Vaccini Covid: la prevenzione dal contagio vicina allo zero

Allegati

Il Giudice di Pace di Fano, con provvedimento n. 92 del 28 luglio 2023, ha chiarito che Il grado di prevenzione dal contagio dei vaccini Covid è prossima allo zero.

Giudice di Pace di Fano-sent. n. 92 del 28-07-2023

Indice

1. Il caso


Il caso prende le mosse dall’avviso di addebito con cui si contestava al ricorrente la violazione dell’obbligo vaccinale di cui al famigerato art. 4 D.L. 44/2021, in quanto soggetto ultracinquant’enne che non aveva iniziato il ciclo vaccinale primario. Veniva perciò impugnata dinanzi al Giudice di Pace competente per il valore, la sanzione pecuniaria di 100 euro, contestando plurimi motivi.
Costituitasi in giudizio l’ADER, faceva proprie tutte le argomentazioni inerenti al principio di precauzione, alla prevenzione, della non ingerenza nel diritto alla vita privata se viene perseguito l’obiettivo superiore di proteggere la salute pubblica; affermava inoltre che i vaccini rappresentano valide garanzie per un elevato livello di protezione dal contagio, respingendo la tesi che rappresentino trattamenti sperimentali. Richiamava infine le conclusioni della Corte Costituzionale che avevano rigettato le censure di incostituzionalità dell’obbligo vaccinale.

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2. La decisione sulla prevenzione dei vaccini Covid


La decisione, valutate le doglianze di ambo le Parti, ha ritenuto di discostarsi dalle pronunce espresse dalla Corte Costituzionale, sulla scorta della natura non vincolante delle medesime, “in quanto l’unico effetto processuale del rigetto dell’eccezione di illegittimità costituzionale” è la non riproponibilità da parte dello stesso “Giudice rimettente nel corso del medesimo grado di giudizio”. Del resto, “l’osservanza dell’interpretazione della legge spetta esclusivamente alla Corte di Cassazione”, come stabilito dall’art. 65 del R.D. 12/1941 sull’ordinamento giudiziario. Peraltro, eccezion fatta per i rinvii di legittimità che enunciano un principio di diritto a cui attenersi nella nuova decisione a seguito di cassazione del provvedimento impugnato, resta salvo per i giudici di merito la facoltà di discostarsi dall’orientamento di precedenti orientamenti, non vertendo in tema di Common law.
Orbene, la decisione in commento sostiene che, a parere della Consulta, il fine della campagna vaccinale era quella di ridurre la circolazione del virus; “come precisato nelle sentenze n. 14 e 15, la vaccinazione anti covid costituisce una misura di prevenzione fondamentale per contenere la diffusione del virus con elevata efficacia dei vaccini”.
Siffatta tesi, tuttavia, non resiste alle evidenze fattuali: sposando le motivazioni del tribunale militare di Napoli del 10 marzo 2023, anche il Giudice di Pace di Fano sostiene come i vaccini de quibus “non sono strumenti idonei in nessun modo a prevenire il contagio dal virus; infatti, tali vaccini in commercio non sono idonei ad impedire ai soggetti di essere contagiati e nemmeno di contagiare a propria volta, quindi non appaiono strumenti di prevenzione, rivelandosi percentualmente idonei in misura né pari nè vicina al 100% ma di fatto prossima allo zero”.
E – prosegue – “l’efficacia vaccinale non può quindi ritenersi provata quale strumento di prevenzione tenuto conto del fatto notorio che i soggetti vaccinati possono contrarre e trasmettere il contagio”, e dunque, tanto i vaccinati quanto i non vaccinati sono sostanzialmente “equivalenti.
Da ultimo, viene esaminata la pregressa giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr. sentenze 258/94 e 307/90) che afferma come la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost. soltanto qualora gli effetti avversi prevedibili fossero stati temporanei, di scarsa entità e tollerabili, ma “mai, quindi se gli effetti avversi prevedibili fossero gravi, irreversibili ed anche fatali”. Pertanto, considerato che “l’art. 32 Cost. tutela in primo luogo la salute come fondamentale diritto dell’individuo e soltanto successivamente come interesse della collettività, un trattamento sanitario può essere quindi imposto solo nella previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute dell’individuo che vi è assoggettato, salvo che per le sole conseguenze temporanee e di scarsa entità, e pertanto tollerabili”; mentre, “ritenere  compatibili con l’art. 32 della Costituzione quei trattamenti sanitari obbligatori che provocano effetti avversi ed anche fatali, non appare quindi condivisibile in quanto violerebbe i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
 

3. Conclusioni


Il ricorso in opposizione viene quindi accolto, in quanto il provvedimento impugnato risulta illegittimo. Le spese di lite seguono la soccombenza, onde per cui la Resistente ADER è condannata al pagamento delle spese, liquidate in euro 250 per compensi professionali per l’assistenza legale ed euro 43,00 per le anticipazioni versate dal Ricorrente a titolo di contributo unificato, dovuto per l’iscrizione della causa, ai sensi del DPR 115/2002.
 

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Cristina Malavolta

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