Violazione del diritto d’autore e criterio di retroversione degli utili

Una recente ordinanza della Cassazione ( n. 21833 del 29 luglio 2021), è intervenuta sulla controversa questione dei criteri valutativi del danno in tema di diritto d’autore apportando utili chiarimenti circa il funzionamento del criterio della retroversione degli utili di cui all’art. 158 della l. n. 633/1941, cd legge sul diritto d’autore. Il citato articolo prevede che, nell’ipotesi di violazione del diritto d’autore su un’opera dell’ingegno, il danneggiato possa chiedere il risarcimento del danno emergente e del lucro cessante, liquidato proporzionalmente agli utili illeciti realizzati. Il giudice ha facoltà di liquidare il danno in via forfettaria partendo dall’importo dello sfruttamento dei diritti che avrebbero dovuti essere riconosciuti qualora il soggetto attivo della violazione avesse chiesto al titolare l’autorizzazione per l’utilizzazione del diritto a lui facente capo.
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Indice

1. La vicenda processuale


Con sentenza non definitiva, nel 2008, il Tribunale di Milano aveva dichiarato che il brano musicale oggetto della controversia costituisse plagio di altra opera musicale relativamente alla parte del ritornello[1] e, perciò, si pronunciava con condanna, in solido, sia dei titolari dei diritti patrimoniali di utilizzazione economica, sia dell’autore e del compositore, in riferimento allo sfruttamento dell’opera “da liquidarsi nel prosieguo del giudizio, con inibizione all’ulteriore sfruttamento dell’opera plagiante”. La Corte territoriale riduceva l’importo risarcitorio[2] sostenendo che il Tribunale avesse errato nell’applicazione del criterio della retroversione degli utili di cui all’art. 158 della legge sul diritto d’autore in quanto ometteva di calcolare i costi sostenuti dagli appellanti per la promozione dell’opera musicale, dovendo il suddetto criterio trovare applicazione attraverso l’utilizzo dell’art. 1226 cod. civ.

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2. Il giudizio della Corte


Pervenuto il giudizio innanzi alla Suprema Corte, il giudice di legittimità ha richiamato le regole dettate dal citato art. 158[3], il quale statuisce che:

  • il risarcimento spettante al danneggiato, è liquidato secondo le disposizioni degli artt., 1223, 1226 e 1227 cod. civ ;
  • il lucro cessante è valutato dal giudice ai sensi dell’art. 2056, comma secondo, cod. civ., anche tenuto conto degli utili realizzati in violazione del diritto. Inoltre il giudice può liquidare il danno in via forfettaria sulla base dell’importo dei diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti qualora l’autore della violazione avesse chiesto al titolare l’autorizzazione per l’utilizzazione del diritto;
  • sono, altresì, dovuti i danni non patrimoniali, ai sensi dell’art. 2059 cod. civ.

La Corte, ripercorrendo i propri precedenti, perviene ad un’ulteriore disamina della materia, offrendo spunti innovativi rispetto a decisioni passate, in particolare con riferimento alla quantificazione del risarcimento spettante alle vittime del plagio[4]. Già con la sentenza n. 9854 del 2012, gli ermellini avevano indicato i parametri da seguire per poter agevolmente distinguere tra elaborazione creativa e contraffazione: mentre “quest’ultima consiste nella sostanziale riproduzione dell’opera originale, con differenze di mero dettaglio che sono frutto non di un apporto creativo, ma del mascheramento della contraffazione, la prima si caratterizza per un’elaborazione dell’opera originale con un riconoscibile apporto creativo”[5]. Nel caso de quo, secondo la Corte, il legislatore ha interpretato la liquidazione del danno secondo il prezzo del consenso, come minimale, mentre quella della retroversione degli utili ha un significato intrinseco, anche sanzionatorio, e permette di attribuire al danneggiato i vantaggi economici che l’autore del plagio abbia in concreto conseguito. L’attribuzione dei vantaggi economici al soggetto leso, non deve avvenire in maniera automatica ma  è necessario, secondo gli ermellini, “depurare il totale dei proventi riscossi, tenendo conto, da un lato, dei costi sopportati direttamente ricollegati allo sfruttamento illecito e, dall’altro, dei proventi esclusivamente dipendenti, in realtà, dall’autonomo contributo del plagiario” e ciò in quanto, essendo il criterio di retroversione degli utili in tema di diritto d’autore certamente più favorevole al danneggiato, resta ancorato alla regola della necessaria derivazione causale, ex art. 1223 cod. civ., del fatto illecito. La retroversione degli utili è uno strumento necessario per giungere alla determinazione equitativa del danno fungendo da parametro per il calcolo dei profitti che l’autore della violazione del diritto d’autore abbia conseguito sulla base dello sfruttamento economico dell’altrui opera dell’ingegno. La pronuncia evidenzia, poi, che l’autore del plagio, per favorire una corretta valutazione dei profitti conseguiti, abbia l’onere di fornire tutti gli elementi utili alla ricostruzione degli elementi di calcolo, quali: bilancio, scritture contabili, contratti conclusi con terzi ed ogni altro elemento utile ad una corretta e fedele ricostruzione degli utili incassati. Il calcolo quantificativo dell’importo deve basarsi su documenti e prove, il cui onere di produzione grava sui danneggiati: l’eventuale inosservanza dell’ordine di esibizione integra un comportamento dal quale si possono desumere argomenti di prova, ex art. 116 cod. proc. civ., secondo comma. In tal senso, il giudice può disporre idonea c.t.u. per una corretta valutazione dell’incidenza media dei costi sui ricavi, nell’ambito del settore di mercato preso in considerazione e tener conto, ai sensi dell’art. 116, secondo comma, cod. proc .civ., della condotta della parte inadempiente all’ordine emesso, ex art. 210 cod. proc. civ. Per quanto riguarda il contributo autonomo al successo dell’opera reso dall’autore dell’illecito, la Corte ha statuito che: “ la somma così come accertata quale ricavato per lo sfruttamento dell’opera, deve essere depurata, da un lato, dei costi sopportati dal medesimo, e, dall’altro lato, dell’autonomo contributo al successo dell’opera, così come realizzata e diffusa sul mercato dall’autore dell’illecito, per quanto tale successo dipenda dal lancio, propiziato dalla notorietà dell’interprete e dalle concrete capacità esecutive ed evocative del medesimo, tali da suscitare l’interesse del pubblico”. Il giudice, pertanto, è tenuto a tali accertamenti, anche in via presuntiva, sulla base di indicatori obiettivi, come le vendite realizzate dal responsabile entro un determinato lasso di tempo comparando, ove possibile, l’utile conseguito dall’autore dell’opera plagiata, nello stesso lasso temporale.

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3. Conclusioni


I due criteri – della retroversione degli utili e del prezzo del consenso – “si pongono come cerchi concentrici, avendo il legislatore indicato come il secondo sia quello che permette una liquidazione cd minimale, mentre il primo, dall’intrinseco significato anche sanzionatorio, permette di attribuire al danneggiato i vantaggi economici che l’autore del plagio abbia in concreto conseguito, certamente ricomprendenti anche l’eventuale costo riferibile all’acquisto dei diritti di sfruttamento economico dell’opera, ma ulteriormente implementati dai ricavi conseguiti dal plagiario sul mercato”. In applicazione degli accennati principi al caso in esame, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza alla Corte d’Appello di Milano, sì da procedere ad una nuova liquidazione del danno, tenuto conto dei principi sopra indicati. La pronuncia in epigrafe appare pienamente condivisibile nella ricostruzione logico-giuridica della giurisprudenza sviluppatasi, nel corso degli anni, intorno all’art. 158 della legge sul diritto d’autore ponendosi, certamente, come parametro al quale far riferimento per le future applicazioni del rimedio.

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Note

  1. [1]

    Nella sentenza n. 9854 del 2012, la Corte, con riferimento alle canzoni di musica cd leggera, ha chiarito che l’accertamento del plagio va riferito, in via esclusiva, agli aspetti che riguardano il ritornello e non alle opere musicali nella loro interezza.

  2. [2]

    La Suprema Corte ha osservato che “la violazione di un diritto di esclusiva che spetta all’autore ai sensi della l. n. 633 del 1941, art. 12, analogamente a quella di un diritto assoluto o di un diritto personale, costituisce danno in re ipsa senza che incomba al danneggiato altra prova che non quella della sua estensione”: sentenza n. 8730 del 15.04.2011. Nello stesso senso, si veda Cass., n. 3672 del 14.03.2001.

  3. [3]

    Art. 158 : “1. Chi venga leso nell’esercizio di un diritto di utilizzazione economica a lui spettante puo’ agire in giudizio per ottenere, oltre al risarcimento del danno che, a spese dell’autore della violazione, sia distrutto o rimosso lo stato di fatto da cui risulta la violazione. 2. Il risarcimento dovuto al danneggiato e’ liquidato secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227 del codice civile. Il lucro cessante e’ valutato dal giudice ai sensi dell’articolo 2056, secondo comma, del codice civile, anche tenuto conto degli utili realizzati in violazione del diritto. Il giudice può altresì liquidare il danno in via forfettaria sulla base quanto meno dell’importo dei diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti, qualora l’autore della violazione avesse chiesto al titolare l’autorizzazione per l’utilizzazione del diritto. 3. Sono altresì dovuti i danni non patrimoniali ai sensi dell’articolo 2059 del codice civile”.

  4. [4]

    Cassazione n. 20925 del 27.10.2005: il plagio sussiste “non solo quando l’opera è copiata integralmente (riproduzione abusiva in senso stretto)., ma anche quando si ha contraffazione dell’opera precedente, contraffazione la quale implica delle differenze oltre che delle somiglianze. Ora, quando si tratta di valutare se c’è o no contraffazione non è determinante, per negarla, l’esistenza di differenze di dettaglio: ciò che conta è se i tratti essenziali che caratterizzano l’opera anteriore sono riconoscibili nell’opera successiva”.

  5. [5]

    “Il concetto giuridico di creatività, cui fa riferimento la norma di cui all’art. 1 della l. n. 633 del 1941, non coincide con quello di creazione, originalità e novità assolutra, riferendosi, per converso, alla personale e individuale espressione di un’oggettività appartenente alle categorie elencate, in via esemplificativa, nell’art1 della legge citata, di modo che un’opera dell’ingegno riceva protezione a condizione che sia riscontrabile in essa un atto creativo, seppur minimo, suscettibile di manifestazione nel mondo esteriore”: Cass., 28.11.2011, n. 25173.

francesca de carlo

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