Due sono i requisiti che un qualsiasi contratto assicurativo deve possedere per essere valido.
Il primo è l’onerosità, pertanto la polizza dovrà prevedere la corresponsione verso l’Impresa assicuratrice di una determinata somma, cosiddetta premio; alla luce di ciò, un contratto assicurativo gratuito non sarà sicuramente valido.
Secondo elemento essenziale è l’aleatorietà, ovvero l’incertezza, la presenza di un rischio riconducibile all’astratta probabilità che si verifichi un episodio dannoso per il soggetto assicurato. Detto rischio dovrà riguardare un evento futuro suscettibile di produrre un danno all’assicurato del quale non sia possibile conoscere se accadrà o quando ciò avverrà; dovrà, pertanto, trattarsi di un rischio verificabile – con una maggiore o minore probabilità di verificazione che andrà ad incidere, però, solamente sull’entità del premio da corrispondere alla società assicuratrice – ma obiettivamente incerto, ossia provocato da fattori di causalità esterni e non già delle parti, ignare circa l’eventualità che ciò avvenga e in quale momento[1].
Variazioni del rischio
A riprova dell’importanza del requisito “rischio”, il codice civile dedica addirittura 4 articoli ad esso ed al suo mutamento.
Innanzitutto il numero 1895 che, per l’appunto, ribadisce quanto appena esposto: il contratto è nullo se non vi è il rischio; è, altresì, nullo qualora il rischio cessi di esistere prima della conclusione del contratto stesso.
L’articolo seguente, invece, tratta l’ipotesi in cui il rischio cessi, non prima ma, durante l’assicurazione: “il contratto si scioglie se il rischio cessa di esistere dopo la conclusione del contratto stesso, ma l’assicurato ha diritto al pagamento dei premi finché la cessazione del rischio non gli sia comunicata o non venga altrimenti a sua conoscenza”; ovviamente i relativi premi, corrispondenti al periodo di assicurazione in corso al momento della comunicazione o della conoscenza, sono dovuti per intero; mentre qualora gli effetti dell’assicurazione debbano avere inizio in un momento posteriore alla stipula della polizza e il rischio cessi nell’intervallo, l’assicuratore ha diritto, in tal caso, al solo rimborso delle spese.
I successivi due articoli, il 1897 e il 1898, normano rispettivamente la diminuzione e l’aggravio del rischio. Nel primo caso, nell’eventualità che il contraente comunichi all’assicuratore dei mutamenti che producano una diminuzione del rischio tale che, se fosse stata conosciuta al momento della conclusione del contratto, avrebbe portato alla stipulazione di un premio più conveniente, la società assicuratrice – “a decorrere dalla scadenza del premio o della rata di premio successiva alla comunicazione suddetta” – ha facoltà di recedere dal contratto entro 60 giorni dall’avviso oppure deve, proporzionalmente al nuovo livello di rischio, abbassare il premio. Nell’ipotesi opposta, ovverosia l’aumento del rischio, il soggetto contraente è obbligato ad informare immediatamente la Compagnia del mutamento. Ovviamente non di ogni minima variazione ne va dato atto all’assicuratore ma questa va effettuata unicamente allorquando se “il nuovo stato di cose fosse esistito e fosse stato conosciuto dall’assicuratore al momento della conclusione del contratto, l’assicuratore non avrebbe consentito l’assicurazione o l’avrebbe consentita per un premio più elevato”. Anche in questa ipotesi è in capo all’assicuratore la facoltà di recedere, la quale dovrà esercitarla entro 30 giorni dal ricevimento dell’avviso o dal momento in cui in altro modo ne è venuto a conoscenza. Il recesso ha decorrenza immediata se l’aggravamento del rischio è tale che la compagnia non avrebbe mai consentito l’assicurazione; mentre ha effetto dopo 15 giorni se l’aumento è tale per cui l’assicurazione avrebbe assicurato il contraente ma solamente ad un premio maggiore.
Altresì il contratto deve essere connotato da liceità e determinabilità, intendendo con tale ultimo termine anche quella chiarezza che permette di individuare, anche per relationem, il perimetro dell’obbligazione di garanzia dedotta in polizza.
Da quanto sinora esposto possiamo facilmente ricavare, quindi, il sinallagma contrattuale, inteso come lo scambio dei reciproci obblighi che le parti si assumono con la stipula della polizza: questa obbliga, da un lato, l’assicurato al pagamento di un premio e, dall’altro, l’assicuratore a tenere indenne il primo al verificarsi di un sinistro.
La forma del contratto
Il contratto di assicurazione, pur avendo forma libera e non vincolata, nel momento del suo perfezionamento richiede la forma scritta ad probationem. Infatti, essendo un contratto a carattere consensuale che si perfeziona con il mero consenso delle parti, non soggiace ad alcun requisito di forma a pena di nullità e l’articolo 166 Codice delle Assicurazioni Private prevede la sola redazioni in maniera chiara ed esauriente; forme particolari sono previste dal comma secondo solamente per le clausole che riportano decadenze, nullità o limitazioni delle garanzia ovvero oneri a carico del contraente o dell’assicurato, le quali devono essere poste in evidenza mediante una grafica di particolare rilevanza.
L’assicuratore è obbligato a rilasciare al contraente la polizza di assicurazione o altro documento da lui sottoscritto, mentre dal 15 ottobre 2015 il soggetto contraente non ha più l’obbligo di esporre sul parabrezza della macchina il tagliando assicurativo ma rimane pur sempre il dovere di avere al seguito il certificato di assicurazione. Infatti, in caso di controlli da parte degli organi di polizia, il conducente può ben dimostrare di aver assicurato il veicolo esibendo la documentazione contrattuale in proprio possesso, compresa la ricevuta di pagamento del relativo premio, la quale prevale rispetto alla consultazione della banca dati; il conducente, quindi, pur non avendo più l’obbligo di esporre il contrassegno di assicurazione riportante il numero di targa e l’indicazione della scadenza della copertura, dovrà continuare ad avere con sé il certificato di stipula del contratto, da esibire agli agenti in sede di controllo.
L’assicuratore è poi tenuto a rilasciare, dietro richiesta e a spese del contraente, duplicati o copie della polizza: il legislatore si è dunque preoccupato di fare in modo tale che il contraente – sul quale, in caso di sinistro, incombe l’onore di provare il contratto e la riconduzione dell’evento entro i limiti negoziali di copertura – possa ricevere dall’impresa un documento (vuoi la polizza o vuoi altro ad essa equivalente) che, sottoscritto dall’assicuratore, gli consenta, in caso di necessità, di assolvere all’obbligo probatorio e di far valere i propri diritti assicurativi. Così facendo si consente di meglio attuare il dettato di cui agli articoli 2724 e 2725 Codice civile per i quali, quando un contratto deve essere provato per iscritto, la prova testimoniale è ammessa solamente ove “il contraente ha senza sua colpa perduto il documento che gli forniva la prova” anche se, nella materia da noi presa in considerazione, proprio per effetto dell’articolo 1888 c.c. non dovrebbe porsi la necessità della prova per testimoni, potendo il contraente pretendere sempre il rilascio del documento probatorio o di una sua copia.
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Note
[1]Matricardi Antonella, Assicurazione (contratto di) in AltalexPedia, 13 ottobre 2017.
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