Il pronunciamento in esame è incentrato sulla verifica della natura giuridica del vincolo derivante dalla classificazione di una determinata area come “verde privato” – in seguito a quanto statuito tramite alcune delibere comunali – e, più in particolare, sulla verifica della natura conformativa o sostanzialmente espropriativa (come tale suscettibile di risarcimento ovvero di indennizzo) del vincolo in questione.
Ebbene, ad avviso della Sez. IV del Consiglio di Stato la destinazione urbanistica impressa all’area di cui al caso trattato “non costituisce vincolo espropriativo e neppure a carattere sostanzialmente espropriativo”.
Vanno, a tale proposito, preliminarmente richiamati i principi espressi dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 179 del 20 maggio 1999[1], secondo cui i vincoli urbanistici non indennizzabili che sfuggono alla previsione dell’art. 2 della L. n. 1187 del 1968 sono quelli che riguardano intere categorie di beni, quelli di tipo conformativo e i vincoli paesistici, mentre i vincoli urbanistici soggetti alla scadenza quinquennale e che devono essere invece indennizzati sono:
“. . . a) quelli preordinati all’espropriazione o aventi carattere sostanzialmente espropriativo in quanto implicanti uno svuotamento incisivo della proprietà;
b) quelli che superano la durata non irragionevole e non arbitraria ove non si compia l’esproprio o non si avvii la procedura attuativa preordinata all’esproprio con l’approvazione dei piani esecutivi;
c) quelli che superano quantitativamente la normale tollerabilità secondo la concezione della proprietà regolata dalla legge nell’ambito dell’art. 42 della Costituzione”.
A migliore illustrazione del concetto di vincoli preordinati all’esproprio o sostanzialmente espropriativi e, comunque, comportanti l’inedificabilità, la giurisprudenza amministrativa prevalente ha più volte chiarito come siano tali “quelli che svuotano il contenuto del diritto di proprietà, incidendo sul godimento del bene, in modo tale da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale ovvero diminuendone il suo valore di scambio” (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, sentenza n. 8531 del 3 dicembre 2010; Cons. Stato, Sez. V, sentenza n. 2116 del 13 aprile 2012).
Parimenti – con riferimento alle prescrizioni recate dagli strumenti di pianificazione del territorio – non va dimenticato il preciso orientamento giurisprudenziale secondo cui “non ogni vincolo posto alla proprietà privata dallo strumento urbanistico generale ha carattere espropriativo ed è dunque soggetto alla disciplina relativa” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, sentenza n. 6770 del 28 dicembre 2012).
Più specificatamente, il vincolo a verde privato deve considerarsi appartenere alla prima delle suddette categorie poiché “deve considerarsi connaturato a tale destinazione urbanistica l’imposizione di un vincolo particolare prescritto in funzione della localizzazione di un’opera pubblica la cui realizzazione non è compatibile con la proprietà privata” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, sentenza n. 2837 del 9 giugno 2008).
La sopradetta classificazione, sostanzialmente, rientra tra quelle prescrizioni che regolano la proprietà privata alla realizzazione di obiettivi generali di pianificazione del territorio ai quali “non può attribuirsi una natura ablatoria e/o sostanzialmente espropriativa” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, sentenza n. 244 del 19 gennaio 2012).
Non potrà, dunque, che attribuirsi alla destinazione di verde privato impressa dall’amministrazione all’area qui in discussione la natura di vincolo a contenuto sostanzialmente espropriativo, con la conseguenza che – in mancanza di una limitazione alla proprietà privata intesa sia come disponibilità che utilizzazione del bene – sarà impossibile “far derivare dalla anzidetta destinazione urbanistica un effetto risarcitorio e neppure, in via subordinata, l’insorgenza di un diritto alla indennizzabilità, situazioni giuridiche soggettive di ristoro economico configurabili unicamente in presenza di un vincolo ablatorio o limitativo dei diritti dominicali”.
[1] Dichiarativa della illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 7 n. 2, 3, 4 e 40 della L. n. 1150/1942 e 2, comma 1, della L. n. 1187 del 19 novembre 1968, nella parte in cui consente all’Amministrazione di reiterare i vincoli urbanistici scaduti preordinati all’espropriazione o che comportino l’inedificabilità senza la previsione di un indennizzo.
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