2007 si possono distinguere due tipologie di Trust:
- I Trust senza i beneficiari individuati, cui redditi sono tassati direttamente in capo al
Trust, definiti anche “ Trust opachi “ ;
- I Trust con i beneficiari individuati, cui redditi sono imputati ex- art. 73, comma 2, agli stessi beneficiari definiti anche “ Trust trasparenti”
Le tipologie di Trust sopraelencate possono anche intersecarsi e dar vita al cosiddetto “ Trust misto” che ha luogo quando l’atto istitutivo del Trust preveda che una parte di reddito dello stesso assieme al capitale venga accantonata (Trust di accumulo) e l’altra venga devoluta ai singoli beneficiari.
Questa operazione di accantonamento di una parte del reddito derivante dal Trust ha come conseguenza il fatto per cui tale viene assoggettata all’ires, mentre la parte assegnata ai beneficiari viene tassata in capo agli stessi.
Tassazione della base imponibile del trust
L’art. 73 del TUIR nel disciplinare l’ipotesi di Trasparenza del Trust, prevede la determinazione unitaria della base imponibile dei Trusts. In presenza di un Trust trasparente necessario è preventivamente definire il reddito prodotto da questo per poi passare alla determinazione delle singole quote di reddito soggette a tassazione in capo ai singoli beneficiari; a differenza di quanto accade per i Trust opachi ove il reddito prodotto dagli stessi viene tassato in capo al Trust stesso.
Trust e imposizione in uscita: nuovo orientamento e nuove questioni
La risposta dell’agenzia delle Entrate all’interpello n. 106 del 15 febbraio 2021 convincendo in parte la giurisprudenza di legittimità e prassi amministrativa, enuclea due principi in materia di imposizione indiretta dei trust con riguardo in particolare all’imposta sulle donazioni ex D.lgs n.346 del 1990.
L’agenzia delle entrate chiarisce che in caso di coincidenza tra il disponente e il beneficiario non è dovuta alcuna imposta sulla donazione in quanto la mancanza del trasferimento intersoggettivo comporta l’inapplicabilità dell’imposta sulle donazioni essendo assente il trasferimento di ricchezza; in casi ulteriori invece l’imposta sulle donazioni trova applicazione solo al momento della devoluzione dei beni al beneficiario nella misura in cui è sinonimo di manifestazione di un trasferimento di ricchezza. Con questa nuova presa di posizione dell’agenzia delle Entrate, la stessa si è posta sulla scia della Corte di Cassazione così superando la precedente posizione della Circolare 48/E/2007 che riteneva applicabile l’imposta sulle donazioni in generale sempre a qualsiasi atto istitutivo da parte del Settlor il Trust.
Questo nuovo orientamento aveva il pregio di semplificare e rendere irrilevanti eventuali mutamenti relativi ad esempio ala residenza fiscale del beneficiario o modalità di devoluzione del patrimonio attuando una trasposizione dell’imposta sulle donazione in capo al disponente che avrebbe versato una mite imposta a fronte di quelle vigenti in altri stati per in qual modo anche operare una cautela in senso lato, nel caso di un futuro ripensamento dell’ammontare dell’aliquota da parte del legislatore.
La risposta dell’agenzia delle entrate all’interpello in questione concerne il caso in cui il disponente e beneficiario coincidevano per cui si è chiarito che l’imposta sulle donazioni sembra non dovuta, sulla base del rilievo per il quale nel trust autodestinato con la coincidenza del disponente e beneficiario non sussiste nessun effettivo spossessamento del bene da parte del disponente.
Il principio esposto sembra trovare applicazione anche nel caso di un trust interposto ed in quanto tale sottratto all’imposta sui redditi. Conseguentemente esso trova applicazione a tutti i trust autodestinati e anche non interposti.
L’agenzia delle entrate ha sottolineato in particolar modo che nel caso della coincidenza tra il disponente ed il beneficiario si ha un Trust interposto, ai fini dell’imposte sui redditi. Sebbene la prassi amministrativa conosca i Trust autodestinati non interposti (o blind trust): un trustee terzo gestisce il patrimonio nell’interesse del disponente il quale contestualmente riveste la qualifica anche di beneficiario.
Doveroso evidenziare che nel corso della vita del Trust possono verificarsi dei mutamenti di valore del patrimonio istituito nel trust, così da subire un mutamento una variazione, un incremento tra il momento di attribuzione e il momento di devoluzione dei beni al beneficiario.
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La Tassazione indiretta dell’atto costitutivo del Trust è stato oggetto di un ampio dibattito, che ha visto contrapposte l’Agenzia delle entrate e la Corte di Cassazione. L’Agenzia delle entrate ha ribadito più volte con due circolari, n.48 /E/2007 e n.3/E/2008, in maniera categorica la soggezione ad imposta indiretta dell’atto con cui il settlor vincola i beni nel Trust.
L’assoggettamento ad imposta indiretta sulle successioni e donazioni, pertanto, risulta essere svincolato dal trasferimento definitivo dei beni e il presupposto individuato nell’effetto segregativo dei beni costituiti in Trust.
Dunque, l’Agenzia delle entrate ha ritenuto in definitiva che l’imposta di successione debba esser corrisposta al momento costitutivo del Trust; sebbene la Corte di Cassazione si sia posta su una linea interpretativo del presupposto differente, da quella portata avanti dall’amministrazione finanziaria, evidenziando come il presupposto ai fini della tassazione indiretta sia rinvenibile nel trasferimento dei beni dal Trustee in favore dei beneficiari.
La Suprema Corte, dunque, ancorandosi al principio di capacità contributiva ha rimarcato come il presupposto dell’imposta fosse la manifestazione della capacità contributiva che si ha con il trasferimento di ricchezza dei beni dal Trustee ai beneficiari.
In relazione alla possibilità dell’esistenza di differenti tipologie di Trust, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che fosse imponibile esclusivamente il trasferimento di beni Definitivo dal Trustee ai beneficiari sebbene, si è arrivati a tale assunto con non poche difficoltà in riferimento alla compresenza di due correnti evidenti nell’ordinanza n. 31445/2018.
La prima corrente minoritaria sosteneva che la capacità contributiva era individuata non nel trasferimento dal settlor al trustee, ma esclusivamente nel trasferimento finale dal trustee al beneficiario/i finale/i.
La seconda corrente maggioritaria, sosteneva invece che la capacità contributiva era individuata con una tassazione proporzionale dell’atto di costituzione dei beni in Trust, con la conseguenza che la cessazione del vincolo del Trust non era fiscalmente rilevante.
Dunque, in un primo momento sembra che l’Agenzia delle entrate avesse accolto la tesi minoritaria sebbene, sia andato progressivamente a perder rilievo in particolar modo a seguito della risposta dell’agenzia delle entrate all’interpello n.106 del 15 febbraio 2021 con il quale si accoglie un approccio differente ponendosi in linea con quello sviluppato dai Giudici.
Nella suddetta risposta, l’Agenzia delle entrate ha affermato che “l’attribuzione di beni e/o diritti ai beneficiari di un Trust da parte del Trustee potrebbe determinare l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni”. Inoltre è stato evidenziato che “ solo l’attribuzione al beneficiario, che come detto deve essere dal disponente (..) Può considerarsi, nel Trust, il fatto suscettibile di manifestare il presupposto dell’imposta nel trasferimento di ricchezza”.
In ultimo merita menziona anche la sentenza n. 975 emessa dalla Corte di Cassazione il 17 febbraio 2018, prescindendo dal fatto che abbia ad oggetto una fattispecie anteriore alla reintroduzione del tributo sulle successioni e donazioni, affermando che l’atto di affidamento dei beni al Trustee “ si può considerare non immediatamente produttivo di effetti traslativi in senso stretto, dal momento che sono tali solo quelli finali [..] Prima mancando l’elemento fondamentale dell’attribuzione definitiva dei beni al soggetto beneficiario”.
Doveroso evidenziare l’intervento del legislatore, che con la Legge n.112 del 22 giugno del 2016 ( nota come Legge sul Dopo di Noi ) recante “disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare”, ha inteso dotare l’ordinamento di nuovi strumenti di autonomia privata per la tutela dei soggetti più deboli. [ 1 ]
La sopracitata Legge ha comportato che si è previsto rispetto al Trust, particolari condizioni un meccanismo specifico ai fini dell’imposta indiretta, in virtù del quale i beni / diritti conferiti in Trust sono esenti dall’imposta sulle successioni e donazioni; il trasferimento di suddetti beni soggiacciono solo all’imposte ipotecaria, catastale e fissa di registro.
Dunque stante la sinteticità della risposta all’interpello, sarà necessario attendere lo sviluppo della prassi dell’amministrazione finanziaria per osservare se il mutamento di approccio sia stato assorbito nella prassi applicativa oppure se, nell’ipotesi di un Trust in cui non vi sia una identità tra settlor e beneficiario, la stessa Amministrazione continuerà accogliento la corrente minoritaria ossia a sostenete l’imponibilità a priori del vincolo sui beni costituito con il Trust.
1] R. A. Papotti / L. Ferro : “ Trust ed imposta di donazione / successioni: evoluzione normativa
/ giurisprudenziale e situazione attuale” ; https://privatebank.jpmorgan.com/content/dam/jpm-wm-aem/documents/wealth- journal/JPM_Wealth_Journal_Article13_Trust_ed_imposta_di_donazione.pdf
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