Tutela dei diritti dei migranti in mare

Di stretta attualità è il fenomeno dell’arrivo via mare di rifugiati e migranti. Nel riconoscere questo problema, gli Stati membri dell’Organizzazione Marittima Internazionale (International Maritime Organization, IMO) hanno adottato emendamenti a due importanti convenzioni marittime internazionali che trattano l’argomento. Si tratta della Convenzione internazionale per la sicurezza della vita in mare del 1974 e della Convenzione sulla ricerca ed il soccorso in mare del 1979.

Riguardo alla Convenzione internazionale per la sicurezza della vita in mare del 1974 i tratti salienti possono essere così riassunti. Riguardo al trasporto di persone in caso di emergenza, si stabilisce che:

a) al fine di assicurare l’evacuazione di persone per sottrarle ad una minaccia alla sicurezza della loro vita, un Governo contraente può autorizzare il trasporto sulle proprie navi di un numero di persone superiore al numero permesso in altre circostanze dalla presente Convenzione;

b) un’autorizzazione di tale natura non priva gli altri Governi contraenti del diritto di controllo ai termini della presente Convenzione su tali navi, allorché esse toccano i loro porti;

c) avviso di qualsiasi autorizzazione di detta natura deve essere inviato al Segretario Generale dell’Organizzazione a cura del Governo Contraente che l’ha rilasciata unitamente ad un rapporto sulle circostanze di fatto.

Successivamente, con legge n. 147 del 1989 l’Italia ha ratificato la Convenzione di Amburgo del 1979 sul soccorso marittimo e con D.P.R. n. 662 del 1994 ha dato attuazione all’Amburgo ’79, individuando nel Ministero dei Trasporti e della Navigazione – ora infrastrutture e Trasporti – l’Autorità nazionale responsabile e nel Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di porto, l’organismo nazionale che deve assicurare il coordinamento dei servizi di soccorso marittimo ed i contatti con gli altri Stati. Ai fini del D.P.R. n. 662 del 1994 presente regolamento si intende per “soccorso marittimo”, tutte le attività finalizzate alla ricerca e al salvataggio della vita umana in mare; si stabilisce – inoltre – che:

a)  il comando generale del corpo delle capitanerie di porto è l’organismo nazionale che assicura il coordinamento generale dei servizi di soccorso marittimo (i.m.r.c.c. – italian maritime rescue coordination center);

b)  le direzioni marittime costituiscono i centri secondari di soccorso marittimo (m.r.s.c. – maritime rescue sub center);

c)  i comandi di porto costituiscono le unità costiere di guardia;

d)  le unità navali e gli aeromobili del servizio di guardia costiera del corpo delle capitanerie di porto, appositamente allestiti, costituiscono le unità di soccorso marittimo. Per ciò che concerne il soccorso ad aeromobili in pericolo, gli organismi indicati svolgono i seguenti compiti:

  • il comando generale del corpo delle capitanerie di porto, quale centro nazionale di coordinamento di soccorso marittimo (i.m.r.c.c.), assicura l’organizzazione generale dei servizi marittimi di ricerca e salvataggio, coordina le operazioni di ricerca e salvataggio nell’ambito dell’intera regione di interesse italiano sul mare e tiene contatti con i centri di coordinamento del soccorso degli altri stati.

  • le direzioni marittime, quali centri secondari di soccorso marittimo (m.r.s.c.), assicurano il coordinamento delle operazioni marittime di ricerca e salvataggio, secondo le direttive specifiche o le deleghe del centro nazionale (i.m.r.c.c.) nel proprio settore, individuato dalle acque marittime di interesse nazionale ed internazionale che si estendono in profondità dalla linea di costa delle rispettive giurisdizioni, così come specificato all’articolo 6 e riportato nella rappresentazione grafica allegata al presente regolamento di cui fa parte integrante.

  • i comandi di porto, quali unità costiere di guardia (u.c.g.), dispongono l’intervento delle unità di soccorso marittimo da essi dipendenti dislocate nella loro giurisdizione e ne mantengono il controllo operativo, salvo che l’i.m.r.c.c. disponga diversamente.

  • le unità di soccorso marittimo intervengono nelle operazioni di soccorso secondo le pianificazioni delle unità costiere di guardia, redatte e disposte dai centri secondari di soccorso marittimo (m.r.s.c.) per l’impiego di mezzi disponibili nelle aree di propria giurisdizione.

Il compito di “comandante sul posto” (osc – ufficiale in comando tattico) dei mezzi della marina, dell’aeronautica, del corpo delle capitanerie di porto, della guardia di finanza, dei carabinieri, della polizia di stato e delle altre amministrazioni eventualmente concorrenti, è assegnato al comandante del mezzo navale della marina militare o del corpo delle capitanerie di porto, di maggiore anzianità di grado. nel caso che sul posto non dovessero trovarsi ad operare unità della marina militare e del corpo delle capitanerie di porto, il compito di “comandante sul posto” sarà assegnato al comandante di unità navale della guardia di finanza, dei carabinieri, della polizia di stato o delle altre amministrazioni dello stato, di maggiore anzianità di grado. Se in zona sono presenti soltanto unità mercantili, l’i.m.r.c.c. o il m.r.s.c./u.c.g. delegato, più idoneo in relazione allo svolgimento dell’operazione di soccorso, assegna il compito di coordinatore delle ricerche in superficie (css) al comandante di una delle unità mercantili presenti. a tal fine deve essere tenuto conto della tipologia delle navi e dei mezzi di cui dette unità dispongono e della rispettiva ora stimata di arrivo sul posto. al momento in cui assume le funzioni, il css deve darne immediata comunicazione all’i.m.r.c.c. o al m.r.s.c. o al u.c.g., che operano secondo le rispettive competenze.

Tali norme necessitano di essere coordinate con le norme internazionali in tema di richiedenti asilo e rifugiati soccorsi in mare.

In ordine ai diritti del migranti soccorsi in mare, la Convenzione di Dublino – firmata a Dublino il 15 luglio 1990 – si occupa della determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee – viene attualmente applicata dai 15 Stati componenti l’Unione Europea. Essa è entrata in vigore il 1°settembre 1997 per i 12 firmatari originari. Essa stabilisce che l’Italia è competente ad esaminare una richiesta di riconoscimento dello status, nei casi di:

  1. Presenza in Italia di parenti ;

  2. Ingresso in Italia con permesso di soggiorno o visto italiano;

  3. Ingresso irregolare (senza documenti o senza visto) in uno dei paesi dell’Unione Europea attraverso l’Italia. In questo caso l’Italia diviene responsabile in quanto primo Paese di ingresso.

Gli Obiettivi specifici della Convenzione di Dublino sono:

  • ridurre il numero delle domande di asilo “multiple”, ossia presentate simultaneamente in diversi Stati dallo stesso individuo (c.d. asylum-shopping).

  • ridurre il fenomeno dei “rifugiati in orbita”, ossia individui che vengono rinviati da un Paese all’altro, a causa di una ripetute declinazioni di responsabilità da parte dei Governi chiamati in causa.

I servizi di Ricerca e Soccorso (Search and Rescue, SAR) in tutto il mondo fanno affidamento sulle navi per assistere coloro che si trovano in pericolo in mare. Attualmente, segnali di richiesta di aiuto possono essere trasmessi rapidamente grazie alle tecniche di comunicazione satellitari e terrestri, sia alle autorità incaricate della ricerca e del soccorso che si trovano sulla terraferma, sia ad imbarcazioni che si trovino nelle immediate vicinanze. L’operazione di soccorso può essere rapida e coordinata. Tuttavia, anche quando l’operazione di soccorso è stata portata a compimento, possono insorgere problemi per ottenere il consenso di uno Stato allo sbarco dei migranti e dei rifugiati, in particolare quando questi non dispongono di un’adeguata documentazione.

 

Gli obblighi del comandante

Il diritto internazionale prevede che il comandante ha l’obbligo di prestare assistenza a coloro che si trovano in pericolo in mare, senza distinzioni relative alla loro nazionalità, allo status o alle circostanze nelle quali essi vengono trovati. Si tratta di una consuetudine marittima di vecchia data e di un obbligo contemplato dal diritto internazionale. L’adempimento di tale obbligo è essenziale per preservare l’integrità dei servizi di ricerca e soccorso in mare. Tale obbligo si basa, tra gli altri, su due testi fondamentali:

– La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 (Convenzione UNCLOS) dispone che “Ogni Stato deve esigere che il comandante di una nave che batte la sua bandiera, nella misura in cui gli sia possibile adempiere senza mettere a repentaglio la nave, l’equipaggio o i passeggeri: (a) presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in pericolo di vita; (b) proceda quanto più velocemente è possibile al soccorso delle persone in pericolo, se viene a conoscenza del loro bisogno di assistenza, nella misura in cui ci si può ragionevolmente aspettare da lui tale iniziativa”.

– La Convenzione internazionale per la sicurezza della vita in mare del 1974 (Convenzione SOLAS) obbliga il “comandante di una nave che si trovi nella posizione di essere in grado di prestare assistenza, avendo ricevuto informazione da qualsiasi fonte circa la presenza di persone in pericolo in mare, a procedere con tutta rapidità alla loro assistenza, se possibile informando gli interessati o il servizio di ricerca e soccorso del fatto che la nave sta effettuando tale operazione…”..

 

Diritto internazionale marittimo

Diverse convenzioni marittime definiscono gli obblighi, per gli Stati parte, di assicurare l’organizzazione delle comunicazioni di pericolo e del coordinamento nella propria area di responsabilità, nonché del soccorso di persone in pericolo in mare lungo le loro coste:

– La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 (Convenzione UNCLOS) impone ad ogni Stato costiero l’obbligo di “…promuovere l’istituzione, l’attivazione ed il mantenimento di un adeguato ed effettivo servizio di ricerca e soccorso relativo alla sicurezza in mare e, ove le circostanze lo richiedano, di cooperare a questo scopo attraverso accordi regionali con gli Stati limitrofi”.

– La Convenzione internazionale per la sicurezza della vita in mare del 1974 (Convenzione SOLAS) richiede agli Stati parte “…di garantire che vengano presi gli accordi necessari per le comunicazioni di pericolo e per il coordinamento nella propria area di responsabilità e per il soccorso di persone in pericolo in mare lungo le loro coste. Tali accordi dovranno comprendere l’istituzione, l’attivazione ed il mantenimento di tali strutture di ricerca e soccorso, quando esse vengano ritenute praticabili e necessarie…”.

– La Convenzione internazionale sulla ricerca e il soccorso in mare del 1979 (Convenzione SAR) obbliga gli Stati parte a “…garantire che sia prestata assistenza ad ogni persona in pericolo in mare… senza distinzioni relative alla nazionalità o allo status di tale persona o alle circostanze nelle quali tale persona viene trovata” ed a “ […] fornirle le prime cure mediche o di altro genere ed a trasferirla in un luogo sicuro”.

Gli emendamenti alle Convenzioni SOLAS e SAR mirano a preservare l’integrità dei servizi di ricerca e soccorso (SAR), garantendo che le persone in pericolo in mare vengano assistite e, allo stesso tempo, riducendo al minimo gli inconvenienti per la nave che presta assistenza. Essi richiedono agli Stati e alle Parti contraenti di: coordinarsi e cooperare per far sì che i comandanti delle navi che prestano assistenza imbarcando persone in difficoltà in mare siano sollevati dai propri obblighi con una minima ulteriore deviazione rispetto alla rotta prevista dalla nave; e di organizzare lo sbarco al più presto, per quanto praticabile. Essi inoltre obbligano i comandanti che hanno imbarcato persone in difficoltà in mare a trattare queste ultime con umanità, compatibilmente con le possibilità della nave. Al fine di fornire una guida alle autorità di governo ed ai comandanti che si trovano a metter in pratica questi emendamenti, sono state elaborate delle Linee guida sul trattamento delle persone soccorse in mare . Esse contengono le seguenti disposizioni: il governo responsabile per la regione SAR in cui sono stati recuperati i sopravvissuti è responsabile di fornire un luogo sicuro o di assicurare che tale luogo venga fornito. Un luogo sicuro è una località dove le operazioni di soccorso si considerano concluse, e dove: la sicurezza dei sopravvissuti o la loro vita non è più minacciata; le necessità umane primarie (come cibo, alloggio e cure mediche) possono essere soddisfatte; e può essere organizzato il trasporto dei sopravvissuti nella destinazione vicina o finale. Sebbene una nave che presta assistenza possa costituire temporaneamente un luogo sicuro, essa dovrebbe essere sollevata da tale responsabilità non appena possano essere intraprese soluzioni alternative. Lo sbarco di richiedenti asilo e rifugiati recuperati in mare, in territori nei quali la loro vita e la loro libertà sarebbero minacciate, dovrebbe essere evitato.

Ogni operazione e procedura, come l’identificazione e la definizione dello status delle persone soccorse, che vada oltre la fornitura di assistenza alle persone in pericolo, non dovrebbe

essere consentita laddove ostacoli la fornitura di tale assistenza o ritardi oltremisura lo sbarco.

Se le persone soccorse in mare rendono nota l’intenzione di chiedere asilo, devono essere applicati i principi fondamentali sanciti nel diritto internazionale dei rifugiati. Il comandante della nave non è responsabile della determinazione dello status delle persone a bordo, ma egli deve comunque essere a conoscenza di tali principi. O, nel caso degli apolidi, il paese nel quale aveva residenza abituale.

L’obbligo di non rinviare una persona dove vi siano fondate ragioni per ritenere che via sia un reale rischio di danno irreparabile deriva dal diritto internazionale dei diritti umani (ad esempio dagli Articoli 6 e 7 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966). La Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti del 1984 proibisce esplicitamente di rinviare una persona nei luoghi in cui vi siano fondate ragioni per ritenere che possa essere in pericolo di essere sottoposta a tortura.

Guida a principi e pratiche da applicarsi a migranti e rifugiati

Procedura: azione del comandante della nave

Le seguenti liste si propongono di definire l’azione che deve essere intrapresa dai vari attori coinvolti nel soccorso in mare. Informare il Centro di Coordinamento del Soccorso (Rescue Coordination Centre, RCC) responsabile per la regione riguardo a:

  • la nave che presta assistenza: nome, bandiera e porto di registrazione; nome e indirizzo dell’armatore e dell’agente di questi presso il porto più vicino; posizione dell’imbarcazione, il suo prossimo porto di scalo, le sue condizioni ordinarie di sicurezza e l’attuale livello di autonomia considerando la presenza di altre persone a bordo;

  • i sopravvissuti: nome, età (se possibile), sesso; stato apparente di salute, condizioni mediche e specifiche necessità mediche;

  • le azioni compiute dal comandante o che egli intende compiere;

  • la soluzione preferita dal comandante per lo sbarco dei sopravvissuti;

  • qualsiasi aiuto necessario alla nave che presta assistenza;

  • altre informazioni particolari (es. condizioni meteorologiche prevalenti, livello di deperibilità della merce trasportata, etc. ).

Se una persona soccorsa in mare chiede asilo:

  1. allertare il Centro di Coordinamento del Soccorso più vicino;

  2. contattare l’UNHCR;

  3. non richiedere lo sbarco nel paese d’origine della persona o nel paese dal quale la persona è fuggita;

  4. non diffondere informazioni personali relative al richiedente asilo alle autorità di quel paese o ad altri soggetti che possano fornire tali informazioni alle autorità di quel paese.

 

 

Bernardis Marilisa

Bernardis Marilisa

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