Infatti, perché gli sforzi pubblici sortiscano gli effetti sperati in ordine ad economicità, efficacia, ed efficienza, nonché soddisfazione dell’interesse pubblico a che il cittadino possa usufruire del “pubblico”,è necessario che il cittadino sia preparato a recepire le agevolazioni offerte dalla struttura telematica.
La cittadinanza dell’era elettronica
Com’è stato osservato “La cittadinanza nell’era elettronica non solo presuppone un’alfabetizzazione informatica diffusa, ma richiede concrete possibilità di “facile accesso alla rete…Oggi la ‘nuova cittadinanza’è il diritto di non essere escluso dall’uso delle risorse telematiche che queste strutture pubbliche e in particolare dall’uso delle risorse telematiche che queste strutture possono offrire. Inclusione e accesso sono momenti essenziali della ‘nuova cittadinanza’.
Il problema in esame attiene prettamente a due distinte linee di sviluppo correlate e consequenziali: da un lato, infatti, appare indispensabile analizzare in questa sede il tema dei nuovi diritti dei cittadini; d’altro lato, invece si deve evidenziare l’aspetto relativo all’alfabetizzazione informatica.
Per poter analizzare correttamente entrambi i profili sembrerebbe opportuno prendere spunto dal più recente testo normativo intervenuto in materia, il decreto legislativo n. 82 del 2005, noto come il Codice dell’Amministrazione digitale(CAD), così come modificato dal decreto correttivo D.Lgs 4 Aprile 2006, n.159. Inoltre si dovrà necessariamente fare riferimento all’art. 7, comma 3 quater del decreto legge 14 Marzo 2005,n. 35,Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico,sociale e territoriale,convertito con modificazioni nella legge 14 Maggio 2005,n. 80, e alla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 Novembre 2005,Linee guida per la pubblica amministrazione digitale per il 2006.
Partendo dal primo punto, in particolare l’articolo 3 del CAD,rubricato “Diritto all’uso delle tecnologie” stabilisce al primo comma che “I cittadini e le imprese hanno diritto a richiedere ed ottenere l’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni centrali e con i gestori di pubblici servizi statali nei limiti di quanto previsto nel presente codice”.
I primi commentatori hanno osservato come il testo del decreto delineasse una “situazione giuridica a fattispecie chiusa”.
L’evoluzione del dato normativo
Dalla lettura del dettato normativo nella sua prima versione emergeva infatti come i titolari della posizione giuridica soggettiva fossero i “cittadini”,intendendo con tale termine i soggetti titolari di tutti i diritti civili e politici riconosciuti dal nostro Ordinamento,e le “imprese”. Si rilevava come tale posizione giuridica soggettiva vantata fosse quella qualificata come “diritto”, anche se tale sfera di attribuzione fosse comunque limitata all’utilizzazione di tecnologie telematiche “nelle comunicazioni”.Infine appare necessario evidenziare come l’esercizio di tale diritto fosse ulteriormente ridotto dalla possibilità di esercitarlo esclusivamente nei confronti di pubbliche amministrazioni “centrali”e di gestori di servizi pubblici “statali”, “nei limiti di quanto previsto”dallo stesso codice.
In altri termini, la fattispecie normativa originariamente prevista dall’allora unico comma dell’articolo in oggetto e dell’art. 7,comma 3 quater,del DL. 35 del 14 Marzo 2005,con particolare riferimento al tipo di attività che il cittadino ha diritto di esercitare e pretendere dall’Amministrazione emergerebbe inoltre l’obbligo per la P.A. di “ricevere,nonché inviare se richiesto,anche in via telematica,nel rispetto della normativa vigente, la corrispondenza,i documenti e tutti gli atti relativi ad ogni adempimento amministrativo,utilizzando all’uopo le risorse finanziarie già disponibili per le esigenze informatiche”.
Nel Parere del Consiglio di Stato sul CSD e nei commenti pubblicati nell’imminenza dell’entrata in vigore del Codice era stata evidenziata proprio la difficoltà di attribuire un concreto ambito innovativo alla norma in esame,in considerazione della totale assenza di strumenti finalizzati a tutelare la posizione giuridica soggettiva prevista dalla stessa norma,della cui natura comunque si discute.
Infatti, benché l’articolo in esame sia rubricato “Diritto all’uso delle tecnologie”, si era anche ipotizzato che non si trattasse di un vero e proprio diritto ma di un interesse legittimo. Peraltro, le previsioni del CAD erano e sono tutt’ora prive di copertura finanziaria:appare quindi fortemente improbabile che un tale diritto possa essere soddisfatto nell’immediato.
Il nuovo CAD
Su queste perplessità è intervenuto il decreto legislativo correttivo del CAD che ha introdotto ulteriori due commi all’articolo 3. Con il comma 1-bis è stato esteso il principio di cui al primo comma alle amministrazioni regionali e locali “nei limiti delle risorse tecnologiche ed organizzative disponibili e nel rispetto della loro autonomia normativa”; il comma 1 ter dispone che “le controversie concernenti l’esercizio del diritto di cui il comma 1 sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo”.
Per quanto attiene al comma 1-bis sembra opportuno evidenziare come il Governo abbia voluto rimediare all’evidente originaria carenza che limitava la nuova posizione giuridica soggettiva solo alle comunicazioni con le amministrazioni statali,laddove invece come noto il maggior numero di servizi sono offerti dalle amministrazioni più vicine al cittadino,le amministrazioni locali.
Occorre però sottolineare con forza come in questo caso la posizione giuridica soggettiva sia attivabile solo ed unicamente nei limiti delle risorse disponibili per l’introduzione delle tecnologie informatico-telematiche in queste P.A. Secondo l’interpretazione del Consiglio di Stato in sede consultiva, anche tale elemento si potrebbe dedurre la natura di interesse legittimo della posizione giuridica soggettiva vantata dal cittadino.
In altri termini, non è molto chiaro se il Governo abbia voluto rimediare ad una preventiva carenza della norma, ma nel far questo si sia autolimitato per rispettare i limiti costituzionali – e quindi intervenendo per garantire la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale, ma facendo comunque in qualche modo salva l’autonomia organizzativa delle amministrazioni non statali-;oppure se il Governo,al di la dell’indicazione testuale, abbia in realtà voluto confermare che non si tratti di un vero e proprio diritto soggettivo nella sua pienezza.
Ma su tale punto occorre rilevare come il condizionamento del diritto dalla sussistenza delle risorse finanziarie non consenta di escludere automaticamente la sussistenza del diritto stesso. Come noto, infatti, la Corte Costituzionale ha recentemente creato la categoria dei diritti finanziariamente condizionati, riferendo tale tipologia ai diritti sociali.
Peraltro, la più recente dottrina ha spesso fatto cenno alla categoria dei cd. “diritti di terza generazione!. Tali diritti(cortesia e rispetto,celerità,informazione,partecipazione,qualità della vita), come è stato osservato, “costituiscono obiettivi per l’amministrazione che al miglior conseguimento di essi deve ispirare la propria azione…in tutti questi casi la normazione,pur non occupandosi dell’azione dell’amministrazione in quanto tale,viene a determinare implicitamente le regole d’esercizio della stessa: essa deve garantire ai cittadini,con le risorse limitate di cui dispone,il perseguimento degli obiettivi prefissati con standards di qualità ed efficienza migliori possibili.”
Ma il Consiglio di Stato, a sostegno della tesi dell’interesse legittimo,eccepisce proprio il fatto che l’articolo 3 in esame sia una norma di carattere organizzatorio e, secondo l’iter argomentativo della Corte Costituzionale contenuto nella citata sentenza 204/2004 l’esercizio del potere organizzatorio delle P.A. è esercizio di poteri autoritativi e pertanto “non si possono ordinariamente scorgere diritti soggettivi in senso proprio, se non per quanto riguarda i limiti esterni del potere,ma solo interessi legittimi.”
Quanto ora evidenziato andrebbe però cooordinato con la giurisdizione in tema di tale posizione giuridica soggettiva prevista dallo stesso articolo. In merito al comma 1 ter dell’articolo 3 occorre rilevare come la prima stesura del decreto correttivo prevedesse che le controversie concernenti l’esercizio del diritto di cui allo stesso articolo 3 fossero devolute al giudice ordinario.
Il Consiglio di Stato, nel parere sullo schema di decreto n. 31/2006 aveva però evidenziato come la giurisdizione dovesse appartenere al giudice amministrativo, giudice naturale della pubblica amministrazione. Secondo quanto sostenuto dalla Sezione consultiva “è possibile che l’Amministrazione sia stata indotta alla diversa soluzione dalla recente sentenza della Corte Costituzionale n. 204/2004, in materia di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo.”
In realtà, benché le risorse economiche limitate giustifichino il tentativo di sostenere la tesi dell’interesse legittimo, in linea con quanto auspicato prima dell’entrata in vigore del CAD, sembrerebbe più corretta la configurazione in capo al cittadino-utente telematico di un vero e proprio diritto soggettivo nei confronti della P.A.
La tecnica legislativa usata non appare chiara né tantomeno soddisfacente: l’idea di creare un “diritto”nuovo in capo al cittadino per “spronare”la P.A. ad adottare con sequenzialmente riforme organizzative di tale portata, e, soprattutto, senza lo stanziamento di alcuna risorsa economica per l’abbisogna,renderà probabilmente la norma lettera vuota. Appare comunque indubbio che l’Amministrazione potrà trovare, in quanto disposto dall’articolo 3 e da tutte le altre norme del Codice,un incentivo almeno per una riflessione sui modelli operativo-organizzativo esistenti.
Non rimane che interrogarsi su quale veste e quale forma assumerà un’eventuale pretesa che un primo pionieristico cittadino riterrà di dover far valere davanti al giudice amministrativo nei confronti di una delle tante P.A. che, per evidente impossibilità oggettiva, rimarranno inerti di fronte al dettato normativo.
AVV. MARIA ANNA FILOSA
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