Il tema della conservazione dei documenti informatici è attualissimo e spesso trascurato dalle aziende e dagli enti pubblici. Tuttavia, la legge pone a carico delle persone giuridiche alcuni obblighi fondamentali, che, se ignorati, rischiano di portare nelle aule di giustizia sempre più casistiche, così come è avvenuto nel corso di un contenzioso che ha visto la Cassa di Previdenza dei geometri e un libero professionista iscritto alla suddetta cassa scontrarsi proprio in merito al valore probatorio di documenti conservati digitalmente ed ha stabilito interessanti principi proprio in merito al tema.
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Indice
1. Ma che cosa si intende per conservazione digitale?
La conservazione è l’attività volta a proteggere e custodire nel tempo gli archivi di documenti e dati informatici garantendone l’autenticità, l’integrità, l’affidabilità, la leggibilità e la reperibilità.
Gli obblighi di conservazione ed esibizione di documenti informatici si intendono soddisfatti se le procedure utilizzate sono conformi alle Linee guida dell’AgID in vigore dal 1° gennaio 2022 (art. 20 c. 5 bis Codice dell’Amministrazione Digitale).
2. La giurisprudenza
Al momento, considerata la novità dell’argomento, ci sono poche pronunce, non sempre aggiornate alle novità normative, dalle quali però, si possono trarre alcuni orientamenti volti alla tutela e alla valorizzazione degli archivi informatici ed una di queste è proprio la sentenza n. 3912 del 2019, che ha deciso il caso cui si è accennato poco sopra, che ha coinvolto la Cassa dei geometri e che è stata decisa dalla Cassazione, sezione Lavoro.
Dopo aver rilevato una serie di omissioni contributive a carico del proprio iscritto e, di conseguenza, avergli notificato una cartella esattoriale, il geometra iscritto alla cassa ha opposto la cartella, sostenendo che non vi fosse alcuna prova dei maggiori redditi che egli si riteneva avesse percepito senza versare i relativi contributi.
I dati necessari all’accertamento della situazione contributiva del libero professionista, secondo la Cassa previdenziale, sarebbero stati custoditi all’interno di 11 cd-rom che sono però risultati illeggibili.
Arrivata dinnanzi alla Cassazione, la vicenda è stata decisa dagli ermellini richiamando le norme del Codice dell’Amministrazione Digitale, il quale prevede la validità e rilevanza agli effetti di legge della registrazione su supporto informatico che sia conforme alle regole tecniche.
In primo luogo, la Suprema Corte ha rammentato la normativa in tema di idoneità del documento a soddisfare il requisito della forma scritta, liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità.
Secondariamente, la Corte ha sottolineato la validità e rilevanza delle registrazioni su supporto informatico solo se effettuate con modalità conformi a quanto previsto dalle regole tecniche.
Il valore di prova legale del supporto informatico, quindi, è subordinato al rispetto delle relative regole tecniche di produzione e conservazione, e in difetto, l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta ed il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio.
Oggetto di causa era proprio la memorizzazione della situazione reddituale del libero professionista su supporti informatici (i compact disc risultati poi illeggibili) ma nel caso di specie, come accertato dalla Corte di Cassazione, le disposizioni del Codice dell’Amministrazione Digitale e le fonti regolamentari in materia di conservazioni dei documenti informatici sono state disattese.
Per questo motivo, la Cassazione ha ritenuto corretta la decisione del Giudice di merito che, non risultando e neppure essendo richiamato il rispetto delle regole tecniche (quali quelle dettate in materia di sistema di conservazione), aveva negato valore probatorio ai supporti informatici in ragione della loro illeggibilità ed aveva dato torto alla Cassa Previdenziale.
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3. L’importanza della corretta conservazione digitale dei documenti
Dal caso brevemente esaminato e dalla decisione che ha assunto la Corte (che, lo si ripete, risulta tanto più importante, se si considera che le decisioni in merito sono veramente molto poche) si evincono alcuni principi guida nell’importante e delicato tema della conservazione dei documenti digitali, che deve avere determinate caratteristiche affinché possa essere validamente prodotta in giudizio come prova a sostegno dei fatti di causa.
Il primo principio sancisce che chi produce documenti informatici deve preoccuparsi che questi preservino nel tempo le loro caratteristiche di integrità, leggibilità e autenticità.
Il secondo, che per garantire una corretta conservazione dei documenti occorre osservare le regole tecniche attuative del codice dell’amministrazione digitale che individuano specifiche soluzioni tecnologiche, attuative di standard ISO.
E infatti, nel caso di specie, la valenza probatoria è stata negata (con conseguenze sull’esito del giudizio) proprio per questi due motivi: i cd-rom sono stati conservati non a norma e per di più sono risultati illeggibili.
In una delle prime e poche occasioni nelle quali nelle aule di giustizia ci si confronta con il tema della conservazione dei documenti informatici, non può sfuggire l’importanza di questa pronuncia, la quale, benché non più recentissima, può avere il ruolo di precedente: seguendo correttamente le norme del codice dell’amministrazione digitale e le norme regolamentari attuative, chi produce il documento si gioverà della sua piena prova in giudizio scegliendo dei sistemi che, per legge, sono in grado di garantire la leggibilità dei documenti.
4. Conservazione dei documenti digitali e protezione dei dati
La corretta gestione dei documenti informatici è essenziale anche per dimostrare la conformità alle norme europee sulla protezione dei dati personali.
Nello specifico l’art. 25 del GDPR, che sancisce il mai abbastanza approfondito principio di accountability, ci parla delle misure tecniche ed organizzative che devono essere attuate dal Titolare del trattamento per garantire ed essere in grado di dimostrare la concreta attuazione di quanto stabilito dal Regolamento (in tema di correttezza del trattamento, liceità dello stesso e risposta alle richieste degli interessati).
Conservare i documenti informatici secondo le disposizioni del Codice dell’Amministrazione Digitale e delle linee guida AgID, seguendo tutto il ciclo di vita del documento e verificando che anche nella fase di archiviazione e conservazione questo non perda le sue caratteristiche di integrità, può essere sicuramente considerato di per sé come una misura tecnica organizzativa in grado di proteggere i dati personali, anche in merito alla corretta definizione delle policy di conservazione dei dati, un tema assai dolente e spesso sottovalutato dai Titolari, che tendono a voler conservare i dati nei secoli dei secoli, senza curarsi del fatto che non solo questo è contrario al regolamento, ma che conservare banche dati (contenenti dati personali) non più trattate e senza adeguata base giuridica sottesa è attività pericolosa (giuridicamente) e foriera di possibili, pesanti sanzioni.
5. Conclusioni
Le considerazioni che precedono dovrebbero farci riflettere su alcuni punti cruciali relativi all’evoluzione tecnologica (che finisce per rendere obsoleti i documenti digitali) ed alla tanto caldeggiata transizione digitale (specie delle pubbliche amministrazioni), che per essere veramente efficace impone la conservazione digitale dei processi aziendali per perseguire quelle caratteristiche di integrità, leggibilità, autenticità, immodificabilità del contenuto nel tempo in modo tale da poter contare sulla piena efficacia probatoria dei documenti.
Occorre curare l’intero ciclo di vita del documento, dalla sua formazione all’archiviazione perché una conservazione digitale corretta assicura che il documento informatico rimanga integro e immodificabile, ne garantisce l’intellegibilità nel tempo e ne preserva (qualora necessario) l’efficacia probatoria in giudizio, oltre che aumentare la produttività aziendale e quindi il fatturato, creando nuove ed interessanti opportunità di business.
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La presente analisi si propone di mettere in fila le prossime scadenze per provare a stimolare un approccio alla trasformazione digitale in cui i singoli adempimenti, non più trattati come monadi, siano considerati, in una prospettiva unitaria, come una parte di una strategia complessiva.
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Il processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione ha avuto di recente una brusca accelerazione a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Dopo una prima fase di digitalizzazione forzata di alcune attività amministrative – che si è resa necessaria in seguito all’adozione da parte del Governo italiano di misure di contenimento della pandemia – nel corso dei mesi è emersa con evidenza l’esigenza di giungere, in prospettiva futura, alla conclusione del percorso di trasformazione digitale avviato oltre quindici anni fa ma ancora, in larga parte, incompiuto. Il Decreto Legge “Semplificazioni” (D.l. n. 76/2020) contiene alcune disposizioni molto rilevanti in materia di digitalizzazione dell’attività amministrativa: si tratta di uno dei provvedimenti normativi più importanti degli ultimi anni. La parola chiave è “switch off”, cioè “spegnere”, ovvero abbandonare le modalità di lavoro ed erogazione dei servizi diverse da quelle indicate dal Legislatore. Dopo una lunga convivenza forzata con la carta, la modalità digitale diventa (obbligatoriamente) l’unica modalità di gestione dei procedimenti amministrativi e di erogazione di servizi pubblici a cittadini e imprese. Due le novità rispetto al passato. Da un lato il termine assai breve dato alle amministrazioni per organizzarsi e una scadenza ravvicinatissima: il 28 febbraio 2021. Dall’altro, l’obbligo di ricorrere a soluzioni, sistemi e piattaforme unici per tutte le amministrazioni (SPID, CIE, pagoPA, appIO). Il segnale è chiaro: non ci sono più scuse per rimandare la trasformazione digitale che diventa, quindi, una vera e propria urgenza per tutte le amministrazioni. La presente analisi si propone di mettere in fila le prossime scadenze per provare a stimolare un approccio alla trasformazione digitale in cui i singoli adempimenti, non più trattati come monadi, siano considerati, in una prospettiva unitaria, come una parte di una strategia complessiva. La scelta di realizzare una guida agli switch off trova ragion d’essere proprio nella necessità per le amministrazioni di avere, alla luce dei recenti interventi legislativi, un quadro sistematico e aggiornato delle norme vigenti. Questo testo – almeno nelle intenzioni e anche attraverso il tono discorsivo dell’esposizione – vuole essere utile non solo alle amministrazioni, ma anche ai loro fornitori e consulenti che vogliano approfondire in modo agevole le attività da porre in essere per concludere il processo di trasformazione digitale. La trattazione, che non ha pretesa di esaustività, mira a fornire una sintetica ma puntuale guida alle principali scadenze che vengono analizzate criticamente con l’indicazione di tutte le risorse utili per un ulteriore approfondimento. Siamo sempre più convinti, infatti, che la crescente complessità delle regole dell’amministrazione digitale sia una delle ragioni della loro scarsa attuazione. Il primo capitolo è dedicato all’introduzione alla normativa e alla strategia nazionale sulla trasformazione digitale. Il secondo capitolo contiene una ricostruzione complessiva degli obblighi in capo alle amministrazioni e dei diritti digitali di cittadini e imprese. Il terzo capitolo approfondisce gli switch off del 28 febbraio 2021 e le attività da effettuare entro tale data. Il quarto capitolo, infine, ricostruisce le sanzioni e le responsabilità per gli Enti che non ottemperano al dettato normativo. L’obiettivo, ambizioso, è quello di aiutare le amministrazioni in questo delicato passaggio, fondamentale per renderle sempre meno distanti dai cittadini e sempre più orientate al servizio della comunità. Ernesto BelisarioAvvocato cassazionista, è specializzato in diritto amministrativo e scienza dell’amministrazione. Si occupa da anni di diritto delle tecnologie e innovazione nel settore pubblico, assistendo imprese e pubbliche amministrazioni in questioni relative al diritto delle tecnologie e del diritto amministrativo in ambito stragiudiziale e giudiziale. È stato Consigliere del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e componente del Tavolo permanente per l’innovazione e l’Agenda digitale italiana. È il curatore di lapadigitale.it, progetto di informazione e formazione di Maggioli Editore.Francesca RicciulliAvvocato. Assiste pubbliche amministrazioni, imprese e società pubbliche in questioni relative al diritto amministrativo e al diritto delle tecnologie, con particolare riferimento alla trasparenza dell’attività amministrativa, ai contratti pubblici e alle varie implicazioni del processo di digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni.Stelio PagnottaICT e communication consultant. Si occupa di comunicazione istituzionale, con particolare riferimento al settore della digitalizzazione della pubblica amministrazione. Giornalista pubblicista, è autore di articoli e pubblicazioni in materia di diritto delle nuove tecnologie e innovazione nella PA.
Ernesto Belisario, Francesca Ricciulli, Stelio Pagnotta | Maggioli Editore 2021
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