UDIENZA DI PRIMA COMPARIZIONE E PRIMA UDIENZA DI TRATTAZIONE BREVI NOTE SU UN METODO DI LAVORO

Redazione 21/08/12
 

Di Mariano DEL PRETE

giudice 4^ sez. civile

Tribunale di Milano

Queste note nascono da una esperienza maturata in quasi tre anni di lavoro con un semplice metodo nato dall’esigenza di utilizzare in modo ottimale alcune possibilità offerte dalle norme introdotte dalla riforma del processo civile.

Prima di riferire dell’esperienza e dei suoi risultati occorre svolgere alcune premesse che sono essenziali alla comprensione della genesi dell’esperimento e all’interpretazione dei suoi risultati. Con tali premesse si ritiene non tanto di anticipare facili critiche ma di offrire comunque un ulteriore elemento per l’analisi degli elementi positivi e negativi emersi dall’esperienza.

Il primo elemento da porre in rilievo è che l’esperienza è stata realizzata in una grande sede giudiziaria nella quale il lavoro di avvocati e giudici è certamente connotato da aspetti diversi da quelli del lavoro in una sede giudiziaria più piccola. Appare quindi evidente che in una sede giudiziaria di diversa dimensione possono non sussistere i presupposti che hanno consentito l’emergere degli aspetti positivi del metodo di lavoro che si descriverà in seguito.

Deve poi dirsi che l’esperienza è stata maturata in una sezione che tratta, principalmente, cause relative a diritti reali e successioni; gli elementi giuridici propri di tali materie possono avere facilitato (ma si ritiene in maniera non determinante) il conseguimento dei buoni risultati di cui si dirà.

Deve infine dirsi, e ciò certamente per prevenire evidenti critiche, che si è consapevoli che il sistema introdotto dal legislatore (condivisibile o meno) si presenta come un sistema di norme completo ed organico laddove il sistema che si è sperimentato ben si presta a critiche in quanto è privo di quella sistematicità che deve essere riconosciuta al sistema scelto dal legislatore.

Appare però evidente che le imperfezioni che possono essere riscontrate nel sistema devono essere valutate unitamente agli indubbi vantaggi che, con il metodo qui proposto, si ritiene siano stati conseguiti.

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Occorre ora meglio precisare gli elementi che hanno indotto alla ricerca di un sistema di lavoro che potesse conciliare le norme legislative (alle quali non è facile sottrarsi) con un celere svolgimento delle attività processuali.

La riforma delle norme di procedura civile è apparsa subito non rispondere alle aspettative di molti operatori del diritto di una più celere definizione delle controversie civili. Alcune norme, seguite ed applicate alla lettera, al di là delle previsioni del legislatore, comportavano, nella pratica attuazione, non sempre utili rinvii del momento in cui il giudice poteva esprimersi sulle richieste istruttorie delle parti (spesso il momento centrale della causa).

La scelta del legislatore di “diluire” le attività processuali nelle varie udienze previste dagli artt. 180-183-184 c.p.c. è apparsa quindi deleteria per la realizzazione della auspicata celerità del processo civile.

Le diverse udienze degli artt. 180-183-184 c.p.c. sono state subito comunemente (e, peraltro, giustamente, nella prima fase di applicazione della normativa) sentite come obbligatoriamente da fissarsi, in progressione, da parte del giudice.

Ciò ha comportato che la stessa causa (escluse le poche ipotesi in cui il giudice la riteneva matura per la decisione) venisse trattata più volte con una “moltiplicazione” della sua “presenza” dinanzi al giudice (oltre che nella necessaria prima udienza in quelle successive di cui agli artt. 183 e 184 c.p.c.) con conseguenti evidenti risvolti negativi sulla lunghezza del processo.

Altra osservazione è nata dall’esperienza acquisita relativamente al tentativo di conciliazione.

Il tentativo di conciliazione, momento centrale della prima udienza di trattazione, che nelle intenzioni del legislatore avrebbe dovuto comportare una celere definizione di un certo numero di cause, ha presto dimostrato di avere una scarsissima o quasi nulla incidenza deflativa sul carico di lavoro del giudice. Una serie di elementi, sui quali non è questa la sede per soffermarsi, ha inciso così da rendere del tutto priva di risultati, nella quasi totalità delle cause, tale attività, conseguentemente frustrando uno dei principali fini della prima udienza di trattazione.

Una ulteriore osservazione è stata quella che forse ha maggiormente indotto alla ricerca di un sistema che meglio conciliasse l’esigenza del rispetto della previsione legislativa con quella di una celere trattazione delle cause.

Il grande numero di cause sul ruolo è stato un dato dal quale il giudice non ha potuto prescindere nel momento della concreta attuazione del sistema scelto dal legislatore; in tale momento si è raggiunta la quasi certezza della inadeguatezza di quel sistema alla esigenza di celerità della definizione delle controversie civili.

Il consistente numero di cause sul ruolo rendeva necessari rinvii spiacevolmente lunghi (normalmente di circa 9/10 mesi) così che il pieno rispetto della previsione legislativa nei casi in cui (ed erano la maggioranza) le parti chiedevano tutti i successivi rinvii (dalla udienza di prima comparizione alla prima udienza di trattazione, da questa all’udienza di cui all’art.184 e quindi all’ulteriore eventuale udienza di cui alla seconda parte del primo comma dell’art. 184) avrebbe visto la causa pervenire al momento in cui il giudice aveva a disposizione tutta la documentazione prodotta dalle parti e tutte le loro istanze istruttorie (completamente e definitivamente formulate) dopo quasi 20 o 30 mesi.

Relativamente a tale ultima osservazione appare facile rilevare che le parti ben avrebbero potuto (qualcuno dice dovuto) dedurre le proprie attività istruttorie sin dai primi rispettivi atti, così dando la possibilità al giudice di pronunciarsi, nella contemporanea assenza di istanze di concessione di termini, sull’attività istruttoria.

Nella normalità dei casi è stato facile osservare che evidenti scelte di strategia processuale o altre scelte comunque ben comprensibili hanno reso tali ipotesi assolutamente non comuni. La maggioranza, se non la totalità, delle cause non ha mai visto la completa deduzione delle attività istruttorie e la completa produzione documentale sin dai primi atti delle parti, così rendendo necessaria l’instaurazione della progressione dei rinvii prevista dal legislatore.

Su tale rilievo appare opportuno soffermarsi per sottolineare un aspetto da non sottovalutare.

L’assenza di completa produzione documentale e deduzione di attività istruttoria non si verificava, come si potrebbe pensare, perché qualche parte (in particolare la parte convenuta) aveva interesse a sostenere una rinvio delle trattazioni.

Ciò si verificava, in realtà, in quanto la scelta legislativa aveva suscitato (per comprensibili meccanismi mentali) l’attesa proprio di una fissazione in progressione delle varie udienze (udienza 180>183>184) legislativamente previste ed in funzione di tale progressiva fissazione i legali avevano impostato il loro lavoro (per lavoro si intende non quello relativo alla singola causa ma quello relativo a tutte le cause contemporaneamente in trattazione da parte del loro studio) così non impegnandosi a dedurre e produrre tutto sin dagli atti iniziali.

Tali osservazioni hanno indotto sin dai primi tempi di applicazione della nuova normativa alla ricerca di un sistema che rendesse, sempre e comunque nel rispetto della previsione legislativa, più celere l’arrivo della causa al momento in cui il giudice aveva a disposizione ogni elemento per pronunciarsi in ordine allo svolgimento dell’eventualmente necessaria attività istruttoria (così soddisfacendo la primaria esigenza delle parti di una celere decisione).

Il sistema applicato è stato di una estrema semplicità.

In ogni ipotesi in cui era evidente che le parti non avevano integralmente dedotto le attività istruttorie e prodotto la documentazione a loro disposizione (ed era la quasi totalità dei casi) è stato ai difensori proposto di richiedere l’immediata e contemporanea concessione di tutti i termini previsti dal legislatore (con una anomala anticipazione rispetto alla previsione legislativa).

Tale proposta è stata formulata sin dall’udienza di prima comparizione o, in caso di comprensibile (specialmente nei primi tempi di applicazione del sistema) perplessità delle parti, nella prima udienza di trattazione dopo il normalmente fallito tentativo di conciliazione.

Se la proposta era accolta nel corso della udienza di prima comparizione erano concessi, successivamente scadenzati, sia i termini di cui all’art. 183, 5° comma, c.p.c. sia quelli di cui all’art. 184 c.p.c., fissando comunque contemporaneamente l’udienza di prima trattazione non solo per la comparizione delle parti e il tentativo di conciliazione ma anche per l’ammissione dei mezzi di prova (si veda modello di verbale n.1).

Se la proposta era accolta nel corso della prima udienza di trattazione erano concessi, successivamente scadenzati, sia i termini di cui all’art. 183, 5° comma, c.p.c. sia quelli di cui all’art. 184 c.p.c., fissando l’udienza per l’ammissione dei mezzi di prova (si veda modello di verbale n.2).

Tale modalità di applicazione delle norme non consentiva (naturalmente) di ridurre i tempi del rinvio di ogni singola udienza (dipendendo gli stessi sostanzialmente dal numero di cause presenti sul ruolo del giudice) ma, evidentemente, di diminuire il numero dei rinvii per la trattazione della singola causa.

Mentre la previsione legislativa vedeva la seguente teorica possibilità:

udienza ai sensi dell’art. 180,

udienza ai sensi dell’art. 183,

udienza ai sensi dell’art. 184,

eventuale udienza di rinvio ai sensi dell’art. 184, 1° comma, 2^ parte),

con il descritto sistema la causa poteva pervenire al momento in cui era stato posto a disposizione del giudice ogni elemento (deduzioni istruttorie e documenti) per pronunciarsi in ordine allo svolgimento dell’attività istruttoria già alla seconda udienza (o, al più, alla terza) invece che alla terza o, talvolta, alla quarta udienza (secondo la previsione legislativa).

Ciò con un risparmio di tempo di circa 9/10 mesi (in ipotesi in cui si risparmia un’udienza) o del doppio (se si risparmiano due udienze).

Con queste osservazioni non si presume, però, di richiamare l’attenzione su alcun elemento di originalità nella scelta effettuata.

La lettura dei modelli di verbale di udienza utilizzati consente facilmente di affermare che non vi è alcunché di originale nei verbali utilizzati; si tratta infatti di verbali che si riportano integralmente alla previsione legislativa relativamente alle singole norme richiamate.

Il principale risultato raggiunto, sul quale si vuole richiamare l’attenzione, è stato il seguente.

Premesso che il metodo mai è stato imposto ma sempre proposto alle parti, sottolineandone l’evidente vantaggio in termini di riduzione del numero dei rinvii per la singola causa, deve dirsi che il risultato di maggiore rilievo raggiunto è stato costituito dall’accoglienza riservata dai difensori al metodo di lavoro.

Tale accoglienza è stata largamente positiva, elemento di indubbio rilievo specialmente ove si consideri che il metodo (si ripete, estremamente semplice) si presentava apparentemente non in linea con la scelta effettuata dal legislatore.

Una discreta percentuale degli avvocati ai quali il metodo è stato proposto ha accettato la concessione di tutti i termini sin dalla udienza di prima comparizione (mod.1) per ottenere la pronuncia dell’ordinanza sulle eventuali attività istruttorie sin dalla prima udienza di trattazione (al termine del normalmente fallito tentativo di conciliazione).

Una più ampia percentuale degli avvocati ai quali il metodo è stato proposto ha invece accettato la concessione anticipata dei termini nel corso della prima udienza di trattazione (mod.2).

Solo molto raramente (in termini statisticamente non rilevanti) si è verificata l’ipotesi in cui i difensori ai quali il metodo è stato proposto abbiano rinunciato alle opportunità offerte dalla anticipata concessione dei termini optando per la più lenta previsione legislativa.

Peraltro dopo un lungo periodo di utilizzazione del sistema, necessario perché la sua conoscenza si diffondesse in una grande sede, si sono verificati anche casi di espressa richiesta della sua utilizzazione da parte dei difensori nella consapevolezza dell’evidente vantaggio che comportava.

Non si può negare che il metodo ha comportato iniziali tempi non celeri per la sua applicazione.

Agli avvocati, più che giustamente perplessi sulle apparenti difformità rispetto alla scelta legislativa, è stato necessario spiegare come l’applicazione del metodo non comportasse svantaggi ma concreti indubbi vantaggi (principalmente nei precisati termini di tempo) e tali spiegazioni hanno comportato non solo la doverosa disponibilità del giudice per convincere le parti ma, proprio per questo, tempi di trattazione della causa leggermente più lunghi nel corso dell’udienza in cui si proponeva il sistema (udienza di prima comparizione o prima udienza di trattazione).

Tale tempo di trattazione leggermente più lungo è stato però, e nessuno potrebbe negarlo, ampiamente compensato dal successivo guadagno, sempre in termini di tempo, ottenuto evitando una o due ulteriori udienze.

Relativamente al mod.1 si sottolinea che il solo elemento che ha impedito (nell’ambito della positiva accoglienza riservata al metodo di lavoro) un definitivo successo della proposta svolta è dovuto ad un fattore che può ritenersi estraneo al metodo di lavoro e che, in parte, potrebbe prevedersi come facilmente superabile ove la conoscenza del sistema si diffondesse.

Con frequenza in udienza di prima comparizione era presente un avvocato in sostituzione del difensore della parte; tale avvocato, venendo a conoscenza solo all’udienza dell’opportunità offerta con il sistema di lavoro proposto preferiva non aderire (in assenza dell’effettivo difensore e specialmente se la sua parte era convenuta) alla prospettata accelerazione della causa così non concordando con l’utilizzazione del molto celere mod.1.

Ciò, comunque, si verificava alla sola udienza di prima comparizione in quanto tali perplessità (si sottolinea, solo da parte dei sostituti) raramente si ripresentavano nella successiva prima udienza di trattazione in cui facilmente anche i sostituti (risultando venute meno tutte le incertezze) concordavano con il comunque conveniente mod.2.

Con l’utilizzazione di questo metodo di lavoro alla già sottolineata maggiore celerità della trattazione si accompagna una riduzione del tempo perso dai difensori per le udienze (aspetto certamente da essi apprezzato) nonché una comprensibile soddisfazione professionale per difensori e giudice nel pervenire con maggiore celerità al momento in cui è chiara la posizione giuridica delle parti unitamente alle loro definitive istanze e produzioni.

Agli evidenti e già sottolineati aspetti positivi di tale sistema di lavoro si accompagnano alcuni aspetti negativi:

– nell’ipotesi di utilizzazione del mod.1 (ove più evidente è l’anomalia

del sistema attuato a causa della concessione dei termini di cui all’art. 183, 5^ comma, prima della prima udienza di trattazione) le attività di cui all’art. 183, 4° comma, devono essere svolte nella memoria di cui al 5° comma (con qualche problema in ipotesi di richiesta di chiamata in causa del terzo),

– l’udienza di prima trattazione perde tale sua funzione trasformandosi in una udienza certamente “ibrida” (pur se di maggiore spessore, il suo contenuto si amplia dal semplice interrogatorio delle parti e tentativo di conciliazione alla discussione sulle istanze istruttorie e alla relativa decisione del giudice)

– se le parti conciliano nel corso della prima udienza di trattazione l’accelerazione attuata con il mod.1 ha avuto come risultato l’effettuazione da parte dei difensori di un lavoro (memorie ex 183 e 184) del tutto inutile,

– un eventuale terzo interveniente all’udienza di prima trattazione vedrebbe tutti i termini (perentori) già concessi,

– il processo si trasforma, nella sostanza, in un processo scritto costituito dalle varie memorie nelle quali i difensori svolgono, successivamente, tutte le loro difese.

Appare poi evidente che lo sperimentato metodo di lavoro “condensa” in una sola udienza le attività previste dal legislatore in due o tre udienze, e ciò comporta che l’attività che il giudice dovrebbe svolgere nel corso del tempo sia svolta in una ridotta unità di tempo, con conseguente suo maggiore onere.

Si ritiene però che questo aspetto non sia da registrare tra quelli negativi del metodo di lavoro (e si spera che ogni giudice, ove il metodo sia condivisibile per altre considerazioni, concordi con tale conclusione).

Relativamente a questi aspetti negativi, nonché ad altri che un più approfondito studio può far emergere, occorre però richiamare l’iniziale osservazione con la quale si è riconosciuto che questo metodo di lavoro è certamente meno organico della previsione legislativa e, per ciò stesso, leggermente più imperfetto.

Occorre contemporaneamente dire che, limitatamente alla esperienza di chi scrive, gli aspetti negativi sono rimasti su un piano puramente teorico in quanto nessuno di essi si è mai evidenziato nella trattazione delle cause comportando poi conseguenti problemi.

Premesso che solo l’eventuale sperimentazione in altre sedi giudiziarie o presso altre sezioni e, comunque, da parte di un maggiore numero di giudici può da un lato evidenziare problemi che, nella esperienza di chi scrive, si sono dimostrati del tutto inesistenti e dall’altro sancire un definitivo successo del metodo di lavoro, occorre infine sottolineare quanto segue.

Come si è detto il maggior successo conseguito con l’applicazione del metodo di lavoro descritto è stato acquisire la consapevolezza che se il legislatore, con le nuove norme, non ha offerto un convincente strumento di lavoro per la celere definizione delle cause è invece possibile, interpretando quelle norme nella maniera più congeniale ad una celere trattazione delle controversie, realizzare comunque quello strumento di lavoro.

E ciò con una indubbia soddisfazione degli avvocati che, se quello strumento attendevano e non hanno ottenuto, hanno dimostrato di sapere cogliere la minima opportunità loro offerta per superare le lentezze alle quali quelle norme li costringevano.

Mariano DEL PRETE

MODULO 1

TRIBUNALE DI MILANO

All’udienza ai sensi dell’art. 180 c.p.c. del …………………………..ore……………

sono comparsi

per la parte attrice l’avv……………………………………………………………………….

per la parte convenuta l’avv. ………………………………………………………..

……………………………………………………………………………………..

Il Giudice

verificata la regolarità del contraddittorio, su concorde istanza delle parti, al fine di una più celere trattazione della causa, concede alle stesse, anticipandoli rispetto alla previsione normativa, i seguenti termini:

ai sensi dell’art. 183, 5° comma, c.p.c.

fino al ……………………….. per il deposito di memorie contenenti precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte nonché fino al ……………………..per replica alle domande nuove o modificate e per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle stesse,

ai sensi dell’art. 184, 1° e 2° comma, c.p.c.

fino al ……………………per produzione di documenti ed indicazione di mezzi di prova nonché fino al …………………….. per indicazione di prova contraria,

RINVIA

alla prima udienza di trattazione nonché di ammissione dei mezzi di prova

del …………………………………… ore …………………..

MODULO 2

All’udienza ai sensi dell’art. 183 c.p.c. del ……………………..sono comparsi

per la parte attrice l’avv. ……………………………………………………………………..

per la parte convenuta l’avv. ………………………………………………………………..

……………………………………………………………………………..

Sono personalmente presenti: ………………………………………………..

…………………………………………………………………………………

Il Giudice

interroga liberamente le parti presenti svolgendo tentativo di conciliazione che ha esito negativo. Su concorde istanza delle parti, al fine di una più celere trattazione della causa, concede alle stesse i seguenti termini:

ai sensi dell’art. 183, 5° comma, c.p.c.

per il deposito di memorie contenenti precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte fino al……………………… nonché per replica alle domande nuove o modificate e per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle stesse fino al………………………

ai sensi dell’art. 184, 1° e 2° comma, c.p.c.

per produzione di documenti ed indicazione di mezzi di prova fino al………………………, per indicazione di prova contraria fino al………………….

RINVIA

alla udienza di ammissione dei mezzi di prova

del ………………………………. ore ………………..

Redazione

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