Massima
In tema di efficacia probatoria dei documenti informatici, il messaggio di posta elettronica (cd. e-mail) costituisce un documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppure privo di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche di cui all’art. 2712 c.c. e, pertanto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime.
Il giudizio di merito e la questione controversa
La società Alfa depositava ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti della società Beta, per sentirla condannare al pagamento del prezzo di una fornitura di beni mobili.
A fondamento della propria domanda, la società Alfa produceva uno scambio di e-mail con la società Beta: in primo luogo, la mail con cui la società Beta proponeva un piano di rientro per il credito scaduto; in secondo luogo, la mail con cui la società Alfa accettava tale piano.
Per quanto di interesse ai nostri fini, la Corte d’appello di Milano ha ritenuto che lo scambio di e-mail, non contestate “quanto alla loro provenienza e testuale contenuto“, fosse idoneo a provare il contratto di fornitura intercorso fra le parti e, di conseguenza, il credito azionato in sede monitoria.
Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso proposto dalla società Beta.
Ordinanza della Suprema Corte
Investita della questione, la Suprema Corte chiarisce alcuni aspetti essenziali sulla natura giuridica della e-mail e sulla efficacia probatoria da accordarle nel processo civile.
Per chiarezza espositiva, può essere utile evidenziare i seguenti passaggi decisionali:
- la e-mail si definisce un “documento informatico” ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. p) del d.lgs. n. 82/2005[1], vale a dire un “documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti”;
- la e-mail è un documento informatico privo di firma;
- la e-mail rientra tra le riproduzioni informatiche di cui all’art. 2712 c.c. e, come tale, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale viene prodotta non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime.
Nel caso di specie, considerato che le e-mail prodotte dalla società Alfa non sono state contestate “quanto alla loro provenienza e testuale contenuto” da parte della società Beta, la Corte territoriale ha correttamente ritenuto dimostrata l’esistenza del rapporto contrattuale, nonché correttamente verificato l’importo del credito azionato col decreto ingiuntivo.
Osservazioni
Premesso che è fuori discussione che la e-mail sia da qualificarsi un “documento informatico” secondo il codice dell’amministrazione digitale, lo snodo decisivo sta nell’intendere la e-mail un documento informatico firmato ovvero un documento informatico non firmato.
È proprio questo profilo che consente di individuare due distinti orientamenti della giurisprudenza in tema di valenza probatoria della e-mail nel processo civile.
Secondo un primo orientamento, la e-mail sarebbe un documento informatico recante una firma elettronica semplice[2].
La firma elettronica semplice sarebbe costituita dalla combinazione di user name e password, i quali consentono l’associazione della e-mail al soggetto al quale corrisponde la casella di posta da cui il messaggio è stato spedito[3].
Ai sensi dell’art. 20 comma 1-bis del codice dell’amministrazione digitale, il valore probatorio del documento informatico a cui è apposta una firma elettronica semplice è liberamente valutabile in giudizio, tenuto cono delle caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità del documento medesimo[4].
Sul punto, è di grande interesse la recentissima Cass. n. 5523/2018, secondo cui “quanto all’efficacia probatoria dei documenti informatici, l’art. 21 del medesimo D.Lgs., nelle diverse formulazioni, ratione temporis vigenti, attribuisce l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del cod. civ. solo al documento sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, mentre è liberamente valutabile dal giudice, ai sensi dell’art. 20 D.Lgs 82/2005, l’idoneità di ogni diverso documento informatico (come l’e-mail tradizionale) a soddisfare il requisito della forma scritta, in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità ”.
Secondo altro orientamento, a cui appartiene l’ordinanza qui annotata, la e-mail sarebbe un documento informatico non firmato.
I codici di identificazione, per essere utilizzati come firma del documento, devono essere inviati dal mittente al destinatario del messaggio.
Nel caso della e-mail, l’utente trasmette un messaggio attraverso la propria casella di posta solo dopo essersi identificato al fornitore del servizio, mediante uno user name associato ad una password.
Ebbene, user name e password di certo non vengono inviati al destinatario del messaggio, bensì sono utilizzati al solo scopo di far identificare il mittente al fornitore del servizio.
In altri termini, user name e password non svolgono alcuna funzione dichiarativa: a rigore, quindi, il messaggio di posta elettronica non potrebbe dirsi “tecnicamente” sottoscritto[5].
Sgombrato il campo dall’applicazione dell’art. 20 c.a.d., l’orientamento in parola riconduce la e-mail alla categoria delle riproduzioni informatiche di cui all’art. 2712 c.c.[6]
Come noto, l’art. 2712 c.c. stabilisce, con un’elencazione pacificamente non tassativa, che le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime.
La norma pone un preciso onere di disconoscimento che, sebbene non soggetto ai limiti e alle modalità di cui all’art. 214 c.p.c., deve tuttavia essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza fra realtà fattuale e realtà riprodotta[7].
Il disconoscimento deve essere anche tempestivo, al fine di non alterare l’iter processuale programmato dal legislatore in ossequio al principio informatore del contraddittorio.
Nello specifico, la giurisprudenza chiarisce che il disconoscimento dovrà avvenire nella prima udienza o nella prima difesa successiva alla rituale acquisizione delle riproduzioni[8].
In assenza di disconoscimento, l’art. 2712 c.c. riconosce alle riproduzioni (fra cui, per l’appunto, la e-mail) efficacia di prova legale.
In caso contrario, a fronte di un rituale e tempestivo disconoscimento, deve escludersi il pieno valore probatorio della riproduzione. Va chiarito, però, un aspetto essenziale nel caso in cui la contestazione vi sia stata: la riproduzione perde sì il suo pieno valore probatorio, ma conserva pur sempre il minor valore di elemento di prova, il quale ben può essere integrato da ulteriori elementi anche (e soprattutto) a beneficio di un giudizio presuntivo[9].
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[1] D.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 “Codice dell’amministrazione digitale”, modificato da ultimo ad opera del d.lgs. 13 dicembre 2017, n. 217 (entrato in vigore il 27 gennaio 2018).
[2] È qui sufficiente ricordare che il d.lgs. n. 82/2005 contiene una macro distinzione fra firma elettronica, che consente di associare dati ad altri dati, e firma elettronica avanzata (cui appartengono la firma elettronica qualificata e la firma digitale), che invece consente di associare dati ad un documento, svolgendo non solo una funzione indicativa ma anche dichiarativa (riconducibilità al titolare, controllo esclusivo sul mezzo di firma, immodificabilità dei dati) (cfr. A. Merone, voce Documento Informatico, in IlProcessoCivile, 2016).
[3] Sul punto cfr. Trib. Milano, Sez. V, 18/10/2016 il quale, in applicazione del regolamento europeo EIDAS (n. 910 del 2014) specifica che “la spedizione da un indirizzo riferibile ad una certa società d’azienda deve essere ritenuto firma elettronica ai sensi delle definizioni contenute nell’articolo 3 del regolamento EIDAS stesso, precedentemente contenute nel codice dell’amministrazione digitale che oggi non le contiene più, proprio per la vigenza del regolamento europeo. Si legge infatti nel citato articolo 3, al punto 10 che firma elettronica – anche semplice e non qualificata meno – è l’insieme dei “dati in forma elettronica, acclusi oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici e utilizzati dal firmatario per firmare“.
[4] Art. 20 comma 1-bis c.a.d.: “Il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del Codice civile quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell’articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilita’ del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilita’ all’autore. In tutti gli altri casi, l’idoneità’ del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilita’. La data e l’ora di formazione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformità alle Linee guida”.
[5] In questi termini, cfr. C. Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, Torino, 2015.
[6] Per la giurisprudenza di merito cfr. ex pluribus, Trib. Roma, Sez. XI, 03/06/2016 e Trib. Vicenza, Sez. II, 22/11/2016.
[7] Cfr. Cass. n. 17526/2016; Cass. n. 2117/2011.
[8] Dovendo per ciò intendersi la prima udienza o la prima risposta successiva al momento in cui la parte onerata del disconoscimento sia stata posta in condizione, avuto riguardo alla particolare natura dell’oggetto prodotto, di rendersi immediatamente conto del contenuto della riproduzione (Cass. n. 3122/2015; Cass. n. 9526/2010).
[9] Così, ex pluribus, Cass. n. 9884/2005.
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