La revisione della patente di guida
Tra i provvedimenti che incidono sulla patente di guida una posizione particolare è occupata dall’istituto della revisione della patente.
Tale provvedimento consiste nella verifica in capo al titolare della persistenza dei requisiti psico-fisici e /o dell’idoneità tecnica mediante lo svolgimento di un nuovo esame teorico-pratico di guida.
Nel nostro ordinamento la revisione nasce come provvedimento avente natura cautelare[1] con la finalità di tutelare la sicurezza della circolazione stradale dal pericolo derivante dal persistere nella guida da un soggetto di dubbia idoneità. In particolare l’art. 128 CdS prevede: “Gli uffici competenti del Dipartimento per i trasporti terrestre, nonché il prefetto nei casi previsti dagli articoli 186 e 187, possono disporre che siano sottoposti a visita medica presso la commissione medica locale di cui all’art. 119, comma 4, o ad esame di idoneità i titolari di patente di guida qualora sorgano dubbi sulla persistenza nei medesimi dei requisiti fisici e psichici prescritti o dell’idoneità tecnica. L’esito della visita medica o dell’esame di idoneità sono comunicati ai competenti uffici del Dipartimento per i trasporti terrestri per gli eventuali provvedimenti di sospensione o revoca della patente”.
Trattasi quindi di un provvedimento avente natura cautelare e non sanzionatorio che si concretizza in un controllo sul permanere dell’idoneità alla guida.[2]
In linea generale la revisione ex art. 128 Cds può essere disposta, in seguito a valutazione discrezionale dei competenti Uffici, quando un determinato comportamento di un soggetto titolare di patente di guida generi il dubbio sulla persistenza dei requisiti fisici, psichici e/o dell’idoneità tecnica. Tuttavia esistono alcune situazioni in cui il legislatore, con vari interventi succedutisi nel tempo, ha stabilito che debba essere comunque disposta la revisione della patente di guida e cioè in caso di coma di durata superiore a 48 ore (co. 1 bis), quando il conducente, coinvolto in un incidente stradale, ha determinato lesioni gravi alle persone e a suo carico sia stata contestata la violazione di una delle disposizioni del Cds da cui consegue l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida (co. 1 ter), quando il conducente, minore degli anni diciotto, abbia violato una delle disposizioni del Cds da cui consegue l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida (co. 1 quater) e quando i medici competenti ad accertare i requisiti fisici e psichici (indicati nell’art. 119, co.2 Cds – co. 1 quinquies) accertino la sussistenza, in soggetti già titolari di patente, di patologie incompatibili con l’idoneità alla guida. Infine la revisione della patente può essere disposta dal Prefetto nei confronti delle persone alle quali siano state applicate le misure amministrative di cui all’articolo 75 del Dpr 9 ottobre 1990, n. 309 (casi di detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale).
In tutte queste ipotesi di revisione, sia che conseguano a valutazioni di tipo discrezionale da parte dei competenti uffici, sia che facciano seguito obbligatoriamente al verificarsi di determinate situazioni, la finalità è comunque sempre cautelare.
La revisione della patente per azzeramento del punteggio (c.d.RA)
A seguito dell’introduzione dell’istituto della patente a punti[3], è stata prevista invece una ipotesi di revisione della patente, in caso di azzeramento del punteggio, disciplinata dall’art. 126bis, comma 6, C.d.S., che è stata definita dalla giurisprudenza di natura sanzionatoria.[4] Come affermato dal G.A., il legislatore, con la previsione della patente a punti, ha voluto ridefinire il contenuto del provvedimento autorizzatorio costituito dalla patente di guida, confermandone la natura di titolo abilitante alla guida il cui contenuto autorizzatorio però è ora “ab origine collegato al costante rispetto delle norme disciplinanti la circolazione stradale, di modo che una pluralità di violazioni (debitamente pesate dallo stesso legislatore), possono determinare la necessità di risottoposizione del titolare di patente ad esame di idoneità tecnica”[5]
Volume di riferimento
L’ipotesi speciale di revisione della patente introdotta dalla legge 120/2010 (c.d.R5) : tre violazioni da almeno cinque punti in un anno
In seguito il legislatore, con l’art. 22 della legge 120/2010, seguendo sempre il principio che la persistenza di efficacia del titolo abilitante alla guida sia collegata al rispetto delle norme del Cds, ha modificato il comma 6 dell’art. 126bis, introducendo un’ulteriore ipotesi, sempre di natura sanzionatoria, nella quale si è sottoposti alla revisione della patente: è il caso in cui nell’arco di dodici mesi si commettano tre violazioni, non contestuali, che comportino ognuna la perdita di almeno cinque punti.
In particolare, il detto comma 6, dopo aver previsto la sottoposizione all’esame di idoneità tecnica nel caso di perdita totale del punteggio, recita testualmente: “… Al medesimo esame deve sottoporsi il titolare della patente che, dopo la notifica della prima violazione che comporti una perdita di almeno cinque punti, commetta altre due violazioni non contestuali, nell’arco di dodici mesi dalla data della prima violazione, che comportino ciascuna la decurtazione di almeno cinque punti. Nelle ipotesi di cui ai periodi precedenti, l’Ufficio del Dipartimento per i trasporti terrestri competenti per territorio, su comunicazione dell’Anagrafe nazionale degli abilitati alla guida, dispone la revisione della patente di guida…”.
I requisiti della revisione della patente R5
Al fine di precisare esattamente i contorni di tale tipo di revisione, si ritiene opportuno sottolineare che due sono i requisiti previsti dalla norma per l’emissione del provvedimento di revisione:
la commissione nell’arco temporale di dodici mesi di altre due violazioni comportanti la perdita di 5 punti dopo la notifica della prima violazione, anch’essa comportante la decurtazione di n. 5 punti;
la non contestualità delle ulteriori 2 violazioni.
Va in primo luogo quindi evidenziato che, con tale previsione, il legislatore ha inteso “punire” comportamenti gravi ai fini della sicurezza stradale (comportanti la perdita ciascuno di almeno 5 punti) reiterati in un breve lasso di tempo (dodici mesi). A fronte cioè di gravi violazioni quali ad esempio in materia di velocità, di precedenza, ecc., commesse in uno spazio di tempo limitato, il legislatore ha ritenuto opportuno sottoporre il conducente alla verifica dell’idoneità tecnica. Dunque le suddette tre decurtazioni di almeno 5 punti, oltre a comportare la normale perdita del punteggio totale, costituiscono, secondo la valutazione del legislatore, una quantità di violazioni tale da determinare le condizioni per l’emanazione del provvedimento di revisione denominato R5.
Trattasi quindi di un’ipotesi speciale di revisione della patente.
In questo caso, a differenza della revisione di cui all’art. 126bis per azzeramento, non è richiesta la totale perdita dei punti. La revisione R5 infatti scatta anche in presenza di una situazione positiva del punteggio purchè ricorrano i presupposti sopra indicati (tre violazioni da almeno 5 punti commesse in un anno). Come evidenziato dal Consiglio di Stato “il Legislatore, nell’ambito della propria discrezionalità, ha stabilito che il contravventore recidivo reiterato infrannuale debba sottoporsi a revisione della patente di guida. Non pare al Collegio simile previsione illogica, né irrazionale ed anzi ben si inquadra in una esigenza specialpreventiva resa pressante dai gravi episodi di illecito commessi mercé violazione di norme cautelari previste dal Codice della Strada”[6].
Va precisato che ciò che rileva ai fini della configurazione della revisione in esame è la commissione di tre violazioni in un anno.
Il riferimento è alla data di commissione delle violazioni e non alla data di notifica dei relativi verbali.
Ciò si evince chiaramente dal testo dell’art.126 bis, co.6, che richiede esplicitamente “…nell’arco di dodici mesi dalla data della prima violazione…..”…..la commissione di altre due violazioni non contestuali da almeno 5 punti.
Occorre dunque definire il significato di contestualità.
Secondo il linguaggio comune, il concetto di contestualità implica il susseguirsi degli atti senza interruzione di tempo tra di loro, il verificarsi di un atto immediatamente dopo un altro. Quindi, nel caso di specie si ritiene che debbano considerarsi contestuali le diverse violazioni che siano state commesse con un’unica azione[7] (ad esempio: passaggio con il semaforo rosso, senza mettere le cinture di sicurezza, parlando al cellulare).[8]
Va altresì precisato che la frequenza dei corsi di recupero di cui al comma 4 dell’art. 126bis non vale in ogni caso a neutralizzare l’effetto prodotto dalle tre violazioni da almeno 5 punti commesse in un anno ovvero la revisione R5 della patente. Ciò in considerazione del carattere speciale e dello scopo perseguito dal legislatore con tale tipo di revisione.
Ed infatti per tale tipo di revisione i corsi di recupero non avrebbero alcun senso logico e vanificherebbero la finalità della norma in quanto in tale ipotesi non si tratta di ricostituire un punteggio per evitare la revisione per azzeramento, bensì il legislatore ritiene necessario e non evitabile la sottoposizione all’esame di revisione in quanto il soggetto si è reso responsabile nell’arco di un anno di tre gravi violazioni.
In conclusione, a fronte di tre gravi violazioni commesse in un anno il legislatore prevede unicamente una nuova verifica del possesso dei requisiti di idoneità tecnica tramite sottoposizione all’esame.
Così come appaiono del tutto inconferenti i richiami alle norme sulla comunicazione di decurtazione.
In disparte la considerazione che la Cassazione[9] ha più volte affermato il valore non costitutivo della comunicazione di decurtazione che discende dal verbale, nel caso specifico le dette comunicazioni non avrebbero neanche potuto svolgere alcun ruolo relativamente ai corsi di recupero dato che i detti corsi, nello specifico, non sono ammessi.
In conclusione il legislatore, mosso dall’intento di rafforzare il sistema sanzionatorio per assicurare la sicurezza della circolazione stradale, ha introdotto il provvedimento di revisione in esame che si configura come ipotesi speciale rispetto al provvedimento di revisione per azzeramento dei punti, ritagliando all’interno del sistema dei punti patente una particolare conformazione che evidenzia una maggiore pericolosità del soggetto agente.
Note
[1] In particolare già l’art. 91 del R.D. 8 dicembre 1933, n. 1740 (Norme per la tutela delle strade e per la circolazione), prevedeva al comma 2 “in ogni tempo il Prefetto può far obbligo a singoli conducenti di sottoporsi a visita di revisione per accertare se sussistano ancora i requisiti fisici e psichici prescritti” e al comma 6: “Il Ministro per le Comunicazioni ha facoltà di sottoporre in qualunque tempo, in seguito a segnalazione dei Prefetti e dei direttori dei Circoli Ferroviari i singoli conducenti a un esperimento di controllo per accertare che gli stessi conservino la necessaria abilità alla guida”. In seguito la materia veniva disciplinata dal D.P.R..15 giugno 1959 (Testo unico delle norme sulla circolazione stradale) che all’art. 89 stabiliva: “I Prefetti e gli Ispettorati della motorizzazione civile possono disporre che siano sottoposti a visita medica o ad esame di idoneità i titolari di patente di guida qualora sorgano dubbi sulla persistenza nei medesimi dei requisiti fisici e psichici prescritti o della idoneità”. Tale norma è stata poi abrogata dal D. lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo Codice della strada) e sostituita dall’art. 128.
[2] Per tutte cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 03-10-2018, n. 5682 : “L’istituto della revisione della patente di guida di cui all’art. 128, comma 1, del codice della strada non configura né costituisce sanzione amministrativa, sia pure accessoria, bensì rappresenta un provvedimento amministrativo non sanzionatorio, funzionale alla garanzia della sicurezza del traffico stradale”.
[3] Articolo inserito nel Cds dall’art. 7, comma 1, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, a decorrere dal 1° gennaio 2003; successivamente, tale termine è stato prorogato al 30 giugno 2003, dall’art. 10, comma 1, D.L. 25 ottobre 2002, n. 236, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2002, n. 284.
[4] Come sinteticamente riassunto nella recente sentenza del Consiglio di Stato 26 febbraio 2019, n. 1342 “secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, l’opposizione di cui agli articoli 22 e 23 della L. n. 689 del 1981 deve considerarsi, ormai, rimedio generale esperibile, salva espressa previsione contraria, contro tutti i provvedimenti sanzionatori, ivi compresi quelli, aventi carattere di sanzione accessoria, di decurtazione dei punti della patente (Cass. civ., sez.un., 29 luglio 2008, n. 20544), che, ai sensi degli articoli 204-bis, 205 e 216, comma 5, del codice della strada, rientrano nella competenza del giudice di pace (Cass. civ., sez.un., 23 aprile 2010, n. 9691), conseguendone, dunque, che anche l’impugnazione del provvedimento con il quale, a seguito dell’esaurimento del punteggio assegnato, è disposta la revisione della patente ex articolo 126-bis del codice, che di tale categoria di atti fa indubbiamente parte, va ascritta al giudice ordinario” Nello stesso senso Cass. SS. UU. Ord. 27 luglio 2015, n. 15690: “il provvedimento con il quale viene ordinato a titolare della patente di abilitazione alla guida di sottoporsi all’esame di idoneità tecnica nel caso di azzeramento dei punti partecipa della medesima natura di sanzione accessoria propria della perdita dei punti, applicata in conseguenza delle singole violazioni alle norme di comportamento nella circolazione stradale”.
[5] Cons. Stato, sez. IV, 14 gennaio 2019, n. 309. Nello stesso senso Cons. Stato , sez. IV, 29 settembre 2011, n. 5410.
[6] Cons. di Stato, sez. IV, 14 luglio 2015, n. 3508.
[7] La contestualità e cioè il susseguirsi di atti senza interruzione tra loro è presa in considerazione nel codice della strada per attenuare il regime sanzionatorio delle violazioni. Ed infatti: a) nel caso di sanzioni pecuniarie, l’art.198 c.1, prevede che, quando con una sola azione od omissione si commettano più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge, il responsabile soggiace alla sanzione prevista per la violazione più grave aumentata fino al triplo; b) per quanto riguarda la decurtazione punti, l’art.126 bis, c.1 bis. Cds, prevede che “Qualora vengano accertate contemporaneamente più violazioni delle norme di cui al comma 1 possono essere decurtati un massimo di quindici punti. Le disposizioni del presente comma non si applicano nei casi in cui è prevista la sospensione o la revoca della patente”; c) nel caso di revisione c.d. R5 le violazioni successive alla prima se contestuali non concorrono all’emanazione del provvedimento di revisione. Dalle suddette disposizioni può trarsi la conclusione che, il legislatore, con una valutazione attenta alla pericolosità del soggetto, considera meno riprovevoli comportamenti complessivi messi in atto con una azione unitaria.
[8] Il Tar Veneto (sez. III, 11 novembre 2015, n. 1392) definisce la non contestualità facendo riferimento a violazioni commesse “in tre eventi stradali diversi”.
[9] Cass. Civ., sez. II, ord. 16 aprile 2018, n. 9270: “la comunicazione della variazione di punteggio a cura dell’Anagrafe Nazionale è atto, privo di contenuto provvedimentale, meramente informativo la cui fonte è costituita dal verbale di contestazione”. Nello stesso senso anche Cons. St. sez. IV, 14 gennaio 2019, n. 309: “la comunicazione di ogni variazione di punteggio che l’Anagrafe Nazionale degli abilitati alla guida è tenuta ad effettuare all’autore dell’illecito costituisce non già il presupposto del provvedimento sanzionatorio (revisione della patente), che potrà essere in futuro emanato (…), bensì solo un’ulteriore comunicazione del fatto illecito comportante decurtazione di punteggio e quindi presupposto (eventuale) dell’adozione futura del provvedimento sanzionatorio. Né può sostenersi che, in assenza di comunicazione, il titolare del permesso di guida non sarebbe messo in condizione di recuperare i punti decurtati, attraverso la frequenza di corsi previsti dall’art. 126 bis, comma 4, così impedendogli la salvaguardia del titolo abilitativo”.
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