Valutazione automatizzata del merito creditizio: decisione CGUE

La valutazione del merito creditizio attraverso processi automatizzati è una pratica sempre più diffusa nel settore finanziario e commerciale.

Redazione 05/03/25
Allegati

La valutazione del merito creditizio attraverso processi automatizzati è una pratica sempre più diffusa nel settore finanziario e commerciale. Tuttavia, l’uso dell’intelligenza artificiale e degli algoritmi per determinare la solvibilità di un individuo solleva questioni critiche di trasparenza, equità e protezione dei dati personali. La recente sentenza della Corte di Giustizia UE, sez. I, del 27 febbraio 2025, causa C-203/22, ha affrontato il tema, ribadendo l’obbligo per le aziende di fornire spiegazioni chiare sulle decisioni automatizzate che influenzano i diritti degli individui. Il volume “Il Regolamento Europeo sull’intelligenza artificiale” curato da Giuseppe Cassano ed Enzo Maria Tripodi si propone di rispondere proprio a queste sfide, offrendo ai professionisti del diritto un quadro completo e aggiornato delle nuove responsabilità giuridiche legate all’uso dell’Intelligenza Artificiale.

Corte di Giustizia UE -sez. I- causa C-203/22

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Indice

1. La vicenda


La pronuncia ha origine da una controversia in Austria, in cui un’azienda di telefonia mobile ha rifiutato a una cliente la stipula di un contratto basandosi su una valutazione del merito creditizio condotta interamente da un sistema automatizzato. La cliente, non avendo ricevuto informazioni adeguate sulla logica della decisione, ha impugnato il rifiuto, portando il caso fino alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. L’oggetto principale della decisione è stato il diritto alla trasparenza e all’accesso alle informazioni nel trattamento automatizzato dei dati personali, in conformità con il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR).

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2. Il diritto alla trasparenza nei processi decisionali automatizzati


La Corte di Giustizia UE ha ribadito che, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera h) del GDPR, l’interessato ha diritto a ricevere informazioni significative sulla logica utilizzata in un processo decisionale automatizzato. Questo significa che non è sufficiente comunicare il semplice esito della valutazione, ma è necessario spiegare il funzionamento del sistema e i criteri che hanno portato alla decisione.
Nel caso specifico, la cliente non aveva ricevuto dettagli su quali dati personali fossero stati utilizzati, su come fossero stati elaborati e sul peso assegnato ai diversi fattori nella valutazione della sua solvibilità. La Corte ha chiarito che l’azienda avrebbe dovuto descrivere chiaramente la procedura adottata, indicando:

  • I dati personali utilizzati per la profilazione;
  • Il modello di analisi applicato e il ruolo dei diversi parametri nella decisione finale;
  • Le possibili conseguenze della valutazione automatizzata per l’interessato.

La decisione sottolinea che una generica spiegazione dell’utilizzo di un algoritmo non è sufficiente. Le aziende devono garantire che le informazioni siano comprensibili e trasparenti, affinché l’interessato possa contestare la decisione o fornire chiarimenti sui dati trattati.

3. Il bilanciamento tra trasparenza e protezione del segreto commerciale


Uno degli aspetti più delicati della pronuncia riguarda il conflitto tra diritto alla trasparenza e tutela del segreto commerciale. Le aziende spesso giustificano il rifiuto di fornire dettagli sui loro algoritmi con la necessità di proteggere informazioni riservate o strategie aziendali.
La Corte ha stabilito che, sebbene la protezione del know-how aziendale sia un principio riconosciuto, essa non può essere utilizzata per negare il diritto dell’interessato a ottenere informazioni sulla propria valutazione creditizia. In particolare, ha chiarito che:

  • Se una parte delle informazioni è considerata segreto commerciale, l’azienda deve comunque fornire spiegazioni essenziali sulla logica della decisione.
  • Qualora vi siano dubbi sull’equilibrio tra trasparenza e riservatezza, le informazioni possono essere trasmesse all’autorità di controllo o al giudice, che valuteranno il bilanciamento tra i diritti delle parti.

Questa impostazione impedisce alle aziende di nascondersi dietro il concetto di “black box” degli algoritmi, garantendo al contempo un giusto compromesso tra tutela della concorrenza e diritti degli interessati.

4. Conseguenze della sentenza e impatti sul settore finanziario


La decisione della Corte UE avrà un impatto significativo su tutti i settori in cui vengono utilizzate valutazioni automatizzate del merito creditizio, in particolare per banche, finanziarie e società di telecomunicazioni. Le aziende dovranno adeguare i loro processi decisionali per garantire:

  • Maggiore trasparenza nei criteri di valutazione della solvibilità;
  • Possibilità di contestazione per chi subisce una decisione negativa;
  • Adeguata formazione del personale per rispondere alle richieste di accesso ai dati personali.

Inoltre, questa sentenza potrebbe incentivare le autorità di regolamentazione a introdurre linee guida più stringenti sull’uso dell’AI nei processi di valutazione creditizia, con obblighi più precisi per le aziende che utilizzano profilazione e decisioni automatizzate.
Un altro effetto rilevante sarà l’aumento del numero di richieste di accesso ai dati personali da parte dei consumatori. Le imprese dovranno quindi prepararsi a gestire un maggior numero di richieste di trasparenza e a rivedere le proprie informative sulla protezione dei dati.

5. Considerazioni finali: il futuro della profilazione creditizia


La sentenza della Corte di Giustizia UE del 27 febbraio 2025 rappresenta un passo fondamentale verso una maggiore tutela dei diritti digitali. Nel contesto attuale, in cui le decisioni automatizzate incidono sempre più sulla vita delle persone, il diritto a conoscere come vengono utilizzati i propri dati personali diventa un principio essenziale per evitare discriminazioni e ingiustizie.
Per le aziende, questa pronuncia evidenzia la necessità di adottare modelli di AI più trasparenti e responsabili, capaci di garantire decisioni giuste e comprensibili per tutti gli utenti. D’altro canto, i consumatori devono essere sempre più consapevoli dei loro diritti in materia di protezione dei dati personali, esercitando il proprio diritto di accesso e contestazione quando necessario.
Con l’avvento di normative più stringenti in materia di AI e GDPR, è probabile che il settore finanziario debba rivedere le proprie prassi di profilazione, rendendo più chiari i processi e rafforzando il ruolo dell’intervento umano nelle decisioni critiche. In questo scenario, la trasparenza non sarà più solo un obbligo legale, ma un vero e proprio fattore di fiducia e competitività per le aziende che operano nel settore del credito.

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