Condominio: l’uso delle parti comuni dell’edificio

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La comunione è una delle forme di proprietà che riconosce il diritto privato. Questa segna l’appartenenza di un bene a più soggetti. Tra queste, il codice civile riporta anche la disciplina del condominio.
Andrea Torrente osservava che: “una delle figure più complesse di comunione, largamente diffusa nell’edilizia moderna, è quella del condominio negli edifici, che si verifica quando gli appartamenti, di cui l’edificio consta, non spettano alla stessa persona, ma a persone diverse [1]. Approfondendo l’origine dell’istituto si scopre che: “il fenomeno del condominio è venuto in evidenza particolarmente con il grande sviluppo urbanistico dell’800 conseguente all’urbanesimo, cioè alla concentrazione della popolazione nelle città a seguito della rivoluzione industriale ed al declino dell’economia agraria [2]”.
Le norme che disciplinano la materia furono regolate, oltre che dal codice del 1865, dal r.d 15 gennaio 1934 n.5 e richiamate negli articoli 1117-11139 della vigente sistemazione civilistica. Nel corso del tempo, queste hanno subito differenti modifiche, tra cui la L.220/2012 che ha ridisegnato alcuni profili del settore.
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Indice

1. L’uso della cosa comune nel condominio: profili storici e giuridici


Nel condominio, oltre alle singole unità immobiliari, sono presenti anche le parti comuni. Questa è la vera caratteristica dell’immobile: avere delle pertinenze che collegano i singoli appartamenti.
Storicamente, il codice civile Pisanelli (1865) all’articolo 675 c.c dispone che: “ciascun partecipante può servirsi delle cose comuni, purché le impieghi secondo le loro destinazioni fissata dall’uso, e non se ne serva contro l’interesse della comunione o in modo che impedisca agli altri partecipanti di servirsene secondo il proprio diritto.[3]
La disciplina è presente nell’attuale articolo 1102 c.c, il quale dispone che: “ciascun partecipante può’ servirsi della cosa comune, purché’ non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può’ apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. Il partecipante non può’ estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso”.
L’articolo 1117 c.c menziona le unità necessarie all’uso comune come ad esempio: le fondamenta, le aree di parcheggio, i muri maestri, i vestiboli, i cortili, le scale, i portoni d’ingresso etc. La norma è stata arricchita inserendo, al terzo comma, le nuove introduzioni informatiche annoverando anche: “qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche”.
Dalla richiamata lettura ne discende che le parti comuni dell’edificio possono essere utilizzate da tutti gli appartenenti alla comunione, purché il loro uso non ostacoli quello degli altri partecipanti, e non venga alterata la destinazione d’uso del bene. La dottrina giuridica evidenzia che: “non soltanto l’uso della parti comuni- scale, portone d’ingresso, ascensori e, in genere, ogni servizio o manufatto accessorio all’uso e al godimento comune- ma anche l’esercizio dei diritti di ciascuno sulla proprietà esclusiva si deve misurare con l’esercizio degli altri diritti[4]”.
La Suprema Corte di Cassazione, con la pronuncia del 21 settembre 2011 numero 19207, ha disposto che: ”al singolo condomino è consentito servirsi in modo esclusivo di parti comuni dell’edificio soltanto alla duplice condizione che il bene, nelle parti residue, sia sufficiente a soddisfare anche le potenziali, analoghe esigenze dei rimanenti partecipanti alla comunione e che lo stesso, ove tutte le predette esigenze risultino soddisfatte, non perda la sua normale ed originaria destinazione, per il cui mutamento è necessaria l’unanimità dei consensi.”.
Gli studi in materia, in relazione all’importanza dei beni di cui si discute, evidenziano che: “poiché le c.d. parti comuni sono funzionali ad un miglior sfruttamento delle unità immobiliari di proprietà individuale, ne è sancita- per regola- la indivisibilità (proprio per ciò, la comunione, condominiale si dice “necessaria”) (art.1119 cod. civ.)[5].” La cronaca e le cause pendenti in tribunale ci raccontano che la vita in condominio è spesso fonte di discussioni, perciò consigliamo questo pratico volume, che fornisce la chiave per la risoluzione dei problemi più comuni: Manuale di sopravvivenza nel condominio

FORMATO CARTACEO

Manuale di sopravvivenza in condominio

La cronaca e le cause pendenti in tribunale ci raccontano che la vita in condominio è spesso fonte di discussioni. L’abuso degli spazi comuni, la suddivisione delle spese, la revoca dell’amministratore, che non risponde mai al telefono, ma anche la convivenza con l’odore di soffritto e il cane del vicino, le spese personali o condominiali?Uno sguardo all’indice ci consente di riconoscere i casi in cui ognuno di noi, almeno una volta nella propria esperienza, si è imbattuto.Questa pratica guida, che nasce dalla lunga esperienza in trincea nel mondo del condominio dell’Autore, non solo come avvocato, ma anche come giornalista, è scritta in modo chiaro e comprensibile a tutti, professionisti e non, amministratori e condòmini, per fornire la chiave per risolvere i problemi più ricorrenti.Luca SantarelliAvvocato cassazionista, giornalista pubblicista, politico e appassionato d’arte. Da sempre cultore del diritto condominiale che ritiene materia da studiare non solo sotto il punto di vista giuridico. Già autore di monografie, dal 2001 firma rubriche nel quotidiano la Nazione del gruppo QN e dal 2022 tiene rubriche radiofoniche per Radio Toscana. Relatore a numerosi convegni nel territorio nazionale, isole comprese.

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2. Le conclusioni


Alla luce di quanto esposto, le parti comuni possono dimostrarsi utili alle necessità dei condomini, purché vengano rispettati quei principi che, contenuti nel codice civile, consentono un buon uso del bene per la serena convivenza della collettività.

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Note


[1]A. TORRENTE, Manuale di diritto privato, Milano, Giuffrè, 1968, pag.331.
[2]M. BESSONE- AA.VV, Istituzioni di diritto privato, Torino, Giappichelli, 2003, pag.4444
[3]Codice civile, a cura di Franchi- Feroci- Ferrari, Milano, Hoepli, 1941.
[4]P.  PERLINGERI, Manuale di diritto civile, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1997, pag.194.
[5]A. TORRENTE- P. SCHLESSINGER, Manuale di diritto privato, Milano, Giuffrè, 2007, pag.305.

Gianluca Giorgio

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